Penso al Sudan per proseguire la mia esplorazione del continente africano andando verso sud. La volta precedente mi ero fermato ad Aswan e mi sembrava un buon punto per ricominciare.
Il viaggio inizia proprio da Aswan con un autobus notturno che invece di partire alle quattro partirà alle 6:30.strapieno di merci.
Subito a sud di Aswan lungo il Nilo c’è la famosa diga che purtroppo ha sommerso gran parte di quella che si definisce Bassa Nubia. Questa parte di terra con i suoi palmeti e la società agricola che da essi traeva sostegno condividendo le poche risorse è definitivamente sott’acqua, ma comunque il viaggio si rivelerà molto molto interessante.
Il popolo locale, già con una precisa identità dal tempo degli egizi, sono i nubiani. Estremamente accoglienti, di corporatura robusta, pelle scura e tratti ancora non del tutto da africa nera (mancano naso a patata e capelli crespi diffusi) rimarcano il fatto di non essere arabi e hanno una onestà di intenti di cui vanno orgogliosi.
Fino a pochi anni fa l’unico modo per passare dall’ Egitto al Sudan era una barca settimanale che spesso era molto piena. Nelle cronache di viaggio quell’imbuto era sempre presente (i maligni sostengono che la situazione fosse così da anni perché c’era chi “proteggeva” tale concessionario unico).
Fatto sta che da quando le relazioni diplomatiche tra i paesi sono interrotte è comparsa una via carrozzabile e ora le compagnie private di autobus sfruttano tale strada carrozzabile che attraversa il lago trasversalmente e in un punto più stretto. Facendo così il tragitto si accorcia sensibilmente in termini di tempo.
La tappa successiva è la città di Abri, da qui è possibile partire per visitare l’isola di Sai. Sai è una isola fluviale che a giudicare dalle tracce lasciate dagli abitanti delle varie epoche doveva avere una funzione importante per i commerci e per la difesa del territorio rimanendo separata dalla costa ma offrendo delle buone visuali sulla terraferma. Ad Abri dormo in una locanda dove campeggiano 4 (dei pochi) televisori in città. Sparano 4 programmi differenti a volume sostenuto da mattina presto fino a sera.
In questa occasione faccio due chiacchiere con un ragazzo di Khartum che si trova ad Abri per lavoro. Con lui parliamo di Isis. Pur vivendo in una Repubblica regolata dalla legge islamica questi movimenti militari preoccupano molto i locali e l’avanzata dei militari dello Stato Islamico preoccupa molto il mio interlocutore.
Per cena mangio del pesce del Nilo fritto con a lato sale e una salsa piccante.
A qualche chilometro da Abri c’è un edificio molto interessante. La località si chiama Kawikka e la tomba che vedo si chiama qubba (cupola) sherh idriss (il sepolto).
È un grosso mausoleo che si vede anche dalla strada. Come molti altri mausolei islamici prevede in altezza vari ordini di esagoni/ottagoni che vanno restringendosi fino alla cupola sul vertice.
Mi colpisce la forma di una bandiera che sventola subito fuori dalla monumentale tomba. Non è squadrata ma il lato corto esposto al vento ha una vertice. I colori sono quelli della bandiera sudanese e di moltissime altre bandiere di popoli arabi (bianco rosso verde e nero). In seguito scoprirò che è la bandiera del movimento fedele al Madhi, il rivoluzionario religioso che diede filo da torcere agli inglesi finché questi ultimi non si armarono di mitragliatrici e resero le battaglie delle carneficine a senso unico.
La tappa successiva è Dongola. Qui c’è un ponte sul Nilo (costruito dai cinesi come le strade asfaltate che rendono i collegamenti molto più rapidi di qualche anno fa) e un mercato interessante. La ciità vanta anche un paio di semafori e la circonvallazione interna asfaltata. Qui incontro un ragazzo del Darfur che ha visto coi suoi occhi i massacri del 2004 e militato nello SPLA e che mi descrive, in maniera molto molto critica, come vanno le cose in Sudan. Nelle sue parole la minoranza araba-egiziana messa al potere dagli inglesi impone il potere sulle “black people”, che sono la maggioranza. Mi anticipa che quando ci sarà il ricambio delle truppe lo SPLA attaccherà i nuovi soldati governativi arrivati. Puntualmente, il 14 gennaio 2016 ci saranno degli scontri e relative rappresaglie sulle Marra Mountains.
Da lì punto verso Karima. Karima, città stretta tra 2 deserti, vanta la vicinanza con Jebel Barkal. Questo monte è considerato la fonte della regalità dei faraoni e infatti lì a lato c’è il cimitero reale ( uno dei cimiteri reali delle dinastie dei cosiddetti “faraoni neri”), qualche tempio e anche un palazzo in fase di scavo da parte di archeologi italiani.
