Quello che è definito il luogo più contaminato al mondo, si trova nella zona degli Urali del sud, nella provincia di Chelyabinsk, in Russia.
Quando, dopo il successo americano di Hiroshima e Nagasaki, ebbe inizio il programma per la creazione di armi nucleari da parte di Stalin, plutonio e tritio furono prodotti in tre luoghi fortificati, vale a dire in tre zone della Russia, ognuna delle quali costituita da impianti nucleari e da città chiuse dove gli abitanti vivevano in relegazione forzata. Queste città non appaiono nelle mappe geografiche e fino a pochi anni fa era proibito viaggiare da e verso questi luoghi. Inoltre, solo dal gennaio del 1991 è stato permesso anche ai visitatori stranieri di poter accedere ad alcuni di questi luoghi (alcuni, non tutti). Ciascuna di queste città ha un nome seguito da un numero che indica un indirizzo di ufficio postale, ma spesso sono conosciute con altri nomi.
Si tratta di Chelyabinsk-40, vicino a Kyshtym; Tomsk-7 in Siberia, e Dodonovo-27, tra Dodonovo e Krasnoyarsk, sempre in Siberia.
Noi ci soffermiamo sul complesso ufficiale noto come Chelyabinsk-40, nella provincia di Chelyabinsk, sul fianco orientale degli Urali del Sud, a 15 km a est della città di Kyshtym, in un’area di circa 90 km2. è situato in una regione di laghi (i maggiori sono il Kyzyltash e l’Irtyash) e attraversato dal fiume Techa.
Oltre a Chelyabinsk-40 qui è stata costruita anche Chelyabinsk-65, zona militare-industriale e di forza-lavoro. Nel 1955, subito dopo l’apertura del Lawrence Livermore National Laboratory negli Stati Uniti, fu costruita un’altra città conosciuta come Chelyabinsk-70, laboratorio di esperimenti fisici collegati alla produzione di Chelyabinsk-40.
Chelyabinsk-40 è meglio noto come Mayak (parola che significa faro): fu costruito a partire dal 1945 e reso operativo per la produzione di plutonio già dal giugno del 1948. La prima bomba atomica sovietica, fatta esplodere nell’agosto del 1949, giusto in tempo per il settantesimo compleanno di Stalin, fu costruita utilizzando plutonio prodotto a Mayak. Tutta la zona che è legata a Mayak è stata definita come la zona più contaminata del pianeta. Per oltre sei anni, fino al 1951, scorie liquide radioattive di medio e alto livello vennero sistematicamente rilasciate in enormi quantità dalla centrale di Mayak nel fiume Techa, l’unica risorsa idrica per i 24 villaggi che si affacciavano lungo il fiume, esponendo alla contaminazione radioattiva più di centomila abitanti della zona. I quattro villaggi più popolati e più esposti alle radiazioni non sono stati mai evacuati e solo recentemente (dopo 35 anni di silenzio) le autorità hanno svelato i motivi per cui avevano proibito l’accesso al fiume con una rete di filo spinato lungo le sue rive. C’è da dire, inoltre, che nel primo periodo di apertura e avvio dell’impianto, non ci fu un controllo della radioattività nemmeno nelle fasi di produzione stessa. Durante il primo anno, gli operai ricevettero una dose media di radioattività pari a 93.6 reo – tre volte gli standards che furono decisi successivamente e che erano comunque alti, cioè 30 rem per anno. Ora questi standards sono di 5 rem per anno, sebbene negli Stati Uniti vogliono abbassare ancora la soglia a 2 rem all’anno. Nel 1951, la radioattività del fiume Techa raggiunse l’oceano Artico, sebbene il 99% del materiale radioattivo era depositato nei primi 35 km dalla centrale di Mayak. Questa scoperta portò ad un cambiamento nella politica della discarica del materiale radioattivo. Perciò fu proibito l’uso dell’acqua del fiume e dei suoi affluenti per uso umano e alcuni abitanti furono evacuati da quelle zone. Furono costruite dighe e riserve artificiali in modo da evitare che la radioattività fosse portata via dalle zone più contaminate, e gli scarichi dell’impianto furono rilasciati sempre più nel lago Karachai, senza sbocchi diretti nell’oceano, piuttosto che nel fiume. Nel 1957 un serbatoio di sedimenti radioattivi esplose, irradiando di plutonio una regione di 23.000 chilometri quadrati (più o meno