La Romania nasconde al suo interno numerose zone geografiche che la rendono abbastanza interessante. Dopo la città socialista di Bucuresti, la sua capitale, e dopo la sua rinomata costa bagnata dal mar Nero, questa volta tocca rendersi conto di persona di che aria tira dalla parti della Transilvania.
Per l’occasione, dopo un po’ di tempo a questa parte in cui avevo preso l’abitudine a viaggiare in compagnia, sento che ho bisogno di una sana gita in solitaria. Alla scoperta di luoghi, night life e persone in totale solitudine. Tanto, quando si intraprende un viaggio da soli, alla resa dei conti, non ci si resta mai in questa condizione.
VENERDì 4 DICEMBRE: CLUJ-NAPOCA.
Il mio treno che mi porterà diritto all’aeroporto di Fiumicino è fissato per le 14:49. Alla 14 in punto sgommo dall’ufficio e mi imbarco per Roma. Tutto questo nei miei piani originari. Alle 13:50 vengo convocato dai Padroni con tutta urgenza. Numerose cazzate all’ordine del giorno di cui si potrebbe serenamente discuterne in un momento diverso. Il tempo stringe e noncurante del summit in corso, abbandono l’aula e sgommo verso l’uscita della MegaDitta. Sono le 14:15, non riuscirò mai a raggiungere la stazione ferroviaria ed aggrapparmi al treno in partenza. La Cappa negativa non è contenta, fuori piove a dirotto, il traffico è impazzito ed io sono a piedi. All’improvviso, una receptionist dell’entrata, mossa a compassione, mi corre in aiuto offrendomi un passaggio in auto. I minuti scorrono via inesorabili, le gocce di pioggia sono sempre più irruente, le auto sono bloccate sui viali. Perdo la speranza di riuscire a partire. Ma no. Forse c’è una soluzione. Tentar non nuoce.
Il capotreno fischia ed io sono salito sul treno giusto qualche secondo prima. Ci sono riuscito. Si parte.
Il viaggio fino a Roma completamente in piedi, vista l’alta affluenza di pubblico viaggiante per il week end di festa, prosegue senza esser degno di nota. Come del resto quello verso l’aeroporto di Fiumicino, asserragliato in un vagone con centinaia di persone cariche di bagagli di ogni sorta. Non ho molto tempo a disposizione, di conseguenza, mi concedo un giro nel terminal sbagliato. Riuscito finalmente a ragguagliarmi sulla zona dell’aeroporto da dover raggiungere, opto per la fila del check in più consona ai miei gusti. Scelta non proprio azzeccata. Tra bagagli clamorosi, incomprensioni, discussioni varie la mia fila è ferma ed effettuo il check in tra gli ultimi. Mi affretto ai controlli.
La scena che si presenta davanti a me è biblica. Centinaia di persone in fila ad attendere il proprio turno che non arriva mai. Non potrò mai arrivare al mio gate in tempo per salire sull’aereo. Già odo il mio nome diffondersi dagli altoparlanti e perdersi nelle varie ali dell’aerostazione.
Contro ogni aspettativa, supero i controlli giusto all’orario di imbarco stabilito. Saetto verso il gate e…tutti sono già in fila ma…il gate è ancora chiuso. Contrordine. Il gate è spostato. Sgomitiamo verso il nuovo gate. Guadagno qualche posizione nella fila. Sulla pista si ode la sirena di un’ambulanza. Dopo trenta minuti di attesa, tutti rigorosamente in fila, l’ambulanza ripassa ed il gate finalmente apre.
Si salpa. Transilvania sto arrivando.
Attracchiamo a Cluj-Napoca, distinta cittadina piena di storia e dotata di una certa fama in ambito universitario.
Due italiani litigano per chi dei due avrebbe dovuto stampare l’indirizzo dell’hotel già prenotato. Dove si recheranno ora?
E’ notte, è la prima volta che metto piede in questo posto, non ci sono più collegamenti per la città. Non posso far altro che notare la similitudine della situazione attuale con quella in cui, a Sofija tempo fa, fui epicamente fregato da un tassista. Rifletto e convengo con me stesso che l’unica soluzione è aggregarsi a qualcuno e rischiare la fregatura in compagnia. Capto altri due giovanotti italiani e gli chiedo compagnia. Vengo accettato nel gruppo ed insieme noleggiamo un taxi per la città.
