Il 25 maggio 2014 si sono svolte le elezioni politiche in Ukraijna per stabilire il nuovo presidente della oramai frammentata repubblica, oltre che del sindaco della sua capitale Kijev.
A monitorare tutto il processo preparatorio alle elezioni stesse ed il loro svolgimento il giorno delle votazioni, sono stati inviati dall’ OSCE, dall’ ODIHR e da numerose altre organizzazioni europee ed extraeuropee più di 1000 osservatori regolarmente accreditati presso la commissione centrale elettorale ucràina.
Non sto qui a discutere di tutta la situazione tragica degli ultimi mesi che ha portato a queste elezioni e non mi soffermerò neanche sulla diatriba in corso circa il riconoscimento legale di queste votazioni potenzialmente viste come diretta conseguenza di un colpo di stato e per tanto illegittimo per definizione esso stesso.
L’ intento qui è solo quello di riportare le situazioni vissute in prima persona durante la mia missione di osservatore internazionale scevre da ogni ideologia e da eventuali faziosismi.
La giornata inizia molto presto, all’ alba.
Per pura coincidenza la mia squadra è composta dal sottoscritto e da un altro italiano. Almeno non avremo difficoltà a comprenderci.
Un vecchio taxi ci scorazza per l’ estrema periferia di Kijev e ci abbandona davanti una scuola, una bassa costruzione dotata di un piccolo campetto per lo sport, sormontata da enormi palazzoni di tipica architettura sovietica che nascondono la visibilità all’ orizzonte. Edifici – alveari dove vivono centinaia di persone che, col passare delle ore, si riverseranno poi nel piccolo istituto scolastico per esprimere il loro diritto al voto.
Giungiamo giusto in tempo per la costituzione della commissione elettorale e la predisposizione all’ apertura al pubblico del seggio. Il nostro intento è monitorare proprio queste fasi che risultano molto delicate in prospettiva di regolarità dello svolgimento delle operazioni elettorali stesse.
Oltre ai componenti la commissione e noi osservatori internazionali, sono presenti osservatori locali lì a controllare che nessuna irregolarità venga svolta a sfavore di uno dei partiti in lizza che rappresentano.
Dopo esserci regolarmente registrati, ci vengono sottoposti dei fogli da firmare. Firmano tutti componenti della commissione e noi osservatori. Questi fogli vengono poi, sempre alla nostra presenza, inseriti in ognuna delle urne presenti come forma di garanzia e le stesse urne vengono sigillate in maniera ufficiale.
L’ apertura delle ore 08:00, in concomitanza in tutto il paese, viene rispettata.
Molta gente è già in fila fuori l’ edificio scolastico e, non appena le porte vengono dischiuse, la gente inizia ad accalcarsi all’ interno del seggio davanti i tavoli predisposti per la consegna delle schede di voto.
Le schede sono 4. A noi, per la nostra missione, interessa in particolar modo quella dedicata all’ elezione del presidente della repubblica.
Ci sono 21 candidati in corsa e la scheda si presenta come una sorta di lungo lenzuolo cartaceo.
La commissione preposta al seggio è composta da 11 elementi: 8 persone in squadre da 2 alla registrazione degli elettori , suddivisi in base all’ indirizzo di residenza, ed alla consegna loro delle schede; 1 persona addetta allo smistamento dei votanti nelle cabine; 1 persona a guardia delle urne; 1 persona in stile “direttore di sala” a dirigere le operazioni.
Le urne sono piazzate in bella vista, sotto una bandiera ucràina, e trasparenti essendo costruite in plexiglass pesante.
Qualcuno, avendo notato questo tipo di urne ai recenti referendum unilaterali per l’ annessione della Krym alla Rossija ed a quelli sull’ indipendenza delle regioni di Donetsk e Sloviansk, aveva gridato allo scandalo. In realtà, legali o meno, regolari o no, quei presunti referendum si sono svolti in maniera del tutto simile a queste elezioni riconosciute dalla gran parte della comunità internazionale.
Anche quindi per le elezioni in Ukraijna le urne utilizzate sono state trasparenti. Si può discutere o meno sulla loro opportunità ma non si possono utilizzare due pesi e due misure a seconda del tipo di elezioni che vengono svolte.
Lo stesso dicasi per la confusione che ha caratterizzato quei referendum e queste votazioni presidenziali.
Del caos e del disordine ce ne accorgiamo subito. Iniziamo a scaldarci perché non ci sembra la situazione del tutto regolare ma ci accorgiamo ben presto che è non la frenesia di questo seggio in particolare ma sono tutte le sezioni che presentano questo comune denominatore.
Intuiamo che non ci sono irregolarità o brogli (almeno palesi) ma è proprio nella cultura di questo popolo votare in queste condizioni.
Come?
La gente si accalca in massa ai tavoli per prendere le schede su cui poi apporre il proprio voto. Uno di fianco all’ altro, alla chi arriva prima, senza privacy alcuna. Presenta il proprio documento ed il membro elettorale lo registra, gli fa firmare la matrice della scheda elettorale e staccandola da essa la consegna. Scheda e matrice, però, una volta staccate non sono più associabili l’ un l’ altra e di conseguenza l’ anonimato del voto è salvo. O almeno dovrebbe esserlo considerato altri fattori.