Le piramidi dei faraoni neri sono meno grandi di quelle più famose dei confinanti egiziani e con facce più ripide. Quelle di Karima sono in uno ottimo stato di conservazione. A differenza di quelle egizie la camera funeraria è sotto il livello del suolo (e non nel corpo della piramide) e ci si accede da una entrata posta a breve distanza dalla base della piramide stessa.
Da Karima vado ad Atbara, base per vedere la necropoli reale di Meroe (sfigurata dall’italiano Ferlini in cerca di tesori) e la città di Shendi, città che fu snodo dell’ignobile traffico degli schiavi dall’africa nera verso Arabia Saudita e mediterraneo.
L’etnia più presente nella zona centrale del Sudan sono arabi. Le jilaba bianche sono ampiamente diffuse.
La tappa successiva è Port Sudan. Città inventata dagli inglesi in sostituzione di Suakin, il cui basso pescaggio del porto rendeva difficoltose o impossibili le operazioni con le navi di grosso tonnellaggio. Il centro tradisce una origine recente, e come ogni grande città dotata di porto qui di trova (a livello etnico ) un po’ di tutto. L’ ”attrazione” del luogo è il mercato del pesce. Qui incontro Ibrahim, ha lavorato sulle navi mercantili e ha fatto base a Trieste per un po’, quindi conosce l’italiano. Mi aiuterà a comprare il pesce e trovare un posto dove lo fanno arrosto (normalmente qui si frigge… e si vede che uno dei tre pesci quasi lo carbonizzano). C’è anche un lungomare affollato di cafeterie e un piccolo acquario.
Il giorno successivo vado a vedere quel che resta di Suakin. Suakin era l’affaccio a est dei traffici sul Nilo. Qui cambiava il vento e le navi che provenivano da sud improvvisamente si trovavano ad avere di fronte il vento che invece fino a lì aveva gonfiato le vele da poppa. Si aggiunga che la posizione di Suakin, un’isola in fondo ad una insenatura, nascondeva il porto ai pirati e ci si spiega il successo commerciale della citta. Costruita in blocchi di corallo la città ora è letteralmente poco più di un cumulo di macerie di colore bianco. Durante la guerra gli inglesi utilizzarono la non più isola (opportunamente collegata alla terraferma con un terrapieno) come centro di comando per le campagne africane. Ci sono un paio di moschee restaurate (praticamente ricostruite) dai turchi tanto male come solo i turchi penso riescano a “restaurare”.
In città e soprattutto nelle zone circostanti l’etnia prevalente sono i beja, di origine nomade hanno carnagione olivastro scuro/bruna e capelli crespi. Portano spesso un pettine in legno incastrato tra i capelli crespi e alcuni uomini portano una lunga spada in un fodero di cuoio ricamato (queste spade, in metallo morbido, sono ormai prettamente ornamentali, si usano in alcune danze). Nelle zone circostanti ci sono accampamenti anche abbastanza estesi. La tenda da campo beja, in pelle o tessuto, somiglia molto a delle barche rosvesciate. Da qui partono i traghetti per l’Arabia Saudita e in città ci sono un numero consistente di bambini che mendicano. La corrente c’è solo per poche ore al giorno (il ragazzo etiope che aiuta nella gestione dell’hotel mi dice che è perché il governo della città non è allineato al governo centrale su molti temi).
Da qui mi dirigo a Kassala nel sud est del paese. Questa città è vicino al punto di unione di varie rotte carovaniere e i suoi mercati godono di buona fama. In effetti i mercati sono molto estesi e ci sono tante merci e spezie a me sconosciute, che arrivano dall’Africa centrale e orientale. Mi confronto con esponenti di varie tribù. I più anziani hanno delle scarificazioni sul volto ( 1, 2 o 3 linee parallele o perpendicolari sulle guance o gli zigomi) che aiutano gli appartenenti alla stessa tribù a riconoscersi fra loro. Alla chiusura dei mercati la città cambia faccia e ci metterò un sacco a ritrovare la strada per l’hotel.
Visito anche la moschea Kamiyah, appena fuori città , alla base dei particolarissimi monti che si stagliano dal nulla, con forme che sembrano modellate a mano, a fianco di Kassala. Cedo alla curiosità e ceno con del latte e dei dolci, come fanno molti locali.
E infatti rimedio una intossicazione, che mi farà passare un giorno a letto a Khartoum.
L’ultima tappa è la capitale attuale, Khartoum, e quella che il Madhi aveva previsto per il suo regno a carattere religioso, Omdurman.