Durante il tragitto, i giovanotti, si informano su elementi salienti della società di Cluj: il costo a metro quadro di appartamenti e fondi commerciali, dove acquistare un orologio e soprattutto un pantalone ed una camicia.
Avendo prenotato un ostello dall’Italia, mi faccio scaricare in pieno centro, ad un semaforo. I giovanotti italici, gentilmente, mi offrono il costo del taxi, abbonandomi la mia parte di 10 euro diviso tre.
Come a Kosice anni fa, mi dirigo all’ostello senza difficoltà alcuna. Giusto ricapitolando dove mi trovo e basandomi sulla memoria visiva della mappa stradale studiata in Italia.
L’ostello è ubicato in una stradina buia ma dall’atmosfera accattivante. Il tempo di pettinarmi velocemente e sono subito in strada.
Il venerdi sera di Cluj mi attende. Il centro città si presenta subito sfarzoso, ingabbiato nelle sue scintillanti luci di Natale. Abeti illuminati, luminarie per le strade, il presepe in piata Unirii, la pista di pattinaggio artificiale, tutto ci catapulta all’imminente festività: Sarbatori fericite ! Buon Natale !
Nonostante sia trascorsa la mezzanotte, c’è un discreto movimento per le strade. Sono stanco per la giornata appena trascorsa tra lavoro e viaggio ma non posso perdermi il venerdì sera di Cluj ed almeno una birra locale deve transitare nel mio gargarozzo.
In poche città d’Europa, i locali notturni sono così manifesti come a Cluj.
La città è viva e lo si ode subito dalla possente musica che fuoriesce da numerosi scantinati adibiti a locali. Sembra che in città ci sia la filodiffusione. In realtà è solo un discreto numero di discobar da cui promana accattivante musica.
Ho l’imbarazzo della scelta. Il solito metronotte, nottambulo inguaribile, mi spinge con i suoi saggi consigli verso una zona altamente frequentata.
Dove entrare e trascorrere la serata?
Non riesco neanche a rispondermi che in mio soccorso giunge un’apparizione divina.
Come faccio a non entrare in questo locale, considerato il gruppetto di davvero simpatiche giovinette appena entratovi?
Mi lascio sopraffare dalle emozioni forti e faccio anche io il mio ingresso. Per circa 5 euro sono titolare di un ticket d’ingresso, comprensivo di due bevute, ad una serata universitaria.
La situazione dentro è calda. Mo non si arriva al punto di ebollizione sperato. Almeno per me. Mi gusto in lacrime le mie due birre locali, con sguardo affranto verso la pista ed i divani. Purtroppo non ho ancora i novanta minuti nelle gambe. D’altronde provengo da un brutto infortunio.
I miei timidi assaggi con la palla al piede non danno gli esiti sperati. Ma sono fiducioso per il futuro. Per trovare la condizione, l’importante è giocare. Scoccate le tre, ora illegale del maestro Canello, chiedo il cambio ed esco dal rettangolo di gioco.
Provo a dirigermi verso l’ostello ma mi conosco. Nel buio della notte, soprattutto in luoghi ancora sconosciuti, mi piace inoltrarmi e camminare senza meta alla ricerca di niente, di volgarità, di emozioni. Mi inoltro senza pensare, indotto giusto dall’istinto.
Le mie gambe premono per intraprendere la via dell’ostello, la mia mente, invece, vuole scoprire gli angoli di Cluj in notturna.
E’ una strenua battaglia. Solo dopo un lasso di tempo estremo, viene firmato l’armistizio e mi butto nel letto a me riservato.
SABATO 5 DICEMBRE: CLUJ-NAPOCA.
La mattina decido, per questa volta, di prendermela comoda. Ripulitomi ben bene dal forte odore di fumo incastonatomi addosso la sera precedente nel locale da me frequentato, visto che a differenza dell’Italia qui non vige il divieto di fumare nei luoghi pubblici, sono pronto per dedicarmi alla visita di Cluj in diurna.