quanto la Toscana). Secondo solo a Chernobyl, è stato uno dei più grandi incidenti nucleari della storia. Per motivi militari, la notizia non venne diffusa e solo alcuni villaggi furono evacuati (ma erano già passati oltre dieci giorni) e trasferiti in zone limitrofe comunque a rischio radioattivo. Tutti gli altri furono lasciati all’oscuro del pericolo che stavano vivendo. Dieci anni dopo, avvenne il terzo disastro. Durante un periodo di secca, il lago Karachai si ritirò parzialmente – era l’estate del 1967 – lasciando tutto intorno a se della melma altamente radioattiva che, dopo essersi seccata, fu portata via dal vento. Dal lago si sollevò dunque polvere radioattiva che ricoprì un’area di oltre duemila chilometri quadrati (per fare un confronto, circa la metà della Valle d’Aosta). In termini di radioattività rilasciata durante questi disastri (e per avere un’idea di quanto grandi siano stati) facciamo un confronto con il rilascio di radioattività avvenuto a Chernobyl, o in seguito alla bomba di Hiroshima. Mayak: rilascio totale di radionuclidi nel lago Karachai 20.000.000 Attività della bomba su Hiroshima dopo 12 ore dall’esplosione 5.550.000 Presente attività del lago Karachai 4.400.000 Incidente di Chernobil del 1986 1.850.000 Incidente di Mayak del 1957 740.000 Scarico di sostanze radioattive nel fiume Techa 100.000 Polvere radioattiva sparsa dal lago Karachai nel 1967 22 Oggi la radioattività del lago Karachai è tale che basta un’ora lungo le sue sponde per ricevere una dose letale di radiazioni. Allo stesso modo, il fiume Techa continua ad avere 400 milioni di metri cubi di acqua radioattiva a cielo aperto: un pesce pescato nelle sue acque è 100 volte più radioattivo del normale. Come risultato del deliberato o accidentale rilascio di materiale radioattivo nell’ambiente circostante, coloro che lavorano nell’impianto di Mayak e le popolazioni circostanti sono state esposte ad un totale di radiazioni e di materiale radioattivo davvero incredibile. In molti casi, le dosi ricevute sono confrontabili con quelle ricevute dai superstiti di Hiroshima e Nagasaki. Circa 272.000 persone sono state esposte a radiazioni di alto livello. Le risorse idriche per 124.000 persone sono state contaminate con isotopi radioattivi di alto livello (come plutonio, strozio-90 e cesio-137). Nel 1992, l’Istituto di Biofisica per il ministero della salute in Russia ha compilato un rapporto nel quale ha dichiarato che 28.000 persone sono ”severamente irradiate” dagli scarichi di Mayak, 8015 sono morti in conseguenza dell’esposizione alle radiazioni e 935 soffrono di malattie croniche dovute alle radiazioni. C’è stato un aumento del 78% di malati di leucemia e un aumento di persone che muoiono di cancro – in particolare, cancro del sistema digestivo, pelle, ossa, polmoni. Il 30% dei bambini nasce con difetti e malformazioni genetiche, malattie del sistema nervoso, al cuore. Il 50% degli uomini e delle donne sono sterili. Una o due volte all’anno, gli abitanti di queste aree colpite dalle radiazioni erano chiamati per dei controlli medici nel centro di ricerca degli Urali a Chelyabinsk. Fino agli anni novanta nessuno di loro sapeva i motivi per cui erano chiamati a questi controlli medici. Il governo, invece, sapeva che gli incidenti di Mayak avevano esposto gli abitanti dei villaggi a radiazioni fortemente pericolose e sapevano che ne stavano pagando le conseguenze, ma, invece di informare gli abitanti, metteva al corrente dei dati di cui era in possesso centri di ricerca in Giappone, Stati Uniti, Germania, Francia e Svezia. Se la popolazione fosse stata evacuata immediatamente dalle zone contaminate, forse avrebbero avuto una possibilità di riabilitazione fisica. Ora non ci sono rimedi se non palliativi medici contro le infiammazioni e i dolori, vitamine e fisioterapia – e questa situazione si è ulteriormente aggravata con il collasso dei servizi pubblici nell’epoca post sovietica. Perciò, la regione di Chelyabinsk, con 32 milioni di abitanti, vede oltre 1 milione e mezzo di abitanti colpiti