Bălţi. Capodanno 09/10 (parte 4)

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( Continua dalla sezione ” Pridnestrovie ” )

Giunti alla gara nord di Chisinau, abbiamo giusto il tempo di testare frettolosamente uno dei cessi più volgari dell’intera Europa geografica e salpare in mashrutka alla volta di Bălţi.
Il viaggio non è poi molto lungo ma le luci soffuse della sera iniziano a calare mentre, dal cielo, inizia a scendere una fitta pioggia.
La campagna moldava è completamente inondata di neve e la pioggia cadente non fa altro creare una pastura di fango che insozza le strade.
Un paio di volte, la mashrutka si accosta sul ciglio della strada, abbandonando al loro destino alcuni passeggeri che, sotto la pioggia e marciando nella melma, raggiungeranno poi il loro villaggio situati a diversi chilometri dalla strada maestra.
In un’atmosfera completamente ovattata all’interno della nostra mashrutka, in acceso contrasto con il clima tipicamente invernale dell’esterno, attraversiamo la Moldova verso nord.
Veniamo scaricati nella volgare autostazione cittadina sotto una discreta pioggia.
Considerato il far della sera ed assaggiate le umide condizioni climatiche, optiamo per chiedere un passaggio ad un economico taxi.
Nella fanchiglia tipica dello sciogliersi della neve, sguazziamo verso la piazza principale cittadina, dove risiede il nostro hotel, scelto sul momento. Nonostante la vetusta receptionist non parli una parola diversa dal romeno dei suoi avi, riusciamo ad accaparrarci un’accomodazione per la notte.
La pioggia cessa di scendere, il tempo di pettinarci come si addice a persone educate che si recano per la prima volta a casa di degli sconosciuti e siamo pronti ad incontrare i nostri contatti locali.
Sono in netta minoranza, essendo in due loro ma ciò non ci intimorisce.
Come prima tappa, pensiamo bene di appuntarci lo stomaco e, qual luogo più adatto ai nostri scopi può esser mai se non l’ Andy’s Pizza nazionale?
Tra una masticata e l’altra, il tutto annaffiato da un’ottima Baltika, la birra più famosa di Russia, approcciamo la nostra conoscenza con la città, tramite un fitto interrogatorio rivolto ai nostri galanti accompagnatori di discendenza mista in quanto, per la completezza delle informazioni, uno è moldavo, l’altro russo.
Vista l’opportunità di avere delle gentili guide tutte per noi, ne approfittiamo e ci facciamo accompagnare in una sorta di visita turistica in notturna del centro città.
L’atmosfera è fredda ma frizzante e già seminata dai prodromi di un maturo romanticismo sull’asse Calabria – Russia.
La passeggiata al chiaro di luna si sviluppa tra la piazza principale cittadina, una delle più grandi dell’Europa orientale secondo le nostre fonti, il grande albero di Natale ivi posizionato, l’immancabile statua a Stefan Cel Mare, le strade del centro.
Terminale della nostra visita, un frequentato bar dislocato nei meandri di un sotterraneo e volgare centro commerciale nascosto sotto un classico palazzone sovietico, gestito da un ex lavorante in Italia.
La vodka gira, le risate e le cazzate anche.
L’atmosfera è satura e si opta per risalire all’aria aperta alla ricerca di un qualcosa che soddisfi ancor di più i nostri fini palati di nightlife’s testers. Chiediamo consiglio al solito metronotte, nottambulo inguaribile, che ci indica una serie di locali disseminati per la periferia della città.
In sei più l’autista, su di un taxi, accovacciati uno sopra l’altro e con sprazzi alterni di velato ma ancora non dichiarato romanticismo per alcuni, girovaghiamo alla ricerca di una qualsiasi forma di vita notturna.
E’ martedi, la serata non è quella giusta.
Dopo un lungo peregrinare, il solito metronotte, nottambulo inguaribile, tramite il suo fido walkie-talkie, ci rende un’ultima soffiata.
Ci rechiamo istantaneamente in un postaccio mal frequentato del centro.
Facciamo il nostro ingresso sotto lo sguardo strano dei suoi pochi avventori, una serie di maschioni grossi, grassi e ruttanti.
La luce soffusa, le sedie di paglia colorata in pieno stile Bar ’80, le tovaglie della nonna, la cappa oppressiva del fumo delle sigarette, le numerose bottiglie di birra scolate sui tavoli, l’odore di vecchio, tre callarone sedute con i loro partner, il guercio, lo sgangato, il pelato, con le loro facce sospette e minacciose, ci accolgono in un classico bar di paese del sud Italia.
Non è proprio quello che ci attendevamo dalla serata ma restiamo al gioco.
In pochi istanti si diffonde la voce, nella piccola sala, che siamo stranieri, italiani per la precisione.
La festa ha inizio.
Per l’occasione ci vengono propinate una sequenza di vetuste hit italiane, da Adriano Celentano, ai Ricchi e Poveri, passando per Riccardo Fogli ed Al Bano.
Tutti i maschioni presenti in sala si esaltano e vengono a salutarci e a darci il loro benvenuto in città. I corpulenti omaccioni, in segno di stima, ci invitano a danzare sinuosamente con loro, abbandonando al tavolo le tre callarone e le nostre due simpatiche accompagnatrici. La situazione si esalta sempre di più quando scorrono le note del nostro Toto Cotugno.
Ora anche le donne sono ammesse al ballo.
Le coppie oramai sono fatte: il guercio con Jena, il pelato con Marxim, lo sgangato con Brunello. Baci e abbracci nei nostri confronti si sprecano.
Lo sgangato insiste per offrirci una bottiglia del miglior spumante in dotazione al barraccio. Gli altri energumeni acconsentono. Dopo l’ennesimo brindisi, siamo stanchi di tante avances nei nostri confronti e dobbiamo letteralmente eclissarci dal locale.
E’ notte tarda, il meritato riposo ci attende.
Le graziose fanciulle si offrono di accompagnarci fin sotto il nostro albergo. Ma è proprio in questo momento che, in una visione mistica, mi sovviene il Maestro Cangaceiro. Giusto l’attimo per segnarmi la strada da intraprendere. Senza nessuna esitazione, seguendo alla lettera alcuni dettami del Maestro contenuti nella sua Opera, con un’astuta mossa riesco ad abbandonare il gruppone al suo destino e ad inabissarmi verso le tenebre di Bălţi in graziosa compagnia.
Il romanticismo, fino ad ora velato, esce completamente allo scoperto e, nella splendida cornice dell’architettura sovietica dominante, si manifesta platealmente.
Già riposto nel cassetto, il recente romanticismo, la lenta camminata in solitaria verso l’albergo che ci ospita è carica di sensazioni.
La temperatura bassa al punto giusto, la neve, il silenzio clamoroso della città, la solitudine desertica in cui mi trovo, l’amata notte, rendono il tutto emozionante, tant’è che mi soffermo alcuni minuti sul terrazzo d’ingresso dell’hotel a gustarmi questa calma atmosfera mai avvertita prima e a respirare la notte di Bălţi.

