Bielorussia : Percezioni di un viaggio dai molteplici volti
Inviato: 17/01/2009, 1:30
La Bielorussia ( percezioni confuse di un viaggio dai molteplici volti )
Quello che resta ora di questo viaggio sono le centinaia di fotografie scattate.
Ci sono poi altre fotografie quelle che non si è avuto la prontezza o la voglia di scattare, quelle resteranno per sempre solamente a livello di visioni incollate alla tua retina e saranno fuori dalla portata di tutti ma solo puro godimento personale nell’ ambito del ricordo.
Una sorta di premio per aver partecipato all‘esperienza del viaggio, per essere sceso in campo.
A pensarci bene a volte quello che non ti fa scattare fotografie è la consapevolezza che la realtà non è riproducibile , manca la spazialità , il freddo sulle mani , gli odori , manca il contesto.
Già si fa fatica su carta a riempire fogli di parole per cercare di rendere solo un millesimo di quel piacevolissimo brivido che da la realtà figuriamoci fotografarla.
Talvolta è solo questione di pudore e rispetto, la vecchina che vende al freddo mele, prelevate da un sacchetto di plastica, davanti alla metro Kontraktova a Kiev possiede una sua esistenza indipendente dal fatto che la fotografi o meno, come un animale allo zoo o come testimonianza di un mondo che da noi non esiste più , ma che alla fine è il nostro mondo quello di un Italia contadina quella dei nostri nonni.
Restano le parole, a volte convinte, a volte smozzicate, in russo , inglese, spagnolo ,italiano, a seconda dell’ interlocutore , tutto così veloce come sempre , i nomi delle persone e le loro parole si sovrappongono e si ammonticchiano come scontrini nella bacheca della tua mente.
Le frasi si intrecciano e a volte non ricordi più chi ha detto cosa, rimpiangi di non aver detto quelle parole o di aver fatto quelle domande che ora ti sono ben chiare, ma al momento le parole ti son rimaste incollate alla lingua.
A volte stramaledici il fatto di non sapere la lingua del posto che stai visitando, ti senti sperduto, indifeso come un bambino e se talvolta la cosa ti rende particolarmente ricettivo ed è estremamente eccitante , spesso e malvolentieri ti priva dei piaceri della comunicazione, ti preclude qualcosa.
Ma in fondo sei lo straniero atipico venuto a vedere con i tuoi occhi ciò che non sai ancora, a verificare le letture, le dicerie, a cercare di capire, e questa prima volta non potrà essere che così, se e quando tornerai sarà già un’ altra cosa.
L’ effetto lost in traslations che sebbene sia marginale in un discorso generale o in un clima di euforia o di festa diventa essenziale quando si tratta di parlare di sentimenti nudi , di quello che provi o per arrivare a far capire anche una libra del tuo cosmo personale.
Tutto svanito, ormai, partendo dal dinosauro staliniano accanto alla stazione di Varsavia.
Il Palazzo della Cultura, alto 230 metri, dono di Stalin al popolo polacco, che ne avrebbe fatto volentieri a meno.
Il catafalco sullo stile delle sette sorelle di Mosca sebbene ormai circondato da grattacieli che lo sfidano in altezza resta a mio avviso il protagonista assoluto nel bene e nel male della skyline della città.
Tutto svanito dicevamo l’ attraversamento notturno della Polonia fino a Brest , quello diurno fino Minsk, la straordinaria nottata sul treno Minsk Kiev, la neve sottile della capitale ucraina, il gelo di Riga.
Un viaggio invernale in 4 stati che hanno preso strade differenti ma obbligate alla caduta dell’ Unione Sovietica e allo scioglimento del patto di Varsavia.
Da un lato Polonia e Lettonia che già conoscevo bene , antirusse e occidentalizzate, nell’ Europa unita, nella Nato , con il trattato di Schengen ratificato , dall’ altro la Bielorussia del presidente a vita Lukashenko saldamente legata alla Russia, senza libertà di stampa e senza nessuna opposizione.
Infine l’ Ucraina a metà strada tra Usa e Russia, formalmente impossibilitata ad uscire dall’ orbita russa per legami economici e storici, nonostante la rivoluzione arancione del 2004 abbia avvicinato il paese alla Nato e all’ Europa con la rimozione del visto di entrata nel paese per i cittadini dell’ Europa Unita.
Eccola Brest ,sosta in frontiera , la biondissima e affascinante doganiera ci da il benvenuto in Bielorussia, timbra il visto e ci da il foglio d’ entrata della registrazione, sono le 3 di notte, con la cupa e tetra stazione in stile staliniano semideserta , un atmosfera irreale , il treno Moska Terespol partito da Varsavia proseguirà per Minsk e poi per Mosca .
Brest è una nodale via di comunicazione sulla via di Mosca da qui passarono armate napoleoniche e nazisti, ora passiamo noi , evitando l’ ora di pausa del sollevamento del treno e la sistemazione delle carrozze per adeguarle al diverso scartamento dei binari russi voluta da Stalin per prevenire invasioni veloci.