Presa la scheda, l’ elettore si reca in cabina. Ma la fila si è creata anche lì davanti e non basta l’ addetto a smistare le persone o a far garantire la privacy. In alcuni seggi la confusione e la ristrettezza degli spazi è così collusa che, volendo, in cabina potrebbe entrare una persona al posto di un altro.
Non abbiamo notato niente di tutto ciò ed anzi, date le condizioni di alcune sezioni elettorali, la gente è stata fin troppo educata e regolare.
Neanche un segno di insofferenza alla fila. Ognuno ha comunque rispettato le proprie posizioni. Come alle biglietterie delle stazioni in uno dei qualsiasi dei paesi ex Urss: la gente si infila da tutte le parti e ti passa davanti ma nessuno si indispettisce. E’ così che funziona. E funzionano così anche le elezioni qui. Disordinate per i cosiddetti standard “occidentali” ma comunque regolari.
I seggi stessi sono costituiti da tendine dal tessuto leggero che magari svolazza oppure non garantisce la chiusura completa dell’ uscio od anche si rivela semitrasparente.
Non fa niente. La gente appone il suo segno sulla scheda noncurante di poter esser guardato.
Non c’è tensione, non ci sono spie ufficialmente, nessuno si interessa alla X che stai apponendo sotto lo sguardo di tutti.
Gli elettori in alcuni seggi entrato da un’ entrata e fuoriescono da un’ altra. Ma non sempre è così, a volte la seconda uscita non c’è, a volte lo stesso si riesce dall’ entrata.
L’ affluenza alle urne è tanta da quello che vediamo nei vari seggi che giriamo.
Dalla periferia poi, infatti, muoviamo verso il centro. La situazione qui cambia un po. Un seggio è ordinatissimo e senza confusione. Un altro, invece, è più confusionario di quello in periferia e con l’ ora di punta diventa una sauna insostenibile considerando i 35° gradi che batte il sole sulla capitale ucràina.
Ci rechiamo in un altro seggio ancora, il più centrale di tutti, quello di fronte la Rada, il parlamento ucràino.
Qui l’ agitazione è alle stelle. Una massa di giornalisti, pochi quelli internazionali, attende il presunto vincitore delle elezioni l’ oligarca Petro Poroshenko che da un momento all’ altro si recherà a votare anch’ egli stesso.
Le urne sono circondate dai numerosi media presenti con telecamere, macchine fotografiche, microfoni, taccuini in attesa del Re del Cioccolato.
La gente normale però continua a votare come se nulla fosse anche sotto l’ obiettivo delle televisioni.
Dalle tendine schiuse si notano chiaramente i segni delle X che i cittadini appongono.
C’è chi porta in cabina il bambino irrequieto che apre e chiude il velo del seggio credendo di giocare a nascondino con altre decine di persone, c’è chi dall’ esterno infila la testa in cabina per parlare col congiunto intento a votare, c’è chi assiste la moglie nelle operazioni e si mette a votare in coppia.
Niente di irregolare per gli standard locali. In fondo nessuno costringe un altro a votare in un modo o nell’ altro.
Giunge Poroshenko accompagnato da scariche di flash.
E’ il turno di recarci nella periferia sud della città ora.
Notiamo, in generale, che molta gente non è a conoscenza precisa di come votare e per questo molte persone si registrano, prendono la scheda e si siedono fuori dalla fila o comunque si assentano mentalmente in fila stessa, ad osservare e cercare di comprendere come e chi votare.
Questi potrebbero essere momenti critici per eventuali pressioni o brogli ma niente di tutto ciò comunque avviene. Almeno sotto i nostri occhi e nei lunghi periodi di sosta ai seggi.
Anche durante l’ inserimento delle schede nelle urne la segretezza del voto non è poi così discreta in quanto in pochi si premurano di chiuderle e vengono infilate con nonchalance, senza preoccuparsi troppo. Alcuni vengono aiutati anche dall’ addetto ad infilarle o magari per giocosità lasciano ai propri bambini questa incombenza.
Nel seggio della periferia sud notiamo un esaltato addobbato di tutto punto in maniera militare e che sembra alquanto scontroso ma anche lui non interferisce nelle operazioni salvo un leggero battibecco per via della fila che fa accorrere 2 poliziotti dall’ esterno. Ma tutta rientra in breve tempo.
Sono oramai le 19:00, alle 20:00 chiudono i seggi. Optiamo per far rientro alla sezione che ci ha visto protagonisti all’ apertura.
Forse per via della bella giornata tutti si sono ricordati di votare agli ultimi istanti. Una lunga fila di 2 piani percorre la scuola. Si andrà avanti ben più tardi delle 20 ufficiali.
Molte persone, con un grande senso di praticità, decidono di saltare la fila per le cabine una volta registratisi ed avuto in consegna la scheda.
Ma come?
Ma ovviamente votando direttamente in piedi nella fila o spostandosi al di fuori di essa su di un tavolino di fortuna, appoggiandosi ad un muro, facendo leva sulla schiena di altri.
E magari, dopo aver confrontato il voto con quello dell’ amico.
Non sono brogli. E’ l’ Ukraijna.
Una terra che guarda alla sua sinistra geografica ma con un robustissimo cordone ombelicale ancora intatto con la sua destra geografica.
LUCA PINGITORE
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