Il mio tour inizia da piata Unirii, la piazza principale della città, dove sorge la cattedrale cattolica di San Michele che con la sua altezza sovrasta la città ed è possibile riconoscerla da lontano. In piazza fa bella mostra di sé la statua dedicata a Mattia Corvino, eroe nazionale romeno ed ungherese al tempo stesso.
Meglio conosciuto come Matya Hunyadi, fu re d’Ungheria e con le sue armate instaurò un grande impero nell’Europa centro – orientale. Tra ungheresi e romeni è in corso ancora oggi la diatriba circa l’effettiva nazionalità dell’eroe che nacque a Cluj.
Ma Cluj all’epoca era romena o ungherese?
Uno degli effetti di questa secolare diatriba lo si può notare dall’enorme impalcatura che circonda, e di fatto nasconde, la statua eretta in piata Unirii in suo onore. A causa di scontri amministrativi tra le due comunità, romene ed ungheresi, presenti in città, i lavori di restauro sono fermi da anni. Mattia Corvino può essere assunto a simbolo della “lotta” tra le due comunità. Cluj, infatti, come tutta la zona della Romania confinante con l’Ungheria comprendente Oradea, Arad e Timisoara, presenta una fortissima presenza di popolazione di chiara origine ungherese.
La comunità ungherese non è affatto una minoranza ma è proprio una presenza integrante. Molti nomi e cognomi sono ungheresi, è facile ascoltare conversazioni in lingua magiara per strada, molte iscrizioni sono redatte direttamente in ungherese senza neanche il beneficio della doppia lingua, in alcune chiese addirittura la visita e le offerte sono accettate in Fiorini in luogo del Leu, moneta vigente in Romania.
Anche l’architettura della città risente di questa forte influenza. Cluj è lontanissima dall’esser costruita su canoni socialisti come invece è per la sua capitale Bucuresti. Sembra davvero, a volte, di trovarsi in Ungheria. Ed anche per questi contrasti, girovagare per la città risulta piacevole.
In piata Unirii, come da me già visto la sera precedente, in occasione delle celebrazioni natalizie è stato installato un palco per concerti, un luminoso albero di Natale, un presepe semivivente viste le due pecore giacenti ed una grande pista di pattinaggio per dare sfogo ai più giovani. Vista la non bassissima temperatura le fontane danzanti sono ancora aperte e sono frutto di svago per la generazione nata da poco.
La mia visita continua attraverso il rinnovato centro pedonale verso lo scintillante Teatro Nazionale ed Opera Rumena che presenta come dirimpettaia la cattedrale ortodossa, segno di convivenza tra le due diverse comunità cristiane.
La cattedrale si staglia imponente con le sue cupole e sovrasta la statua di Avram Iancu, noto uomo politico transilvano.
Continuo verso la Torre di Tailors, ultima testimonianza dell’epoca medioevale della città, rendo omaggio alla statua di Baba Novac, eroe impalato, come da usanza dei tempi da queste parti, a seguito della sua sconfitta.
A questo punto, ricevo una telefonata. E’ Dorin, un giovane ragazzo da me precedentemente contattato, che mi invita a pranzo con lui nella mensa universitaria. Accetto di buon grado l’invito e mi reco sul luogo dell’appuntamento concordato. Anche Dorin, seppur giovane, è un amante di viaggi e mostra una certa esperienza a riguardo come un’ottima padronanza della lingua italiana.
Ci inoltriamo per una delle zone universitarie della città, costituita da edifici adibiti a dormitori e a sezioni di facoltà immerse in un parco semi collinare. Il pasto alla mensa risulta ottimo e con 1,80 euro soddisfiamo i nostri appetiti culinari. La conversazione con Dorin incalza e ci raccontiamo alcune delle nostre esperienze oltre al fatto che, da lui, apprendo particolari interessanti su Cluj e la Romania.
Oggi è San Nicola, festa ortodossa ma in pratica celebrata anche dai cattolici. Per questo Dorin è indaffarato ad acquistare regali per l’occasione e deve abbandonarmi al mio destino. Non prima di avermi spiegato che i numerosi ambulanti agli angoli delle strade vendono un oggetto tipico di questo giorno di San Nicola: una specie di bacchetta costellata da fili argentati che si usa regalare per la festa.