Quasi casualmente a piedi arriviamo fortunosamente in centro senza sbagliare strada e con l’ aiuto di un tassista al previsto Hotel Belarus, che non è un gran cosa, ma è meno caro dell’ Intourist ed ha le classiche e sovieticissime vecchie cameriere al piano che ti danno le chiavi alle 3 di notte.
La prima nottata vista la già tardissima ora la passiamo in un ristorante discoteca accanto al Belarus, vodka da 2 lire e birra pessima a buon mercato, il cerchio alla testa è assicurato.
Brest è una città senza tantissime cose da vedere, alcune chiese, un centro pedonale tranquillo e curato, l’ immancabile statua di Lenin e una grossa arteria l’ Ulica Sovietskaja con un grosso centro commerciale che anima la città ma la cosa che la rende famosa è la fortezza.
La fortezza di Brest proprio al confine con la Polonia fu completata nel 1842, raggiungeva un perimetro di 30 km quadrati , nel 1941 con l’ operazione Barbarossa i nazisti iniziarono l ’ invasione dell’ Unione Sovietica, la guarnigione della fortezza resistette eroicamente per più di un mese agli assalti e ai bombardamenti nazisti cosa che le valse il riconoscimento di Eroina dell’ Unione Sovietica.
I segni della seconda guerra mondiale dei bombardamenti e dei colpi sparati sono ancora ben visibili nel perimetro della fortezza che ora funge da memoriale della seconda guerra mondiale, un museo , una chiesa , carri armati , un obelisco e un immensa statua di pietra che raffigura un uomo, sono stati costruiti nel 1971 per ricordare l’ episodio storico.
Più interessante per quanto riguarda la night life la seconda serata al Planeta rock, fuori dal centro, il locale è abbastanza pieno , la bielorussa Olga in spagnolo mi racconta di quando era a lavorare a Siviglia e di come conosca bene italiani e spagnoli , fa allusioni ai motivi del nostro viaggio, che secondo lei è uno solo le donne.
“ Forse gli italiani pensano che qui le ragazze siano tutte stupide ma non è così “ .
Pian piano si scioglie, ma il leitmotiv del nostro viaggio come di tanti altri in posti non turistici ritorna, lo stupore cosa ci fate qui se non siete per lavoro, io non verrei mai in vacanza in un posto come questo.
Fumiamo qualche sigaretta e la sua diffidenza svanisce come i miei anelli di fumo di Camel nell’ aria, mi racconta delle scarse opportunità nel suo paese, delle difficoltà di espatriare e della nullità di libertà di opinione o di stampa , è una ragazza profonda e intelligente oltre che bella , e spesso un sorriso fa capolino tra il suo volto serioso incastonato da capelli lunghi e corvini.
Mi dice che i ragazzi che vedo qui in discoteca alla domenica sera son quelli fortunati, che stanno bene di famiglia, , senza bisogno di lavorare, senza pensieri, se non bei vestiti, ultimo modello di cellulare, bere e divertirsi, a tratti sembra che la mancanza di gradualità di trapasso tra comunismo e consumismo , dal niente al tutto, abbia fatto ben più danni che da noi soprattutto nelle fasce medio / basse della popolazione.
Lei a breve andrà a casa perché lavora 12 ore al giorno, lo stesso suo padre, fanno grandi sacrifici ma si accontenta anche se sogna di andarsene di nuovo magari di tornare nella Spagna che adora.
I discorsi evaporano pian piano tra qualche vodka e qualche ballo nella notte di Brest.
Un bielorusso, tradotto da un tedesco che sa il russo, mi dice che non se ne può più di 100 anni di comunismo , vuole entrare anche lui nell’ Europa forte della libertà di movimento , il comunismo che intende lui non è quello dei tempi in cui non era ancora nato, quello della Bielorussia prima dell’ indipendenza, pre caduta del muro di Berlino.
Non esiste più ma gli uomini son sempre gli stessi.
Le città nel frattempo sono cambiate fino a non molto tempo fa non c’era nulla da fare né negozi , né caffè né ristoranti né discoteche e si moriva di noia, ma il comunismo ancora percepito è solo quello della cortina di ferro che è un po’ meno di ferro, ma sempre cortina è , dell’ isolazionismo e della estrema difficoltà di uscire dal paese anche solo per un breve viaggio turistico in Europa.
Nessun problema invece a viaggiare nel resto dell ‘ex Unione sovietica.
E pensare che a un paio di chilometri da Brest è Europa, è già Polonia e libertà, e Brest sembra Polonia e lo è stata, ora i confini e la frontiera con l’ ingresso in comunità della Polonia sembrano ancor più pressanti come le gabbie metalliche al confine dove si fermano i treni locali da Terespol a Brest e viceversa, dove i controlli documenti a piedi uno per volta e la prevenzione del contrabbando è minuziosa.
