Solotvyno ed il Lago Salato 2013

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Dopo 7 ore di viaggio da Solotvyno sono giunto a Chernivtsi in serata verso le 21:30.
Siamo passati da Dilove ed ho visto il monumento al centro geografico d Europa, lo stesso menzionato da Rumiz in una delle sue scorribande. Poi da Rakhiv campo base per le escursioni in montagna. Tra il viaggio di gennaio ed ora sto quasi diventando esperto della Transcarpazia.
La mia idea era quella di sostare a Dilove e Rakhiv ma per una serie di motivi mi sono affossato a Solotvyno.
Ci sono arrivato via bus da Targu Mures, il bus mi ha scaricato a Sighetu Marmatiei in Romania , dove, essendoci già’ stato tempo addietro con Andrea S. conoscevo già.
Per questo a piedi dal centro come un signore ho raggiunto il confine e ho tirato diritto deciso.
Passato il controllo rumeno si attraversa il ponte sul fiume Tiza / Tibisco, un piacere…
E poi non ti caga nessuno ed allora via di foto, soste ad ammirare il paesaggio e godersi davvero una volta uno sfondamento di frontiera…
Il militare ucraino mi rivolge la parola in russo e mi tradisco rispondendogli, io volevo fare il minchione per evitare eventuali problemi.
Al controllo vero e proprio pero’ riesco a fare il minchione facendo finta di non capire ne il russo, ne l’ ucraino ne il rumeno ma il gendarme era sorpreso e divertito che fossi italiano e dopo un paio di domande mi timbra e mi saluta in italiano…
Passo dal terzo controllo (nelle russie sono di solito 3) e tiro diritto ma una specie di starnuto del militare mi fa bloccare e lui mi stesso mi chiede cosa voglio… e si presenta…io per gentilezza ricambio la presentazione ma… mi sorge il dubbio che la sua fosse una presentazione interessata…
Comunque… Sono in Ukraijna… sognavo questa frontiera da anni…da quando appunto con Andrea S. sostammo dall’ altro lato, quello rumeno.
Mi incammino verso il paese che praticamente ha le prime case appena superata la frontiera.
Sono contento come un bambino …
500 metri in salita e… raggiungo il “centro” del paese.
Il paese, più che altro è un villaggio. Anche se risultano circa 10 000 abitanti, a me è sembrato un paese fantasma e semi disabitato.
Una lunga strada asfaltata e varie stradine sterrate che si diramano da essa completamente deserte. Il “centro” paese è formato da uno slargo con una chiesetta, 2 alberghi stranamente non fatiscenti, un bancomat, un bar-ristorante ed un negozio di alimentari. Pochissima gente in giro, stazione ferroviaria praticamente in disuso, un piccolo largo con delle bancarelle prefabbricate in ferro vuote che fungono da mercato cittadino, illuminazione stradale scarsa e solo sulla strada principale.
Faccio il mio ingresso nel villaggio intorno le 20 e mi sembra di esser catapultato in un film western… i pochissimi avventori del bar aperto e dell’ alimentari escono fuori a guardarmi mentre passeggio alla casso con il mio bagaglio.
E’ un luogo dove non c’è talmente niente che l’ unica attrattiva per i giovani è correre in auto avanti e indietro, incontrarsi a metà strada, parlottare per alcuni minuti da auto ad auto e sgommare via lasciandoci la frizione con la musica tamarra a tutto volume.
Erano molti anni che non vedevo queste scene… ero ancora bambino…
Si nota ovviamente subito che sono un forestiero considerato che da queste parti ne passano pochissimi, nonostante sia un punto di frontiera.
Ma d’ altronde è un accesso poco frequentato essendo la Romania fuori dagli accordi di Schengen; gli ucraini preferiscono passare dalla frontiera di Chop o Uzhgorod a circa 150 km da qui, entrando direttamente in Ungheria e non dovendo così affrontare ulteriori dogane come invece accadrebbe accedendo poi da qui.
Prendo possesso della mia stanza in uno dei due hotel e mi reco al ristorante per masticare qualcosa.
L’ amara sorpresa dice che alle 21:30 sta già per chiudere e l’ unica, eventuale, possibilità per mettere qualcosa sotto i denti potrebbe trovarsi al “famoso” lago salato di cui tanto si parla, essendo un luogo turistico…
Mi incammino nella direzione indicatami con l’ intenzione di coprire i circa 2km che separano il villaggio dal resort… la strada si fa subito sterrata e piena di fango e pozzanghere per via della fresca pioggia, la luce è solo quella della luna e le mie scarpe sono adatte esclusivamente all’ elegante spiaggia di Capri.
Ovviamente, come da tradizione, la Cappa negativa non mi abbandona neanche in questi momenti esaltanti e si presenta sotto pioggia di acquazzone… ma chi se ne frega? Al massimo mi bagno… si… e poi come ritorno indietro senza luce alcuna sulla strada sterrata, fangosa e piena di pozze d’ acqua?
A metà decido di abbandonare i miei intenti e tornarmene in camera. Stasera dieta. Acquisto giusto delle merendine ed una birra al magazin che stranamente chiude alle 23:45…
La notte trascorre ristoratrice con i rumori di un classico temporale estivo.