La mia visita della città prosegue in solitaria.
Ricomincio dalla chiesa riformata, unico esempio di navata unica di stile gotico in Europa orientale. Osservo la statua di San Giorgio che uccide il Drago, un classico da queste parti d’Europa; sfilo sotto l’imponente sede dell’Università; mi inoltro nei vicoli caratteristici della Cluj vecchia. Seppur costituita da qualche piccola stradina in pietra, sembra di essere catapultati in un piccolo paesino. L’atmosfera è davvero piacevole e non mi resta che soffermarmi un pò ad osservare la piazzetta principale del vecchio centro storico. Mi sembra di esser tornato indietro negli anni.
Nelle vicinanze sorge la casa natale di Mattia Corvino, con doppia insegna, in romeno ed in ungherese, che ne garantisce l’autenticità.
Mi imbatto nei giovanotti italiani con i quali la sera prima ho condiviso il taxi dall’aereoporto. Sono entusiasti della night life di Cluj che trovano altamente economica. Ieri sera hanno speso solo 100 euro a testa in una discoteca vip. In Italia ce ne sarebbero voluti almeno 300 di euro. Concordo.
Pensando alla mia esigua spesa di 5 euro in un locale universitario.
Ho ancora un po’ di tempo a disposizione e decido di inoltrarmi su per la collina sud della città, verso il giardino botanico. La salita mi fa arrancare ma ho la possibilità di scorgere una zona di Cluj diversa. Villette in stile austro-ungarico si susseguono una dietro l’altra, interrotte da alcuni villini più moderni adibiti a cliniche e dal grande giardino botanico in cui decido di non entrare. Salgo sempre di più alla ricerca di un qualcosa che non conosco neanche io, finchè capto alcune voci insistenti e…mi faccio forza.
Ridiscendo dalla collina e mi immetto in una strada dove un gatto nero mi attraversa inesorabile davanti, mi tocco ma intuisco che sono sulla strada giusta. Continuo, senza mai chiudere il contatto con i gioielli di famiglia per sicurezza, e mi imbatto in una serie continua di botteghe funerarie con tanto di corone mortuarie esposte per strada e furgoncini adibiti al trasporto defunti parcheggiati in bella vista.
Per uno altamente superstizioso come me è da farsi venire l’orticaria tutto questo ma…oramai è deciso e devo prendere il toro per le corna.
Tra fiori nefasti, carrozzoni tristemente grigi ed un’aria tenebrosa data dalla sottile nebbia delle prime luci dell’oscurità, mi fiondo diretto nel…cimitero. Sono impazzito forse? Vado a visitare il cimitero ora?
A parte il fatto che da sempre alcuni cimiteri penso che presentino un macabro fascino per via di architettura e storia che promanano, questo di Cluj, mi è stato vivamente consigliato da un viandante sulle colline per via di alcuni spunti interessanti.
Vincendo la mia superstiziosa riottosità mi inoltro sotto lo sguardo interrogativo del custode che saluto educatamente. Mi inoltro su per un viale ma a parte lo stile del tutto differente e molto più autentico dei nostri cimiteri trovo ben pochi spunti degni di interesse.
Forse sono stato vittima di uno scherzo di pessimo gusto da parte del viandante o forse ho sbagliato io area del camposanto.
Condizionato dalla mia superstizione e dall’inusuale luogo scelto per una passeggiata, e seguìto con lo sguardo dal sorpreso custode, decido che la mia romantica visita possa terminare qui e mi dirigo verso il mio ostello, distante in realtà pochi passi in linea d’aria dal luogo di sepoltura.
E’ scoccata, infatti, l’ora di rientrare in ostello per sciacquarsi e pettinarsi in vista della vibrante night life che di sicuro mi attende, in compagnia di Sun Semper Chi ed il suo amico, che agenzie stampa danno in imminente arrivo in città.
L’ostello è una bolgia. Emana italiani da tutti i pori, li scovo anche in angoli nascosti, nei cessi, nelle docce, nello sgabuzzino per i bagagli. L’ostello è totalmente nelle loro mani, avendolo occupato per quasi l’intero parco letti a disposizione. Tranne uno. Il mio.