Una punta di tristezza ti invade a sentir parlare questi ragazzi con la loro curiosità , la voglia di muoversi , di vedere, di esplorare e confrontarsi, anche se solitamente non ci fai caso , ti senti fortunato a vivere in un posto con tutti i suoi problemi ma in cui puoi viaggiare con 2 lire o organizzarti con visti e altro nei paesi più remoti, basta solo pagare.
Ora le città sono come tutti le altre città d’Europa , il pubblico ha lasciato spazio al privato e alle catene multinazionali come Mcdonald’s, le città si son riempite di locali , caffè , ristoranti , bar , locali notturni e non ci si annoia più per niente, soldi permettendo.
C’è molta voglia di comunicare in questa Bielorussia lasciata ai margini dell‘Europa , molta curiosità molto fermento, voglia di vivere ed evadere.
Lasciata Brest raggiungo Minsk in treno in quella seconda classe che è una sorta di ostello viaggiante con le tendine pulite di pizzo ai finestrini e la capo carrozza che ti prepara il chai ( il the ) nei classici bicchieri di vetro inseriti in tazze metalliche arzigogolate che vorrei prima o poi in qualche modo tenermi per ricordo e che avevo già apprezzato in altri viaggi “ sovietici “.
Il treno passa per villaggi , foreste , città minori , posti persi nel tempo fuori dalla datazione temporale attraverso il nulla, piano piano ,sferragliando si giunge a Minsk.
Minsk fu devastata e rasa al suolo al 90 per cento durante la seconda guerra mondiale, da città quasi provinciale che era ora raggiunge quasi 2 milioni di abitanti.
Ai primi progetti di lasciarla com’ era, prima e unica città memoriale o cimitero vivente delle brutture umane subentrò la voglia di edificarla da zero.
La città con l’ opera dei migliori e più affermati architetti sovietici dell’ epoca è stata completamente ricostruita come modello di una città sovietica ideale, colpisce la classicità degli edifici ,i viali ampissimi, il viale Karl Marx con le 2 torri che dalla stazione conduce al centro simile all’ analoga via di Berlino est.
Ecco piazza dell’ indipendenza con gli edifici governativi tipici del realismo socialista, l’ Università e la statua di Lenin che parla da una tribuna ancora omaggiata da fiori ai suoi piedi.
Seguendo Prospekt Nezavisimosti si arriva prima in Oktyabrskaya Ploschad con il museo della guerra patriottica e della tragedia ebrea , il parallepipedo enorme del Palazzo della repubblica in mezzo alla piazza, il palazzo della cultura , poi piazza della Vittoria con la colonna , la fiamma che ricorda il sacrificio della città nella seconda guerra mondiale e l’ elenco delle città eroine della Russia.
Il fiume Svilasch ghiacciato, la parte ricostruita della “vecchia Minsk “ , la moderna pista di pattinaggio su ghiaccio , la biblioteca nazionale illuminata con i colori della bandiera della Bielorussia fiore all’ occhiello del governo Lukashenko , le numerose chiese, quella cattolica ( la chiesa rossa costruita nel 1910 da un nobile polacco ) e ortodosse e poche altre cose rendono Minsk una città che si vede in fretta.
Il turista classico non troverà nulla di particolare o antico a Minsk che quindi sconsiglio vivamente dal punto di vista turistico , il viaggiatore più scafato invece completerà un percorso già fatto nell‘est Europa sicuramente interessante e pieno di piccole grandi scoperte.
Fuori città rispettivamente a 30 e 60 km da capitale esistono altre due attrazioni, meglio se si riesce a visitarle non durante l ‘inverno.
La prima è la linea di Stalin che mostra le fortificazioni e i combattimenti presso Minsk nel 1941 illustrate da guide in uniformi dell‘armata rossa del tempo.
La seconda è Khatyn, memoriale in omaggio ai villaggi Bielorussi distrutti, bruciati e devastati durante la seconda guerra mondiale, alcuni monumenti e il villaggio ricostruito ricordano la bestiale furia nazista, il luogo è da non confondere con l’ eccidio dei soldati polacchi soprattutto ufficiali ai confini con la Russia nell’ omonima foresta di Khatyn ,da vedere a proposito il museo a Varsavia e il recente film di Andzej Wajda .
Consiglio anche la visione del drammatico ma essenziale film Va e vedi di Elemi Klimov che racconta la storia di un ragazzino bielorusso durante l ‘invasione nazista in fuga tra i villaggi.
A noi capita anche la fortuna di visitare Minsk con un gruppo di studenti che studiano italiano dopo il previo contatto con la loro giovane e simpatica professoressa, la mia guida personale mi illustra in inglese aneddoti e storie della sua città che come ho potuto notare viene raccontata con fierezza, si passa dal monumento alla guerra russa in Afghanistan e alla leggenda dell’ isola delle lacrime, al parco Gorky attraverso i personaggi e i luoghi che hanno fatto la storia bielorussa e in particolare di Minsk.