Al risveglio scopro che oggi non solo è domenica ma è anche una festività religiosa con la conseguenza che tutto è chiuso in paese. Ma… era così già ieri sera… non noto grossa differenza… in albergo mi comunicano che per via della festa la colazione è cancellata ma in compenso mi offriranno qualcosa per cena…
Si rivelerà poi un bel piatto di pelmeni…
Anche i bus e tutti i collegamenti, secondo l’ albergatore risultano oggi soppressi… ci credo poco ma mi lascio convincere… e mi lascio convincere anche che è impossibile recarmi nel paese di Dilove a visitare il monumento al centro geografico d’ Europa e che lo stesso non è niente altro che… una bacanata pazzesca…
Sarà per loro ma… io praticamente sto passando da questi parti giusto per ammirarlo…
Niente. Mi accontenterò di vederlo passando in bus domani recandomi in direzione Chernivtsi…
Opto a questo punto per fare il turista e recarmi finalmente, sotto 50° gradi, al famigerato lago salato di cui tutti parlano e ne promuovono le miracolose finalità terapeutiche…

Arrivo alla fine del villaggio, mi immetto sulla strada sterrata in discesa che tanto mi ricorda la campagna fuori Lomonosov in Russia, quando con Jena e contatti locali cercammo di arrivare a piedi sul golfo di Finlandia e finimmo in mezzo ad un sentiero tra l’ erba alta direttamente in una sorta di accampamento di una famiglia allargata.
Praticamente senza un pasto “vero” da 2 giorni, l’ ultimo all’ aeroporto di Bologna (dopo di allora solo qualche merendina e tozzi di pane, per una serie di ragioni), la fame si fa sentire ed opto per insediarmi nell’ unica taverna aperta. Il caldo è asfissiante come se ci si trovasse in uno stabilimento balneare sulla spiaggia, anche se del lago ancora non si vedono le tracce, riesco comunque a masticare finalmente qualcosa.
A pancia piena è ora di toglierci questa curiosità.
Ed ecco finalmente il Lago Salato… lago? Ma quale lago? Sembra una serie di pozzanghere in fila… le dimensioni delle varie pozze sono quelle come anche il colore melmoso dato dal fango miracoloso…
Vedo vecchie callarone, bambini, uomini panzuti e clamorosamente anche piccioni di ottimo rilievo sguazzare e scialacquarsi in questo bitume in alcuni tratti anche sporco. Mi meraviglio di tanta celebrità del luogo, considerato un piacevole posto di villeggiatura. Che in effetti lo è circondato da varie dacie in legno che gli ucraini fittano per il week end o per le ferie estive. Va bene che prima sorgeva un sanatorium e si veniva inviati qui in vacanza dal partito ma ora… ci sarebbe ampia possibilità di scelta…
Alcuni provano a galleggiare data l’ alta concentrazione di sale presente nell’ acqua, non sarà il mar Morto ma i villeggianti lo sognano…
In molti scavano il fango a bordo “piscina” e se lo spalmano addosso. Come ai tempi della mia piena gioventù alla Grotta delle Ninfe di Cerchiara di Calabria, anche lì sgorga una fanchiglia che pare faccia tanto bene.
Il caldo e l’ atmosfera marina indurrebbero ad un tuffo ma… mi sembra troppo… mi limito quindi a bighellonare intorno le varie falde acquifere ed opto per rilassarmi all’ ombra di un albero come se fossi in pineta su una qualsiasi spiaggia del mar Jonio.
Si è fatto tardi, in un luogo dove la concezione del tempo può essere anche tralasciata considerato il fatto che non ho davvero niente da fare.
Sulla strada noto un sito che ha tutta l’ aria di essere una miniera di sale (ai tempi dell’ Urss, Solotvyno era famosa anche per questo) abbandonata. Scruto possibili entrate e papabili guardiani ma sembra tutto abbandonato. Magari dopo tenterò un’ ispezione interna. Che alla fine non riuscirò a purtroppo a compiere…
Rientro in hotel per una doccia salutare (magari con l’ acqua del lago… ) e continuare a rilassarmi al fresco.
Nel tardo pomeriggio riesco dal mio castello dorato e mi metto a fare il turista del paese, ancora deserto come fin dal mio arrivo. Noto moltissime costruzioni ed automobili non proprio messe male, segno che qui i soldi arrivano magari dagli emigrati nell’ Unione Europea. Noto anche moltissime targhe d’ auto slovacche. Il perché è presto svelato da confidenti locali: in Slovacchia, a circa 150 km da qui, costano di meno. Almeno capisco questo.
Consideriamo che qui l’ inglese è tabu, già se parli russo ti guardano come uno straniero.
Sul far della sera e dopo aver raggiunto a piedi la strada provinciale che collega la località con il resto del paese, poi di nuovo il confine a perder tempo ad osservarlo, poi infilatomi in qualche stradina laterale, ancora nell’ erbaccia alla ricerca del fiume Tiza / Tibisco, infine fermatomi ad ammirare delle cime montagnose con la sagoma di una chiesa ortodossa in terra romena, mi concedo la cena di pelmeni offerta dal’ hotel in luogo della colazione, arraffo una birra al magazin ancora aperto e mi ributto nelle mie stanze.
