Catapultato a Bucarest è come se il pachiderma creato da Ceausescu abbia ancora il dominio sull’ intera città, tonnellate di cemento, di marmi preziosi , cristalli , tappeti, saloni immensi e spazi vuoti sono la rappresentazione di una festa che è finita o non c’è mai stata ed è finita nel sangue. Della vecchia Bucarest è sparito il ricordo se non nella recente riqualificazione urbana del quartiere di Lipscani diventato centro della movida cittadina ormai quasi in stile inglese, se non fosse per l ‘abbigliamento e l’ assenza di ubriaconi sia al maschile che al femminile, con decine e decine di sempre nuovi locali notturni, bar e discoteche.
Lipscani con la sua galleria coperta, gli antiquari, la statua di Vlad Tapes, i perenni lavori in corso e case , cortili ed anfratti che sembrano disabitati, terremotati o bombardati e pieni di cianfrusaglie. Eppure passeggiando per gli immensi boulevard cittadini alla francese, scansando un’ enorme voragine nell’ asfalto proprio accanto ad una modernissima pista ciclabile che nemmeno abbiamo nelle nostre evolute città italiane, ma quasi totalmente inutilizzata, aguzzando la vista tra i grovigli di fili elettrici in bella mostra che non ho visto in nessuna città europea, appaiono palazzi e ville sontuose, alcune restaurate, altre scrostate, cadono a pezzi, appare poi ogni tanto spesso nascosta una chiesa molto piccola in stile bizantino che sembra estrapolata dalla campagna della Bucovina, con delicati e spiccanti affreschi interni ed esterni.
Ci si rilassa nei parchi al centrale Cismigiu con il sapore quasi ottocentesco, come all’ Herastrau , si vaga tranquilli tra gli abitanti sempre pronti a darti una mano o a darti indicazione se ti vedono cartina alla mano in difficoltà , scoprendo un umanità tranquilla e ben disposta con lo straniero ben distante dalle feroci e fuorvianti trappole dei media.
Quanto deve essere stata bella e moderna Bucarest allo sguardo del viaggiatore ottocentesco e nei primi anni del ‘900 con il suo clima cosmopolita, la sua illuminazione e trasporti all’ avanguardia, le botteghe antiquarie e le birrerie del centro storico, la maestosità del circolo degli ufficiali, dell’ Opera, del Palazzo Reale ora museo e di tutti gli altri palazzi storici, cittadini e istituzionali.
Tra una facciata scrostata, un arco di trionfo, la statua di Romolo e Remo a rivendicare un’ eredità latina e romana , un palazzo gotico o uno socialista, un monumento o una targa a ricordo della rivoluzione del 1989 che poi vera rivoluzione popolare non fu ma un sacrificio del capro espiatorio Ceausescu per venire incontro ai venti della storia, il tempo passa piacevolmente.
Se della dominazione ottomana è scomparsa ogni traccia in compenso i fantasmi della dittatura e dell’ ego smisurato di Ceausescu resistono visibilmente e segnano indelebilmente l’ urbanistica della zona di Piazza Unirii verso la mastodontica casa del popolo,le fontane funzionano ancora sebbene molte siano rotte o arruginite dal tempo, ma gli immensi cartelloni pubblicitari sui palazzi, una gigantesca bottiglia di Coca Cola che versa festoni colorati in un bicchiere e le catene di negozie e ristoranti occidentali ci dicono che però i tempi sono cambiati e che ormai sono giorni di una un tempo impensabile entrata del paese nella Nato e nella comunità europea, sebbene senza trattato di Schengen.
Dei famigerati ragazzini che sniffano colla della gare du Nord non si vede traccia, ma è presente solo la solita variegata umanità che frequenta le stazioni di ogni dove, diretta verso le altre città del paese, il profondo est o l’ occidente, allo stadio della Dinamo un impiegato del ministero dell’interno di comunista memoria mi fa la giustamente romanzina per essere entrato in campo, in altri tempi sarebbero stati dolori, al parco Herastrau tra fiori e statue di rivoluzionari bulgari che lottarono con i rumeni contro gli ottomani qualche scoiattolo saltella senza paura alla ricerca di ghiande.
Sono stanco ma soddisfatto dopo la mia quarta visita a Bucarest ( a volte appositamente, a volte di passaggio ), dopo tante lunghe camminate e le ampie distanze percorse in viali che non finiscono mai, senza usare mezzi pubblici, nell’ ansia di vedere i particolari, di capire qualcosa in più.
Il gigantesco albero di Natale illuminato in Piazza Unirii, gli splendidi fuochi artificiali davanti al Palazzo presidenziale la notte di Capodanno, le nottate alla disco Twice , le attese per un treno notturno per Chisinau o un aereo da Baneasa per il mare di Cipro, tanti ricordi che vedono Bucarest protagonista e comparsa allo stesso tempo.
Finisco la mia Ursus che non sarà una gran birra ma mi fa sentire più in Romania guardando le eleganti coppie che ballano in un locale nascosto del centro dove si balla latino americano che non avremmo mai scovato senza le nostre amiche romene, ogni città ti lascia qualcosa, e in alcune a distanza di tempo ti viene voglia di tornare, Bucarest è una di queste.
LUCA TOCCO
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