Questi ragazzi studiano italiano nell’ ambito della loro laurea orientata al turismo, sapere le lingue in questo caso, oltre all’ inglese, l’ italiano è un buon viatico per lavorare nel turismo ( ammesso che ci sia una agevolazione al turismo in futuro : leggi abolizione visto ) ma soprattutto nell’ ambito delle traduzioni e di questo ero ignaro l’ Italia è il terzo partner commerciale della Bielorussia dopo ovviamente la Russia e la Germania.
Nell’ ambito di società commerciali di import / export con l’ Italia ( esempio mobili e manifatture ) si potrebbero avere insomma buone opportunità lavorative, oltre al fatto che l’Italia dall ‘esterno piace sempre città , tradizioni, cibi cultura sono sempre oggetto di curiosità.
Al lettore disattento potrebbe sembrare che ciò che c’è da vedere a Minsk a parte qualche chiesa e puro soviet style sia tutto legato a ricordi e monumenti legati alle guerra e a tristi ricordi ebbene non posso smentirli è così.
Il vedere è in questo tipo di viaggio subordinato al parlare con le persone e a capire, se si pensa di fare un viaggio senza entrare in contatto con i locali ed è meno difficile di quanto può sembrare, è meglio pensare ad altri tipi di mete o restare a casa.
La Bielorussia non è tutta qui però, la “campagna “ comunque, ed occorre tempo, può regalare emozioni, esistono numerosi castelli ancora ben conservati, si può vedere Grodno o la capitale culturale del paese Vitebsk , città in cui nacque Mark Chagall, e comunque Minsk è città particolare e sicuramente originale e inedita rispetto a tutte le altri capitali o città dell’ est europeo.
Poi come diceva Cervantes inutile far paragoni ( con altre città ), i paragoni son odiosi.
Tra le particolarità di Minsk ecco un busto di Feliz Dzerzhinsky, capo storico della Ceka, il terribile e sanguinario predecessore del Kgb, che qui esiste ancora nella sostanza, che riporta a periodi storici che sembrano sepolti nel tempo e nella memoria .
Nel centro di Minsk dalle parti di Piazza della Vittoria risulta esserci anche l’ appartamento dove ha soggiornato Lee Oswald , famoso come unico assassino del presidente americano Kennedy, anche se la verità è ancora nebulosa, durante la sua permanenza nell’ Unione Sovietica e in particolare a Minsk dove si sposò con una collega di fabbrica e restò alcuni anni prima di tornare negli Stati Uniti.
La città di notte è ancor forse più bella benissimo illuminata da luci colorate , addobbata con luci, festoni e alberi di Natale per il Capodanno e il prossimo natale ortodosso del 6 Gennaio , non c’è ombra di buche nell’ asfalto e nei marciapiedi , erbacce, sporcizia, povertà a cui si è abituati girando ad est il “ regime “ a suo modo funziona.
Sarebbe opportuno leggere Artur Klinau Sonnenstadt der Traüme [Minsk : sun city of dreams] pubblicato da Suhrkamp Verlag nel 2007, architetto e artista bielorusso per capire come la città sia stata creata come simbolo dell’ utopia comunista, Minsk è una città imperiale in fin dei conti senza aver mai avuto un ruolo dominante in un impero , non esistono esempi del genere nemmeno in Unione Sovietica ne si è potuta realizzare qualcosa di analogo nella poliedricità di Mosca né nell’ “ europea “ San Pietroburgo .
Il risultato è una città che si estende lungo una via principale l’ odierna enorme Skaryna che supera i 12 km con grandiose piazze e parchi lussureggianti un misto di architettura classica egizia, greca , romana che si fonde con modelli barocchi e rinascimentali, palazzi abitativi riccamente decorati, secondo l’i dea che anche le classi da sempre oppresse dovessero vivere in bei palazzi con parchi , fontane e statue appunto Utopia.
In Oktyabrskaya Ploschad nell’ ex palazzo della cultura trasformato in nightclub passiamo due serate all’ Alcatraz e viviamo il capodanno in piazza vicino al gigantesco albero di Natale che un po’ per la presenza ingombrante della milizia, che non smette di osservarti in stile Kgb, un po’ per l ‘esiguità delle persone ( molti festeggiano soprattutto a casa ) e a causa dell’ atmosfera dimessa dei festeggiamenti il Capodanno in piazza non risulta molto entusiasmante ma non facendo un freddo esagerato come da tradizione stappiamo a mezzanotte le nostre bottiglie di Champagnoski.
Tornando alla milizia inquietanti sono le ronde alla stazione di Minsk , che più che sicurezza metto un po’ di ansia , specie allo straniero non abituato, anche se poi non succede nulla, solo ogni tanto qualcuno meno distinto o sospetto viene controllato a volte sbattuto fuori.