Domani termina la prigionia, mi scade il confino: si va a Chernivtsi.
Mi sveglio con calma, tanto le indicazioni mi danno il bus transitare da Solotvyno nel primissimo pomeriggio anche se, secondo l’ uomo dell’ hotel, non passerà mai in quanto oggi è ancora festa per la regola sovietica che quando il festivo cade di domenica, il lunedi successivo è rosso sul calendario.
Caparbiamente però da alcuni passanti mi faccio indicare la fermata del bus e mi ci faccio accompagnare da un vecchio taxi abusivo. Con questo caldo e sulla provinciale col casso che mi avvio a piedi… memore poi della traversata di un paio di giorni prima a Targu Mures.
Aspetto sul ciglio della strada non so cosa e neanche so se passerà. Sono nervoso. E’ la prima volta che fermo e prendo un bus al volo in terre russofone. Di solito sono sempre partito dall’ autostazione ma questa volta è diverso, è come prendere il 23 barrato nei panni di Fantozzi: “prendere la marshrutka al volo non l’ ho mai fatto, ma l’ ho sempre sognato”…
Ecco… vedo da lontano un furgone… è lui… no… è solo un semplice camioncino…
Eccone un altro… si è una marshrutka… mi accingo a fare segnali all’ autista ma nooo… leggo la destinazione: Rakhiv… non è nemmeno questo il mio…
Dopo circa 30 minuti, ecco all’orizzonte un torpedone color bordeaux che arranca… aguzzo la vista… Da ! E’ lui, c’è scritto Chernivtsi… mi butto sulla carreggiata ed al volo vengo caricato…
Sono esaltato, queste si che sono soddisfazioni…
Il viaggio dura ben 7 ore senza aria condizionata, arrancando con il motore al minimo, con le persone ben oltre la capienza sopportabile, sostando in numerosi paesi ma ripagati dal costeggiare il fiume Tiza / Tibisco che regala visioni naturalistiche incontrastate.
Transitiamo finalmente da Dilove e come giapponesi tutti rivolgono lo sguardo verso il monumento al presunto centro geografico d’ Europa. Peccato non esser riuscito a soffermarmi con una sosta apposita ma sarà per la prossima volta; di sicuro la zona va approfondita, solamente salendo verso la cittadina di Rahkiv le sensazioni che ti regala la natura circostante mi incuneano in mente già un nuovo viaggio.
La gente sale, scende, riempie i posti ufficiali ed in piedi lungo il lungo corridoio. Finanche il salottino privato posteriore che avevo visto fino ad ora solo sui bus in Kazakhstan.
Ad i pochi posti di blocco o presunti tali, la gente in piedi nel corridoio si abbassa e si alza all’ unisono per nascondersi alla vista esteriore.
La prima volta che vidi queste scene, nel Caucaso russo, restai meravigliato dall’ ottima sincronizzazione di tempi che perfetti sconosciuti eseguivano all’ unisono ad un impercettibile segno dell’ autista. Tutto come in una grande coreografia di un balletto russo, appunto.
Giungo a Chernivtsi intorno le 21. Il bus mi abbandona in mezzo ad una strada essendomi stato consigliato di scendere qui e non all’ autostazione. Mi faccio indicare il tramvaj per il centro e mi attesto alla fermata.
Il filobus non passa. Inizio a modificare i miei piani: è sera e non avendo prenotato albergo alcuno ma solo segnatomi dei nomi, forse è inutile andare a girare a minchia; meglio noleggiare un taxi e farsici portare direttamente. Il problema è la mia “paura” atavica dei tassisti quando sono in solitaria, è una malattia. Magari mi faccio dieci km a piedi ma non prendo il taxi per paura di fregature.Lo so è una fissazione, quante volte ho preso il taxi da solo e solo una volta, per la cronaca in Bulgaria, restai fregato. Ma è più forte di me.
I pochi secondi nei quali mi passano questi pensieri per la mente e vengo abbordato da un vecchissimo modello di Volga. Come faccio a rifiutare?
L’ omaccione alla guida si mostra gentile soprattutto quando vede che riesco a sciorinare un “buon” livello di russo e si offre di aiutarmi, facendolo girare per 3 alberghi: i primi due proponevano cifre alle quali non volevo competere e finalmente il terzo, la storica gostinitsa Kijev dal retaggio sovietico mi accoglie.
L’ energumeno mi lascia il suo numero in caso avessi bisogno di… qualcosa e occupo la mia stanza, contento di non aver avuto problemi neanche in reception con la lingua e ridendo per l’ antica usanza degli hotel di stampo ex Urss di alloggiare una vecchia ad ogni piano addetta a darti la chiave.
Mi sento a casa.
E dimentico le fatiche del viaggio, emozionato di iniziare una nuova avventura a Chernivtsi.

LUCA PINGITORE

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