dalle radiazioni. Muslyumovo è uno dei villaggi contaminati già dagli anni in cui il materiale radioattivo veniva direttamente scaricato nel fiume Techa. Il villaggio non fu mai evacuato e la maggior parte dei suoi abitanti ha contratto malattie correlate alle radiazioni. Si trova a circa 40 km da Mayak ed è il villaggio più contaminato del pianeta: l’acqua del fiume è talmente radioattiva che i pesci sono scomparsi… Per altri questo posto è unico per la possibilità di studiare gli effetti delle radiazioni sulla vita umana nel corso di mezzo secolo… Dopo l’incidente di Mayak, gli ufficiali di polizia andarono nel campo dove lavorava Wafir Gusmanov e gli ordinarono di aiutarli a pulire il banco del fiume. Il ponte era rotto e lui guidò il suo trattore tra le acque del fiume varie volte. Dopo, i poliziotti gli bruciarono i vestiti ma non ci fu una decontaminazione né di Wafir né del suo trattore. Wafir Gusmanov ha contratto una malattia alle ossa che le ha rese dure e fragili: può camminare sulle stampelle solo per brevi distanze e deve stare sulla sedia a rotelle quasi tutta la giornata. Anna Fedorova si traferì in un villaggio nei pressi di Mayak proprio nel 1957, pochi mesi prima dell’esplosione al complesso nucleare: è diventata cieca e soffre di diabete, il cui sviluppo è correlato alla radiazione. Le persone che soffrono per la contaminazione non muoiono necessariamente in tempo brevi, però possono trasmettere geni modificati a generazioni future… Di tanti aborti spontanei avvenuti a Muslyumovo, quasi tutti sono feti con grosse anomalie. Non tutti i bambini che nascono sono malati. Molti di loro sono sani, ma tanti altri nascono con handicap fisici o mentali. Arrivati all’età scolare non sono ammessi a causa del loro handicap mentale. Altri sono sottoposti a vari interventi chirurgici per poter usare braccia e gambe, anche se i loro movimenti saranno comunque sempre limitati. C’è anche una discoteca nel villaggio – una sala messa a disposizione dalla comunità, scarna e povera. I giovani vogliono andar via dalla regione a causa dell’inquinamento nucleare, della povertà e dei problemi sociali. Tutti i villaggi della zona di Mayak sono tra i primi posti in Russia per i consumi di stupefacenti; la droga viene addirittura venduta sui posti di lavoro. Il crimine è aumentato a causa della situazione economica disastrosa: una ragazza che aveva avuto la fortuna di trovare un lavoro lontano da Mayak è stata poi derubata e uccisa in casa. Gli abitanti di Muslyumovo ricevono ogni mese una piccola somma come risarcimento danni, ma se lasciano il villaggio perdono anche questo. Anni fa, si era deciso di trasferire il villaggio da un’altra parte ma i fondi necessari per avviare il progetto non si sono mai visti. Le città come Muslyumovo continuano ad essere città chiuse, la gente è destinata a vivere e a morire in luoghi come questi. Anche i divieti di pescare nel fiume Techa o di raccogliere funghi non sono più tenuti in considerazione: le mucche continuano a pascolare, la gente raccoglie funghi e frutta e se li mangia, pur sapendo che sono contaminati. Il governo aveva promesso che la zona sarebbe stata bonificata e che entro 30 anni l’acqua sarebbe stata di nuovo potabile. I 30 anni sono passati e non si è fatto niente. Queste terre verdi e in apparenza normali devono aspettare ancora 240.000 anni prima che passi il pericolo del plutonio, se non si interviene in qualche altro modo prima… I bambini sono tornati a nuotare nelle acque del Techa, come i loro genitori nella loro infanzia. Non si prende più l’acqua per cucinare, come quando gli abitanti del villaggio erano tenuti all’oscuro delle radiazioni, ma anche l’acqua del rubinetto è radioattiva… Anche se molti dei reattori di produzione presenti a Mayak non sono più operativi, Mayak rimane ancora un centro per riprocessare le scorie atomiche provenienti dalle centrali, dai reattori di ricerca, e dalla flotta atomica russa. Il plutonio è separato dal combustibile nucleare spento. Inoltre, Mayak possiede un impianto per il