Questo clima da Kgb o per essere più moderni da Grande Fratello che ti osserva non viene smentito neanche all’ internet point della stazione dove un solerte impiegato ogni tanto si piazza dietro la tua postazione internet e controlla le pagine web che stai visionando.
Nel frattempo il Capodanno russo è già passato, abbiamo assistito in televisione al discorso del presidente Mendevev con tanto di emozionante inno russo, mentre il Capodanno italiano deve ancora celebrarsi, bugs spazio temporali.
La prima sera all’Alcatraz abbiamo fatto conoscenza con due studentesse che parlano bene italiano, passeremo poi il Capodanno con loro e le loro amiche, entriamo in contatto indirettamente con una delle altre grandi tragedie che il popolo Bielorusso ha dovuto affrontare la tragedia della centrale nucleare di Chernobyl del 1986.
La chicca è dietro l’ angolo, una delle 2 ragazze ha soggiornato ripetutamente nell’ ambito dei programmi di accoglienza a Bagnaia, provincia di Viterbo dove sono nati e ho la casa dei nonni, posto che conosco ovviamente come le mie tasche.
Sembra davvero una strana coincidenza stare a parlare di Bagnaia in italiano con una ragazza bielorussa a Minsk .
La tragedia ha interessato con maggiore rilevanza soprattutto Ucraina e Bielorussia ( al confine della quale la centrale si trovava ).
Minsk dista circa 500 km dalla centrale ma in questi casi non sono nulla , anche per via della direzione dei venti.
Alcune mie fonti mi riportano che sono stati accertati, come è presumibile, vista la portata dell’ evento problemi e contaminazioni soprattutto del suolo e della verdura in tutta l ‘Europa dell’ est anche in Bulgaria.
La visita della zona della centrale è tutt’ oggi possibile anche se dietro lunghe formalità burocratiche e permessi e se avessimo avuto altri giorni a disposizione l’ avremmo affrontata sicuramente ( da Kiev ), grazie alla mediazione di nostri contatti e non è escluso che in un breve futuro la effettueremo.
L’ Italia da quanto ho appreso è la nazione europea che è stata più attiva con circa 20000 bambini e ragazzi bielorussi ospitati ogni anno ,per alcuni mesi, presso famiglie sparse in tutta Italia grazie alla mediazione di associazione di cooperazione con la Bielorussia.
Non si tratta ovviamente esclusivamente di bambini malati ma la priorità si dava ai bambini e ai ragazzi dei villaggi nella periferia di Minsk e alle fasce della popolazione più disagiata.
Un elogio particolare quindi all’Italia e soprattutto a quelli che hanno permesso e si sono prestati alla cooperazione e soprattutto alle famiglie italiane.
Un paese l ‘ Italia che spesso e volentieri viene ricordata solo per aspetti negativi, razzisti o egoistici ma che in questo caso ha dimostrato come la solidarietà e la fratellanza sono ancora valori importanti e imprescindibili anche se non hanno rilevanza mediatica e non fanno notizia.
Il tempo a disposizione a Minsk è finito tocca rimettersi in viaggio il treno notturno per Kiev ci aspetta.
Quello che resta ora di questo viaggio sono le centinaia di fotografie scattate.
Ci sono poi altre fotografie quelle che non si è avuto la prontezza o la voglia di scattare, quelle resteranno per sempre solamente a livello di visioni incollate alla tua retina e saranno fuori dalla portata di tutti ma solo puro godimento personale nell’ ambito del ricordo.
Una sorta di premio per aver partecipato all‘esperienza del viaggio, per essere sceso in campo.
A pensarci bene a volte quello che non ti fa scattare fotografie è la consapevolezza che la realtà non è riproducibile , manca la spazialità , il freddo sulle mani , gli odori , manca il contesto.
Già si fa fatica su carta a riempire fogli di parole per cercare di rendere solo un millesimo di quel piacevolissimo brivido che da la realtà figuriamoci fotografarla.
Talvolta è solo questione di pudore e rispetto, la vecchina che vende al freddo mele, prelevate da un sacchetto di plastica, davanti alla metro Kontraktova a Kiev possiede una sua esistenza indipendente dal fatto che la fotografi o meno, come un animale allo zoo o come testimonianza di un mondo che da noi non esiste più , ma che alla fine è il nostro mondo quello di un Italia contadina quella dei nostri nonni.
Restano le parole, a volte convinte, a volte smozzicate, in russo , inglese, spagnolo ,italiano, a seconda dell’ interlocutore , tutto così veloce come sempre , i nomi delle persone e le loro parole si sovrappongono e si ammonticchiano come scontrini nella bacheca della tua mente.
Le frasi si intrecciano e a volte non ricordi più chi ha detto cosa, rimpiangi di non aver detto quelle parole o di aver fatto quelle domande che ora ti sono ben chiare, ma al momento le parole ti son rimaste incollate alla lingua.
A volte stramaledici il fatto di non sapere la lingua del posto che stai visitando, ti senti sperduto, indifeso come un bambino e se talvolta la cosa ti rende particolarmente ricettivo ed è estremamente eccitante , spesso e malvolentieri ti priva dei piaceri della comunicazione, ti preclude qualcosa.