MERCOLEDI 6 GENNAIO 2010:
Il mattino seguente, dopo Gc il giorno prima, tocca a Marxim abbandonare la spedizione.
In orario antelucano, a bordo di una mashrutka, sgomma in direzione Chisinau dove un aereo per l’Italia lo attende.
Una copiosa e forte pioggia ci dà il buongiorno.
Le strade sono tutte allagate. Dall’albergo si esce solo in gondola.
Noncuranti di ciò, in pieno stile acqua alta a Venezia, ci rechiamo a rendere un ultimo omaggio ad Andy’s Pizza e a consumare la nostra ultima masticata moldava.
Galleggiando su di un taxi, raggiungiamo l’autostazione e ci apprestiamo ad acquistare i biglietti per rientrare in Romania, visto che siamo al giro di boa del nostro viaggio.
In romeno stretto, veniamo venduti dalla bigliettara ad un presunto capo mashrutka locale, il quale, ci fa imbarcare al volo sulla mashrutka già pronta al decollo per Iaşi , nostra destinazione.
I minuti persi per il nostro imbarco, la mashrutka li recupera in pochi istanti, sgasando verso fuori città.
Dopo non molto tempo di viaggio, l’autista si stoppa davanti ad una baracca dalla quale una attenta signora, con fare deciso, cambia la moneta a tutti i pochi passeggeri presenti. La stessa operazione viene imposta anche a noi dal connubbio autista – vecchia. Direttamente dal finestrino e con i motori caldi terminiamo l’operazione e ci attestiamo, unici, in frontiera lato moldavo.
Il solerte doganiere moldavo, vistici stranieri ed italiani, fiuta l’affare.
Ci controlla i passaporti e chiede di farci aprire i nostri bagagli. Li scandaglia uno ad uno alla ricerca di un qualcosa cui possa appigliarsi, legge qualche passo in italiano di un libro di Brunello, controlla il bucato sporco e ravana tra gli oggetti. Non sovvenendogli niente, esce allo scoperto, dopo uno pseudo segreto interrogatorio all’autista della mashrutka, chiedendo se disponevamo di soldi. Euro o dollari per l’esattezza.
Al nostro diniego resta male ma non riesce a fare il grande passo verso l’estorsione diretta e ci lascia liberi.
La mashrutka però stenta a ripartire.
Ecco che il nostro doganiere ricompare dal suo gabbiotto e ci convoca in un ufficio. Ci chiede nuovamente se disponiamo di dollari o euro. Neghiamo.
Ci punisce facendoci compilare un lungo e noioso questionario, nella versione in italiano, attraverso il quale, secondo lui, ci saremmo intimoriti ed avremmo dichiarato il possesso di moneta sonante.
Vistosi ancora una volta sconfitto, mi seleziona e nel calduccio della sua guardiola, in confidenza, mi chiede ancora se disponiamo di valuta straniera. Nego decisamente e, senza ulteriore appello, ci lascia impuniti.
Ci chiediamo il perché di tanta insistenza.
Perché non potremmo detenere euro se siamo italiani e stiamo rientrando comunque nella Comunità Europea?
L’esportazione di moneta locale, eventualmente in caso di valuta forte, potrebbe essere vietata ma non l’importazione di moneta nel proprio paese. Conveniamo che molto probabilmente, il timido doganiere, avrebbe voluto incassare la giornata a nostre spese, non avendo avuto però, la forza necessaria a taccheggiarci, confidando nel nostro timore verso la sua autorità che ci avrebbe costretto a svuotarci le tasche spontaneamente.
Affrontiamo la frontiera romena senza problemi ma comunque con qualche domanda di curiosità nei nostri confronti da parte dei doganieri vista l’inusualità dello sfondamento del confine in questi mezzi.
Espletate tutte le formalità e rientrati nell’EU, puntiamo diritti verso Iaşi.

( Continua nella sezione “Romania ” )

LUCA PINGITORE

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