Trentatre italiani misti da Pompei, è questa la tragica scoperta che faccio interrogando il gentile receptionist. Altro che gatti neri e cimiteri. E’ questa la vera Cappa negativa in cui mi imbatto.
Rintanato nel mio piccolo spazio concessomi, ascolto i discorsi più disparati quali l’equazione “ostello – caserma”, la discussione sul menu della colazione del mattino seguente, litigi inenarrabili sull’utilizzo dei cessi.
Quando capto la seguente affermazione: “ Stasera andiamo all’Insomnia. Si prevede una serata scoppiettante!”, mi verrebbe da rispondergli: “Ma quale serata scoppiettante all’Insomnia se solo voi siete già 33 italiani? La stessa serata scoppiettante la potreste vivere anche a Somma Vesuviana.”
Riuscito a pettinarmi, nonostante la confusione regnante, fuoriesco e mi reco all’appuntamento con Sun Semper Chi e l’amico, oramai noto come Poeta. Atterrati nel pomeriggio a Timisoara, noleggiata un’auto, giunti a Cluj in tempo per la serata.
La caratteristica è che noi tre riusciamo ad incontrarci sempre all’estero ma mai in Italia. Dalla Polonia alla Romania sono sempre comunque piacevoli serate.
Per prima cosa, optiamo per una decisa masticata e ci inoltriamo alla ricerca di una bettola in cui rimpinzare i nostri stomaci. Dopo alcuni tentativi andati a vuoto, in una stradina deserta troviamo il locale che fa per noi. Annaffiamo il tutto con ottima birra locale e per circa 5 euro a testa usciamo dalla stamberga satolli.
C’è l’imbarazzo della scelta circa il locale in cui trascorrere la notte. Il solito metronotte, nottambulo inguaribile, ci viene come al solito in soccorso.
Ed anche questa volta ci suggerisce un’ottima location. Al solito prezzo di 5 euro con due bevute, alla faccia dei due italiani vip, discendiamo le scale e ci incuneiamo in un nebuloso sotterraneo affollato. Inevitabilmente fuoriescono dalla mia bocca esaltati ululati di giubilo che non si ravvisavano più forse dalla gita a Sarajevo. La commozione è tanta ed avverto quasi un malore. Come un cretino da solo rido e mi lamento. Con Sun Semper Chi ed il Poeta ci sosteniamo a vicenda.
Il locale è il classico sotterraneo in pietra come piace a noi frequentatori dell’Europa centro-orientale, altamente ben frequentato, con musica accattivante ed un atmosfera che in Italia non si riesce a provare. La serata promette e, vista la situazione, non posso non rispolverare fuori la famosa tecnica abbordatoria dell’”italiano minchione” che tanti lustri mi ha regalato in passato. L’ultima volta credo la misi in scena a Budapest circa due anni fa. Purtroppo però, assonanze linguistiche dell’italiano con il rumeno fanno sì che la famosa tecnica si perda nel nulla.
Non è assolutamente perso il Poeta, invece, che tra una Silva, la famosa birra locale, e l’altra inizia a conoscere tutto il locale, senza distinzione alcuna tra gentili donzelle e maschioni barbuti.
Sun Semper Chi è in trincea in pista e mantiene le posizioni.
La Romania però, dopo le esperienze di Bucuresti, Constanta ed ora di Cluj, si presenta bella ma evanescente.
Ma poco importa. La cosa essenziale è vivere la serata e divertirsi come non mi accade più da tempo in Italia. Avrò problemi psicologici forse ma l’atmosfera che si respira in alcuni luoghi all’estero, indipendentemente dalla bellezza delle ragazze, è amichevole e gioviale: irresistibile.
Intorno le 5:00, scattano inesorabili i tanto attesi saldi.
Sun Semper Chi mi consiglia:” Buttiamoci sui cessi”; “A trovarne, di cessi”, gli rispondo.
Terminati anche i saldi, dove non siamo riusciti ad acquistare neanche un capo di pessima fattura, decido di abbandonare le ostilità.