Ma in fondo sei lo straniero atipico venuto a vedere con i tuoi occhi ciò che non sai ancora, a verificare le letture, le dicerie, a cercare di capire, e questa prima volta non potrà essere che così, se e quando tornerai sarà già un’ altra cosa.
L’ effetto lost in traslations che sebbene sia marginale in un discorso generale o in un clima di euforia o di festa diventa essenziale quando si tratta di parlare di sentimenti nudi , di quello che provi o per arrivare a far capire anche una libra del tuo cosmo personale.
Tutto svanito, ormai, partendo dal dinosauro staliniano accanto alla stazione di Varsavia.
Il Palazzo della Cultura, alto 230 metri, dono di Stalin al popolo polacco, che ne avrebbe fatto volentieri a meno.
Il catafalco sullo stile delle sette sorelle di Mosca sebbene ormai circondato da grattacieli che lo sfidano in altezza resta a mio avviso il protagonista assoluto nel bene e nel male della skyline della città.
Tutto svanito dicevamo l’ attraversamento notturno della Polonia fino a Brest , quello diurno fino Minsk, la straordinaria nottata sul treno Minsk Kiev, la neve sottile della capitale ucraina, il gelo di Riga.
Un viaggio invernale in 4 stati che hanno preso strade differenti ma obbligate alla caduta dell’ Unione Sovietica e allo scioglimento del patto di Varsavia.
Da un lato Polonia e Lettonia che già conoscevo bene , antirusse e occidentalizzate, nell’ Europa unita, nella Nato , con il trattato di Schengen ratificato , dall’ altro la Bielorussia del presidente a vita Lukashenko saldamente legata alla Russia, senza libertà di stampa e senza nessuna opposizione.
Infine l’ Ucraina a metà strada tra Usa e Russia, formalmente impossibilitata ad uscire dall’ orbita russa per legami economici e storici, nonostante la rivoluzione arancione del 2004 abbia avvicinato il paese alla Nato e all’ Europa con la rimozione del visto di entrata nel paese per i cittadini dell’ Europa Unita.
Eccola Brest ,sosta in frontiera , la biondissima e affascinante doganiera ci da il benvenuto in Bielorussia, timbra il visto e ci da il foglio d’ entrata della registrazione, sono le 3 di notte, con la cupa e tetra stazione in stile staliniano semideserta , un atmosfera irreale , il treno Moska Terespol partito da Varsavia proseguirà per Minsk e poi per Mosca .
Brest è una nodale via di comunicazione sulla via di Mosca da qui passarono armate napoleoniche e nazisti, ora passiamo noi , evitando l’ ora di pausa del sollevamento del treno e la sistemazione delle carrozze per adeguarle al diverso scartamento dei binari russi voluta da Stalin per prevenire invasioni veloci.
Quasi casualmente a piedi arriviamo fortunosamente in centro senza sbagliare strada e con l’ aiuto di un tassista al previsto Hotel Belarus, che non è un gran cosa, ma è meno caro dell’ Intourist ed ha le classiche e sovieticissime vecchie cameriere al piano che ti danno le chiavi alle 3 di notte.
La prima nottata vista la già tardissima ora la passiamo in un ristorante discoteca accanto al Belarus, vodka da 2 lire e birra pessima a buon mercato, il cerchio alla testa è assicurato.
Brest è una città senza tantissime cose da vedere, alcune chiese, un centro pedonale tranquillo e curato, l’ immancabile statua di Lenin e una grossa arteria l’ Ulica Sovietskaja con un grosso centro commerciale che anima la città ma la cosa che la rende famosa è la fortezza.
La fortezza di Brest proprio al confine con la Polonia fu completata nel 1842, raggiungeva un perimetro di 30 km quadrati , nel 1941 con l’ operazione Barbarossa i nazisti iniziarono l ’ invasione dell’ Unione Sovietica, la guarnigione della fortezza resistette eroicamente per più di un mese agli assalti e ai bombardamenti nazisti cosa che le valse il riconoscimento di Eroina dell’ Unione Sovietica.
I segni della seconda guerra mondiale dei bombardamenti e dei colpi sparati sono ancora ben visibili nel perimetro della fortezza che ora funge da memoriale della seconda guerra mondiale, un museo , una chiesa , carri armati , un obelisco e un immensa statua di pietra che raffigura un uomo, sono stati costruiti nel 1971 per ricordare l’ episodio storico.
Più interessante per quanto riguarda la night life la seconda serata al Planeta rock, fuori dal centro, il locale è abbastanza pieno , la bielorussa Olga in spagnolo mi racconta di quando era a lavorare a Siviglia e di come conosca bene italiani e spagnoli , fa allusioni ai motivi del nostro viaggio, che secondo lei è uno solo le donne.