Khartoum è proprio un mondo a parte rispetto al resto del paese, me lo avevano detto, ma in effetti le differenze negli stili di vita sono abissali. La città non impressiona. A parte un paio di moschee antiche, la presenza di chiese di varie confessioni, il museo nazionale e la confluenza del Nilo Bianco col Nilo Azzurro di impressionante c’è poco. La vicina Omdurman per lo meno vanta la tomba del Madhi, la sua casa dove c’è la lettera nella quale consigliava al maresciallo Gordon di arrendersi, e un mercato molto grande e interessante. Nella piazza centrale sventolano varie bandiere simili a quelle che avevo visto a Kawikka. Sono le bandiere dei regni che avevano sostenuto il Madhi nella sua lotta contro il colonalista inglese. Sempre ad Ondurman c’è una professione religiosa di dervisci, un ordine sufi (mistico musulmano) che prevede durante la preghiera settimanale uno stato di incoscienza derivato dal suono dei tamburi e dal ripetere la frase “non c’è dio al di fuori di Allah” (in arabo, ovviamente) percorrendo un percorso circolare davanti alla tomba del santo ispiratore dell’ordine. Vestono in verde in maniera esuberante e hanno cappelli molto appariscenti. Ci sono vari curiosi e la celebrazione è partecipata, pur essendo i religiosi un piccolo numero.
Una nota dolente della città sono il gran numero di ragazzini che si stonano usando benzina e altri composti chimici. Li si vede durante le ore del mattino con uno straccio in bocca e poi con sguardi completamente assenti la sera. Girano in gruppetti e chiedono del denaro per il cibo. Non sono aggressivi, approcciano, ad un rifiuto insistono, ma dopo un rifiuto vanno via (magari con invito ad andare a quel paese in lingua locale).
Consiglio caldamente un viaggio in Sudan. Ci sono tesori archeologici molto molto interessanti legati alle prime civiltà neolitiche, ai regni locali coevi a quelli egiziani (ma con caratteristiche locali), e proto cristiani.
L’ ospitalità dei locali è disarmante. Ho fatto molta molta fatica a pagarmi un tè, anche quando ero io a invitare persone conosciute in strada i locali non mi permettevano di pagare e insistevano per offrire la bevanda ad un perfetto sconosciuto. Praticamente tutti quelli con cui ho avuto modo di parlare inglese mi hanno lasciato il loro numero se avessi avuto problemi di comunicazione durante il viaggio.
Il pernottamento fuori da Khartoum richiede un ottimo spirito di adattamento, spesso sono solo disponibili locande con standard locali.
Il cibo a me è piaciuto parecchio (adoro la pecora arrostita), ma ho fatto un po’ fatica a trovare ristoranti che proponessero piatti locali più complessi di carne arrostita, pesce fritto,zuppe o altri piatti molto semplici.
I trasporti di lunga percorrenza sono assicurati da autobus a/c de luxe di fabbricazione cinese che io ho trovato confortevoli.
Le strade sono state asfaltate e sono comparsi ponti di fabbricazione cinese e per ora devo dire che sono in buone condizioni rispetto a qualche anno fa (un archeologo mi diceva che da Karima a Khartoum ci volevano fino a 24 ore).
Il clima è la cosa che più ha impattato sul mio fisico. Il sole è decisamente un sole africano e un pomeriggio mi sono trovato a 45° con parecchia strada da percorrere a piedi.
ITINERARIO DEL VIAGGIO:
Cairo – giornata ad Assuan, saluto gli amici dell’anno scorso, vado su isola elefantina e mi dedico ad un cazzeggio distratto
Assuan – pullman la mattina alle 5 per Wadi Halfa con giro serale della città (spostata dopo la creazione della diga)
Wadi Halfa – da Halfa vado ad Abri e visito l’isola di Sai. Dormo in un hotel con 4 dei pochi televisori in Abri.
Abri – visita del santuario di kawikka e dell’interessante sito di Dufuffa presso Karma
Dongola – visita del mercato e public relation coi locali
Dongola – colloquio con ex guerrigliero SPLA, visita campus università e bus per Karima con visita piramidi
Karima – alba su Jebel Berkal, giro al mercato poi bus per Atbara (la polizia mi intima di non fare foto alla moschea)
Atbara – visita del cimitero reale di meroe e della città di Shendy, primi contatti con tribù beja
Atbara – bus per Port Sudan e giro notturno della città con visita dell’acquario e della promenade
Port Sudan – visita del mercato del pesce e bus per Suakin e visita di ciò che resta della città
Suakin – bus per Kassala, visita della città e colloqui con esponenti tribù locali
Kassala – giro dei mercati e visita della moschea di Kamiyah a cena mangio latte e dolci come i locali (e mi intossico)
Kassala – bus per Khartoum e rituale dei dervisci
Khartoum – febbre!!! ospedale la mattina e visione del Madhi che sprona i suoi prima della battaglia di Ondurman dal letto
Khartoum – visita di vari musei e moschee, e visita casa del Khalifa ad Ondurman
Khartoum – visita del museo etnografico con la guida, giro dell’ufficio postale e tragico spostamento in ora di punta
Khartoum – volo per l’Italia
CLAUDIO SERAFINI
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