I fumi dell’alcool mi annebbiano il cervello. Sulle scale converso in italiano con una gentile donzella che all’improvviso monta in taxi e sparisce dalla mia vista.
Sono per strada, da solo, bevuto e non ricordo assolutamente dove mi trovo.
Ah! Forse sono a Cluj. Ma in che zona?
Chiedo aiuto ad un gruppo di giovani lì presenti. Chiedo indicazioni per piata Unirii, da lì poi, spero, mi orienterò per l’ostello.
Si mettono a ridere e a prendermi vistosamente per il culo in rumeno.
Piata Unirii è lì a circa venti metri.
Con andatura mesta, rientro in ostello dove i miei trentatre amici pompeiani stanno già ronfando da ore.
DOMENICA 6 DICEMBRE: CLUJ.
Viste le condizioni fisiche in cui mi trovo e soprattutto quelle ambientali, poiché la carica dei trentatre stabilisce di alzarsi alla buon’ora in quanto hanno in programma una gita fuori porta, dormo per tutta la mattina.
Giusto per l’ora di pranzo, mi accomodo, mi pettino ed esco per masticare qualcosa.
Della coppia Poeta – Sun Semper Chi non si hanno ancora notizie.
Ne approfitto per inoltrarmi verso una zona di Cluj che ancora non ho toccato. Passo il monumento ai caduti con l’onnipresente fiamma, guado il fiume Somesul mic e mi incammino per un lungo vialone che tanto mi ricorda la città ungherese di Szeged. Viro a sinistra e mi inerpico per la collina da cui si gode una buona vista sulla città. Un’enorme croce veglia dall’alto Cluj.
Sembra di trovarmi in aperta campagna e naturalmente mi infilo nel boschetto. Una sorta di piccolo villaggio di campagna ottocentesco mi accoglie con casette sotto cui passano dei tunnel e dove vegetazione ed incuria avvolgono il tutto. Non è la volgarità cercata ma di sicuro è un qualcosa che gli si avvicina.
Rotolo di nuovo giù e proseguo la camminata sullo stradone. In prossimità della Sinagoga, mi contattano i miei due compagni di avventura e ci diamo appuntamento.
Dopo poco ci dividiamo nuovamente, in quanto loro vogliono visitare la città non avendone avuta grossa opportunità ed io voglio proseguire con la scoperta di zone nuove.
Giungo alla stazione ferroviaria in cerca di volgarità. Resto altamente deluso. Come ci restai anni fa in quella di Bucuresti. La Romania, che tutti giudicano trasandata e piena di volgarità, delude altamente sotto questo aspetto. Almeno in base alla mia esperienza.
Continuo verso un vialone che porta diritto in periferia ma non noto niente di particolarmente esaltante.
I famosi zingari ed i temuti, dai più, cani randagi a Cluj non se ne vedono. Forse è il posto in cui davvero non ne ho visto proprio.
Mi soffermo su una panchina di piata Unirii ad osservare la popolazione nella sua vita di ogni giorno, della domenica sera. Famiglie con bambini festanti, anziani signori che passeggiano, traffico stranamente impazzito. Voglio catturare i minimi dettagli della vita locale.
Rientro in ostello per una pettinata veloce. Dei famigerati trentatre neanche l’ombra.
Mi reco all’appuntamento, sotto l’albero di Natale, col sottofondo di un coretto stonato di bambini sul palco approntato in piata Unirii.
Sun Semper Chi ed il Poeta ci sono. Arriva anche una giovane locale, contattata precedentemente.
Dopo i convenevoli di rito ed un veloce giro, ci rechiamo all’Insomnia, il locale più famoso di tutta Pompei. I trentatre per fortuna hanno già dato la sera prima. Ci accomodiamo in una sorta di saletta privata, sede usuale di mostre ed esibizioni artistiche. Mastichiamo una discreta cena, ottimamente annaffiata, servitaci da una gentile cameriera che parla un ottimo romeno con accento ungherese. Mi assicuro della bontà della mia intuizione. I discorsi con la nostra accompagnatrice spaziano dalla politica, alla cultura, alle tradizioni, ai tempi di Ceausescu, alle stronzate.