“ Forse gli italiani pensano che qui le ragazze siano tutte stupide ma non è così “ .
Pian piano si scioglie, ma il leitmotiv del nostro viaggio come di tanti altri in posti non turistici ritorna, lo stupore cosa ci fate qui se non siete per lavoro, io non verrei mai in vacanza in un posto come questo.
Fumiamo qualche sigaretta e la sua diffidenza svanisce come i miei anelli di fumo di Camel nell’ aria, mi racconta delle scarse opportunità nel suo paese, delle difficoltà di espatriare e della nullità di libertà di opinione o di stampa , è una ragazza profonda e intelligente oltre che bella , e spesso un sorriso fa capolino tra il suo volto serioso incastonato da capelli lunghi e corvini.
Mi dice che i ragazzi che vedo qui in discoteca alla domenica sera son quelli fortunati, che stanno bene di famiglia, , senza bisogno di lavorare, senza pensieri, se non bei vestiti, ultimo modello di cellulare, bere e divertirsi, a tratti sembra che la mancanza di gradualità di trapasso tra comunismo e consumismo , dal niente al tutto, abbia fatto ben più danni che da noi soprattutto nelle fasce medio / basse della popolazione.
Lei a breve andrà a casa perché lavora 12 ore al giorno, lo stesso suo padre, fanno grandi sacrifici ma si accontenta anche se sogna di andarsene di nuovo magari di tornare nella Spagna che adora.
I discorsi evaporano pian piano tra qualche vodka e qualche ballo nella notte di Brest.
Un bielorusso, tradotto da un tedesco che sa il russo, mi dice che non se ne può più di 100 anni di comunismo , vuole entrare anche lui nell’ Europa forte della libertà di movimento , il comunismo che intende lui non è quello dei tempi in cui non era ancora nato, quello della Bielorussia prima dell’ indipendenza, pre caduta del muro di Berlino.
Non esiste più ma gli uomini son sempre gli stessi.
Le città nel frattempo sono cambiate fino a non molto tempo fa non c’era nulla da fare né negozi , né caffè né ristoranti né discoteche e si moriva di noia, ma il comunismo ancora percepito è solo quello della cortina di ferro che è un po’ meno di ferro, ma sempre cortina è , dell’ isolazionismo e della estrema difficoltà di uscire dal paese anche solo per un breve viaggio turistico in Europa.
Nessun problema invece a viaggiare nel resto dell ‘ex Unione sovietica.
E pensare che a un paio di chilometri da Brest è Europa, è già Polonia e libertà, e Brest sembra Polonia e lo è stata, ora i confini e la frontiera con l’ ingresso in comunità della Polonia sembrano ancor più pressanti come le gabbie metalliche al confine dove si fermano i treni locali da Terespol a Brest e viceversa, dove i controlli documenti a piedi uno per volta e la prevenzione del contrabbando è minuziosa.
Una punta di tristezza ti invade a sentir parlare questi ragazzi con la loro curiosità , la voglia di muoversi , di vedere, di esplorare e confrontarsi, anche se solitamente non ci fai caso , ti senti fortunato a vivere in un posto con tutti i suoi problemi ma in cui puoi viaggiare con 2 lire o organizzarti con visti e altro nei paesi più remoti, basta solo pagare.
Ora le città sono come tutti le altre città d’Europa , il pubblico ha lasciato spazio al privato e alle catene multinazionali come Mcdonald’s, le città si son riempite di locali , caffè , ristoranti , bar , locali notturni e non ci si annoia più per niente, soldi permettendo.
C’è molta voglia di comunicare in questa Bielorussia lasciata ai margini dell‘Europa , molta curiosità molto fermento, voglia di vivere ed evadere.
Lasciata Brest raggiungo Minsk in treno in quella seconda classe che è una sorta di ostello viaggiante con le tendine pulite di pizzo ai finestrini e la capo carrozza che ti prepara il chai ( il the ) nei classici bicchieri di vetro inseriti in tazze metalliche arzigogolate che vorrei prima o poi in qualche modo tenermi per ricordo e che avevo già apprezzato in altri viaggi “ sovietici “.
Il treno passa per villaggi , foreste , città minori , posti persi nel tempo fuori dalla datazione temporale attraverso il nulla, piano piano ,sferragliando si giunge a Minsk.
Minsk fu devastata e rasa al suolo al 90 per cento durante la seconda guerra mondiale, da città quasi provinciale che era ora raggiunge quasi 2 milioni di abitanti.
Ai primi progetti di lasciarla com’ era, prima e unica città memoriale o cimitero vivente delle brutture umane subentrò la voglia di edificarla da zero.
La città con l’ opera dei migliori e più affermati architetti sovietici dell’ epoca è stata completamente ricostruita come modello di una città sovietica ideale, colpisce la classicità degli edifici ,i viali ampissimi, il viale Karl Marx con le 2 torri che dalla stazione conduce al centro simile all’ analoga via di Berlino est.
