Sono trascorsi 6 anni esatti da quando oltrepassai questa frontiera la prima volta. Molto è rimasto uguale ma tanto era diverso.
Correvano i primissimi giorni di gennaio e questo confine d’ Europa era sepolto dalla neve. Anche ora sono i primissimi giorni di gennaio ma di neve non ce ne è traccia alcuna. Il termometro segnava -11° gradi allora, oggi ne rileva +8°. Quel giorno ero in compagnia, questo volta sono, invece, da solo.
Quel giorno uno dei miei due compagni di viaggio si lamentava come un bambino pauroso della notte. Pensava si scherzasse quando alla nostra partenza gli fu detto: “Durante il tour si andrà anche oltre la cortina”.
Quella intenzione che sapeva tanto di una battutaccia stava per avverarsi, invece, e lui avvertiva paura. Paura di cosa? Chi lo sa? Dall’ altra parte del confine non era mai stato. Non era mai stato lui come non eravamo mai stati ne io ne l’ altro nostro compagno. Trattavasi, nel nostro piccolo, di un passaggio verso l’ ignoto, oltre i pregiudizi, contro l’ ignoranza, oltre le nostre “colonne di Ercole”.
In realtà, io, ero già avvezzo a questo tipo di passaggi. Mi era già capitato di superare altre frontiere dell’ Unione Europea al buio, senza organizzazione, alla cieca.
Quella volta, però, era diverso. In quelle condizioni atmosferiche e morali della compagnia non si trattava semplicemente di oltrepassare una frontiera ma si trattava in realtà di sfondarla; con tutta la forza di volontà possibile.
Ed oggi a distanza di tempo, sono nuovamente qui, nel circa 1km di corridoio che attraversa la terra di nessuno tra la Polonia, uno dei confini della cosiddetta “Europa unita”, e l’ Ucraina (che in molti ancora considerano indistintamente Russia o Unione Sovietica senza conoscere davvero la distinzione tra i tre paesi ) a passeggiare, a soffermarmi, a godere dell’ aria che si respira in questo luogo améno ed oggi completamente deserto. E’ il 1 gennaio e nessuno, a parte un esaltato dall’ Italia e qualche vecchia signora delle vicinanze, si muove a passare da questa frontiera.
Dalla stazione ferroviaria di Przemysl sono giunto qui in maniera rocambolesca, oggi come allora. E’ un festivo, appunto, nella cattolicissima Polonia e spuntato fuori dal sottopasso mi imbatto nel deserto. Tutto chiuso e nessuno in strada. Mi metto alla ricerca ugualmente di una marshrutka di passaggio, di un tabellone orario, di un tassista disonesto, di un appiglio per farmi raggiungere la frontiera a circa 10km sù fuori città.
All’ improvviso, da chissà dove, spunta una vecchia. Come nei migliori abbordi tra un uomo ed una donna mi aggancia e, ovviamente in un misto di ucraino – russo – polacco (unici idiomi conosciuti dalla vecchia), mi propone di aggregarmi a lei nella ricerca della soluzione per raggiungere la tanto agognata frontiera. Senza tentennamenti alcuni mi affido completamente all’ anzianotta sovietica. Resto a guardia del mio esiguo bagaglio e del suo stock di valigie piene chissà di quale roba inutile che va tanto di moda da queste parti trasportare da un confine all’ altro.
In pochi minuti eccola di ritorno esultante in compagnia di altre due vecchiacce ed un tassista. Tutta questa gente dove l’ ha recuperata? C’è il deserto a perdita d’ occhio. Ad una cifra clamorosamente bassa si è accordata con l’ omaccione di farci accompagnare fino al confine. Carichiamo i bagagli, entriamo in auto, mi giro e… tra me e la vecchia sul sedile spunta un mezzo nano molto in là con gli anni. Ma dove arriva? Chi lo saprà mai. Si infila anche lui in macchina pretendendo di essere abbandonato in mezzo le campagne prima della frontiera, ovviamente senza pagare uno zloty. Misteri o meglio il fascino di questi luoghi dove tutto è possibile e niente è scontato.