Ci accomiatiamo dalla nostra amica e ci rechiamo in un altro pub per terminare la nostra serata. Nonostante sia domenica sera il locale è pieno e ben frequentato. Non è adatto alla conoscenza ma trascorriamo lo stesso il tempo in allegria considerato il fatto che, secondo tradizione oramai consolidata, noi tre ci rivedremo di nuovo all’estero la prossima volta.
Ci diamo appuntamento alla mattina seguente, quando ci recheremo insieme a Timisoara.
In ostello, dei trentatre, neanche la minima traccia.
LUNEDI 7 DICEMBRE: TIMISOARA.
Nella notte, i trentatre pompeiani, rientrano a scaglioni, chi più chi meno ubriachi ma tutti con un unico comun denominatore: creare la confusione più possibile. Noncurante di queste vessazioni, riesco in qualche modo a dormire, pronto a svegliarmi per l’ora stabilita e recarmi all’appuntamento con i mie due compari.
Con l’auto presa a noleggio dai due ci imbarchiamo in viaggio verso Timisoara, la seconda città più famosa della Romania dopo la capitale. La distanza tra le due città è di circa 300 chilometri ma viste le condizioni delle strade ci metteremo più di cinque ore per coprire la tratta. All’andata il duo milanese, passò da Huneodara, una delle cinque città-fungo socialiste per eccellenza, questa volta, al ritorno, vogliono provare con me l’esperienza di attraversare le città di Oradea e Arad.
L’attraversamento della campagna romena risulta del tutto soddisfacente. Le strade provinciali non sono veloci e più che costellate di buche, risultano intasate da qualche camion, trattore o veicolo lento. Ogni tanto si incrocia un carretto trainato da cavalli, qualche cane randagio, si attraversano piccoli centri abitati. Le costruzioni sono basse e del tutto simili a quelle viste nel Caucaso, a volte cambiano e si vedono costruzioni più moderne, i tubi del gas, anche qui, sono esterni e a volte lunghi chilometri, pastori con i loro greggi si notano nei campi circostanti, i classici centri che vendono ricambi per auto e soprattutto i famigerati autolavaggi, vera fissazione in Albania e Kosovo, costeggiano la strada.
Transitiamo per Oradea, facendocene un’idea veloce. Il centro è interessante ma al di fuori vige la volgarità.
La stessa che pervade Arad, la seconda città in cui transitiamo e nella cui periferia optiamo per concederci una sosta masticatoria.
Cerchiamo un qualcosa che possa soddisfare i nostri fini palati e girovaghiamo alla ricerca. La soffiata giusta ci viene offerta in una stazione di servizio in periferia. L’imboccata ci porta nelle adiacenze del benzinaro stesso, diretti da Dorian “food, drink & more…”.
Quel “more” ci convince, unitamente al fatto che la bassa costruzione seminascosta dove è ubicato Dorian, è colorata di un disgustoso bordeaux addobbato con luci natalizie. Dall’esterno non si nota niente al suo interno e sembra quasi di trovarci dinanzi ad un bordello.
La porta di fronte a noi si apre e, come nel famoso Ippopotamo di fantozziana memoria, Il vecchio cuoco, il baffuto cammarero, a metà tra un attore porno ungherese ed il dottor Tomas di Vieni Avanti Cretino, e l’avvenente e giovane cammarera si muovono all’unisono per dare una parvenza di attività all’interno del locale.
Ci aprono una porta scorrevole e ci fanno accomodare in una saletta con i tavoli già addobbati di tutto punto: stoviglie pseudo eleganti, tovaglioli pseudo raffinati, calici di cristallo della Valle del Giovenco e centro tavola natalizi con a soggetto natura morta confezionati con attenta cura manuale dalla nonna dell’attore porno.
Per iniziare il pasto, ci viene servito il caffè dall’avvenente e simpatica cammarera. Che, ci chiude in sala ed esce di scena ed avremo contatti umani esclusivamente con il dottor Tomas.
Dorian, si pensa, organizza anche il cenone di Capodanno lì nel suo locale nascosta alla periferia di Arad tra un benzinaro ed un venditore di autoricambi.
Il Poeta è quasi convinto di organizzare qui il suo veglione.