trattamento delle scorie radioattive con immagazzinamento provvisorio e strutture per la produzione di combustibile di Ossido Misto (MOX) e per la vetrificazione di scorie liquide radioattive. Decine di sommergibili nucleari sono abbandonati nelle rade segrete dell’Artico e del Pacifico, trasformati in rottami contaminati che non si sa più come neutralizzare. L’accordo internazionale ha previsto la demolizione di 160 sottomarini atomici con capitali americani e norvegesi, i più esposti alla contaminazione dell’Artico. I lavori vanno però a rilento nel recupero dei reattori nucleari (con una nuova minaccia di contaminazione degli oceani). Una volta estratto il reattore, esso viene messo in un apposito contenitore a prova di radiazioni, il cui carico è trasferito su uno speciale vagone ferroviario che lo trasferirà fino a Mayak in un viaggio lungo 4.000 km che attraversa mezza Russia, dall’Artico agli Urali. Tutto si svolge nel massimo segreto. Il riciclaggio e la riconversione delle scorie radioattive sono operazioni estremamente costose che i russi non sono in grado di sostenere. Presumibilmente, a Mayak c’è un crescente accumulo di scorie non trattate. A Mayak è in costruzione un deposito dove verranno conservate 50 tonnellate di plutonio, estratto dalle testate nucleari russe. La costruzione del deposito è finanziata dagli Stati Uniti, ma non si conosce né la data di ultimazione né quella di entrata in funzione. Nel lago Karachai si sta cercando di calare sul fondo blocchi di cemento per evitare che il vento risollevi la polvere contaminata nei periodi di secca. Se il materiale radioattivo presente nell’acqua del lago Karachai raggiungesse il sistema idrico del fiume Irtysh, la contaminazione potrebbe raggiungere anche l’oceano Artico. Il pennacchio di inquinante si sta muovendo dal lago verso il sistema dell’Irtysh ad una velocità di 80 metri all’anno… La minaccia di una nuova catastrofe per i cittadini della regione di Mayak, si è prospettata nel 2001, quando il ministero dell’Industria Atomica (MINATOM) della Russia ha offerto la centrale di Mayak come luogo di scarico di scorie e rifiuti radioattivi provenienti da potenziali clienti come Germania, Gran Bretagna, Svizzera, Spagna, Giappone, Corea del Sud, Taiwan – con la prospettiva di ricevere 20 milioni di tonnellate di combustibile nucleare esaurito, per un totale di 20 miliardi di dollari. A fine maggio del 2002, questi piani per il trasporto, l’immagazzinamento e il riprocessamento del combustibile nucleare esaurito provenienti da paesi stranieri sono stati respinti dal corpo regolatore della Russia per la sicurezza nucleare. Come si legge nella lettera scritta in data 25 maggio 2002, le ragioni sono le seguenti: le possibilità tecniche che dovrebbero garantire l’appropriata amministrazione delle scorie radioattive in accordo con le richieste normative e legislative approvate nel campo dell’uso dell’energia nucleare, della sicurezza radioattiva per la popolazione e per la protezione dell’ambiente sono assenti. Manca il necessario equipaggiamento per il trattamento e la vetrificazione delle scorie radioattive (gli esperimenti effettuati nella fornace di vetrificazione sono insoddisfacenti). Tutto ciò rappresenta una conferma dell’impossibilità di accettare il combustibile nucleare spento dai paesi stranieri per il loro riprocessamento, senza una modernizzazione generale dell’impianto di Mayak. C’è pure una puntata di report sul nucleare che si interessa alla questione.
Vi lascio con queste parole,dette da una insegnante di un paesino vicino alla centrale:
“Nessuno sa niente di noi, C’è stato Chernobyl, ma lì è Europa. Le radiazioni raggiunsero l’Europa, e tutto il mondo fu messo in subbuglio. Ma noi, qui nelle foreste sconosciute della Russia? Nessuno sa niente di noi, nessuno, nel mondo, si interessa del destino che ha chiuso le nostre vite in questo luogo.”Farida Shaimardanova, insegnante di Muslyumovo.
CHACCAPS
( utente del forum viaggiatorindipendenti.it )
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