Uno sopra l’ altro affrontiamo la strada che ci separa dalla dogana, dove, poco prima abbandoniamo il vecchio nano come un cane randagio che si infila nei campi e continuerà la sua marcia verso la sua destinazione chissà per quanti chilometri ancora.
Il confine dal lato polacco si passa senza problemi. Anche se il giovane ed annoiato poliziotto si sarà chiesto cosa ci farà un ragazzo italiano in compagnia di 3 vecchie ucraine in questo ultimo baluardo dell’ Europa politicamente associata.
Ed eccomi camminare nella la terra di nessuno tra i due stati. Un lungo corridoio pavimentato e recintato come un lager. Oltre le reti la campagna sterminata. Quella polacca a sinistra, quella ucraina dietro. Provo un filo di emozione a ripercorrere quel cunicolo all’ aperto che segnò il mio essere viaggiatore. Ma bando alle nostalgie, è il momento di affrontare la milizia ucraina. So già che molto è cambiato. Poco più di anno fa Polonia ed Ucraina hanno ospitato gli Europei di calcio e proprio per questo anche i posti di frontiera si sono dovuto modernizzare ed i poliziotti essere più avvezzi allo straniero.
Non fu così anni fa. Quando tra i numerosi vecchi frontalieri carichi di sacchi di robaccia tra la quale nascondevano vodka e sigarette da rivendere al di qua o al di là della frontiera, spuntarono 3 italiani la sorpresa per i miliziani fu tanta. Andarono in tilt, in confusione, non capivano cosa ci facessimo lì. Il turista di solito viaggia in aereo o con mezzi più consoni, non si presenta ad una frontiera dove, in fase di ricerca di eventuali informazioni prima della partenza, non si trovava on line niente altro che le mie stesse supposizioni su come avremmo potuto sfondare il confine giorni dopo.
Il loro disagio fu tanto che qualche giorno dopo il nostro ingresso, alla stazione ferroviaria di L’viv venni preso in fragranza di reato dai poliziotti ucraini. Quale reato? Ma quello di clandestino ovviamente… visto che in dogana, a causa di quella strana situazione, si dimenticarono di appormi il timbro d’ ingresso nel paese sul passaporto. Un italiano entrato in maniera irregolare in Ucraina, non si è mai sentita una cosa del genere…
Ed invece io ho vissuto questa “emozione” che fu ancora maggiore quando alla frontiera di Chop, in uscita verso l’ Ungheria mi trattennero per lungo tempo facendomi domande e cercando di capirci qualcosa anche loro di un altro punto di frontiera. Me la cavai giusto facendomi sbattere fuori dall’ Ucraina senza ulteriori conseguenze alcune. A parte la mazzetta che versai ai militi alla stazione di L’ viv…
Ed eccomi nuovamente di fronte ad una doganiera ucraina. Mi controlla il passaporto pieno di visti di altri stati ex Urss e di recenti timbri ucraini stessi, mi guarda in faccia, mi riguarda il passaporto notando che sono entrato in Ucraina altre volte da punti di frontiera non proprio tipici, anche via mare, e
Stompf !
Questa volta il timbro è apposto. Mi dispiace quasi.
Sono nuovamente in Ucraina. “Finalmente a casa”, sono solito dire non appena tocco il suolo di un qualsiasi paese dell’ Europa orientale. Neanche il tempo di pensare che ripiomba la vecchia, mi ha trovato un passaggio in auto a prezzo vergognosamente basso per L’ viv ma a patto che paghi l’ autista anche per lei.
Da vero gentleman italiano accetto e sfrecciamo romanticamente verso la città, dove una volta giunti nella sua periferia, come il vecchio mezzo nano polacco, questa volta tocca a me essere abbandonato in mezza la strada.
Le nostre strade si separano qui. La vecchia va a casa sua, a me non resta che trovarmi un mezzo per raggiungere Ivano-Frankivsk. Sarà la mia prima volta in questa città. Ancora da solo, ancora verso l’ ignoto, ancora oltre i pregiudizi, ancora contro l’ ignoranza, ancora oltre le mie “colonne di Ercole”.
LUCA PINGITORE
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