Provati dall’esperienza, proseguiamo per Timisoara.
Giungiamo in città nel primo pomeriggio e sfruttiamo l’auto per effettuare alcuni tentativi a vuoto alla ricerca di una accomodazione notturna. Come ultima spiaggia, ci viene in aiuto l’ufficio informazioni turistiche che ci riserva una stanza per tre in una sorta di edificio scolastico in pieno centro.
Il bidello ci avvisa cortesemente con eloquenti gesti che la carta per il culo è compresa nelle circa nove euro a testa che costa la stanza con cesso in camera.
Preso possesso della stanza, sempre in auto ci rechiamo in aeroporto dove bisogna consegnare il mezzo.
Rientriamo in città con il bus cittadino che collega l’aeroporto. Acquistare il biglietto è un enigma, nessuno nell’aerostazione e neanche l’autista sanno di cosa stiamo parlando. Optiamo per il metodo “alla cosentina”.
Sul bus notiamo una sfilza di personaggi, uomini e donne, su cui esprimiamo tutta una serie di giudizi. Prima di scendere dal mezzo, uno di questi, ci apostrofa in italiano corretto.
E’ la nostra unica sera a Timisoara e siamo desiderosi di girarne almeno il centro. Piata Victoriei, piata Liberta, Piata Unirii, le principali piazze cittadine ci accolgono in maniera benevola. Lo stesso fanno l’opera Romena, la cattedrale ortodossa, quella serba, la sede del mercato centrale, l’immancabile statua della Lupa.
Anche qui c’è l’atmosfera natalizia di Cluj e luci, alberi illuminati, presepi ed un mercato natalizio sono presenti e rendono la zona viva ed affollata.
Ci inoltriamo per le stradine del centro, con la scusa di cercare un posto adeguato alla masticazione e soprattutto un locale in cui sorseggiare le ultime birre rumene di questa vacanza. Rispetto a Cluj, forse notiamo un po’ di trasandatezza in più ma il centro città risulta comunque piacevole.
Dopo aver giro vagato abbastanza, masticato discretamente, tracannato avidamente, l’arbitro fischia la fine della serata, siamo di lunedì e non c’è niente in giro, il tutto confermato anche dal solito metronotte, nottambulo inguaribile.
MARTEDI 8 DICEMBRE: RIENTRO IN ITALIA.
In orario altamente antelucano, Sun Semper Chi ed il Poeta, abbandonano la scuola e si dirigono all’aeroporto visto che il loro volo per Milano è abbastanza presto.
Io mi alzo con più calma e col solito bus mi reco anch’io all’aeroporto. Nonostante una vaga ricerca, anche oggi l’acquisto del biglietto risulta tabù. Effettuo il viaggio “alla cosentina” con una sorpresa: quasi tutti gli strani personaggi incontrati sullo stesso bus la sera prima, salgono anche ora. E’ quasi tutta gente che lavora in zona aerostazione. Tra di essi c’è anche una graziosa giovinetta dai modi gentili ed educati che non smette di guardarmi e di lanciarmi segnali. Come Mario in chiesa, le faccio capire che ho capito, ed attendo la discesa per agganciarla.
Non faccio in tempo a scambiare due parole che deve scappare al lavoro poiché in ritardo.
Nooo! Che disdetta! E scopro anche che lavora alla Carpatair…
Attendo il mio volo adombrato nel cuore, c’erano tutti presupposti per una storia lunga e duratura.
Al gate, non mi perdo d’animo e con un’astuta mossa, aggancio una giovinetta, simpatica anch’essa ma non ai livelli di miss Carpatair.
Con tecniche sopraffine, rispolverate da anni di inattività, effettuo il viaggio in suo compagnia tra risate e cazzate (da parte mia ovviamente), non contento, all’arrivo a Fiumicino, la seguo al recupero bagagli, perdo del tempo e quando giunge il momento del commiato… scappa salutandomi frettolosamente. Vivo due drammi in poche ore. E’ troppo per decidere di non tornare in Romania al più presto.
Nellla terra bistrattata e trasandata dai più, bella ed evanescente per pochi.
LUCA PINGITORE
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