Ecco piazza dell’ indipendenza con gli edifici governativi tipici del realismo socialista, l’ Università e la statua di Lenin che parla da una tribuna ancora omaggiata da fiori ai suoi piedi.
Seguendo Prospekt Nezavisimosti si arriva prima in Oktyabrskaya Ploschad con il museo della guerra patriottica e della tragedia ebrea , il parallepipedo enorme del Palazzo della repubblica in mezzo alla piazza, il palazzo della cultura , poi piazza della Vittoria con la colonna , la fiamma che ricorda il sacrificio della città nella seconda guerra mondiale e l’ elenco delle città eroine della Russia.
Il fiume Svilasch ghiacciato, la parte ricostruita della “vecchia Minsk “ , la moderna pista di pattinaggio su ghiaccio , la biblioteca nazionale illuminata con i colori della bandiera della Bielorussia fiore all’ occhiello del governo Lukashenko , le numerose chiese, quella cattolica ( la chiesa rossa costruita nel 1910 da un nobile polacco ) e ortodosse e poche altre cose rendono Minsk una città che si vede in fretta.
Il turista classico non troverà nulla di particolare o antico a Minsk che quindi sconsiglio vivamente dal punto di vista turistico , il viaggiatore più scafato invece completerà un percorso già fatto nell‘est Europa sicuramente interessante e pieno di piccole grandi scoperte.
Fuori città rispettivamente a 30 e 60 km da capitale esistono altre due attrazioni, meglio se si riesce a visitarle non durante l ‘inverno.
La prima è la linea di Stalin che mostra le fortificazioni e i combattimenti presso Minsk nel 1941 illustrate da guide in uniformi dell‘armata rossa del tempo.
La seconda è Khatyn, memoriale in omaggio ai villaggi Bielorussi distrutti, bruciati e devastati durante la seconda guerra mondiale, alcuni monumenti e il villaggio ricostruito ricordano la bestiale furia nazista, il luogo è da non confondere con l’ eccidio dei soldati polacchi soprattutto ufficiali ai confini con la Russia nell’ omonima foresta di Khatyn ,da vedere a proposito il museo a Varsavia e il recente film di Andzej Wajda .
Consiglio anche la visione del drammatico ma essenziale film Va e vedi di Elemi Klimov che racconta la storia di un ragazzino bielorusso durante l ‘invasione nazista in fuga tra i villaggi.
A noi capita anche la fortuna di visitare Minsk con un gruppo di studenti che studiano italiano dopo il previo contatto con la loro giovane e simpatica professoressa, la mia guida personale mi illustra in inglese aneddoti e storie della sua città che come ho potuto notare viene raccontata con fierezza, si passa dal monumento alla guerra russa in Afghanistan e alla leggenda dell’ isola delle lacrime, al parco Gorky attraverso i personaggi e i luoghi che hanno fatto la storia bielorussa e in particolare di Minsk.
Questi ragazzi studiano italiano nell’ ambito della loro laurea orientata al turismo, sapere le lingue in questo caso, oltre all’ inglese, l’ italiano è un buon viatico per lavorare nel turismo ( ammesso che ci sia una agevolazione al turismo in futuro : leggi abolizione visto ) ma soprattutto nell’ ambito delle traduzioni e di questo ero ignaro l’ Italia è il terzo partner commerciale della Bielorussia dopo ovviamente la Russia e la Germania.
Nell’ ambito di società commerciali di import / export con l’ Italia ( esempio mobili e manifatture ) si potrebbero avere insomma buone opportunità lavorative, oltre al fatto che l’Italia dall ‘esterno piace sempre città , tradizioni, cibi cultura sono sempre oggetto di curiosità.
Al lettore disattento potrebbe sembrare che ciò che c’è da vedere a Minsk a parte qualche chiesa e puro soviet style sia tutto legato a ricordi e monumenti legati alle guerra e a tristi ricordi ebbene non posso smentirli è così.
Il vedere è in questo tipo di viaggio subordinato al parlare con le persone e a capire, se si pensa di fare un viaggio senza entrare in contatto con i locali ed è meno difficile di quanto può sembrare, è meglio pensare ad altri tipi di mete o restare a casa.
La Bielorussia non è tutta qui però, la “campagna “ comunque, ed occorre tempo, può regalare emozioni, esistono numerosi castelli ancora ben conservati, si può vedere Grodno o la capitale culturale del paese Vitebsk , città in cui nacque Mark Chagall, e comunque Minsk è città particolare e sicuramente originale e inedita rispetto a tutte le altri capitali o città dell’ est europeo.
Poi come diceva Cervantes inutile far paragoni ( con altre città ), i paragoni son odiosi.
Tra le particolarità di Minsk ecco un busto di Feliz Dzerzhinsky, capo storico della Ceka, il terribile e sanguinario predecessore del Kgb, che qui esiste ancora nella sostanza, che riporta a periodi storici che sembrano sepolti nel tempo e nella memoria .
Nel centro di Minsk dalle parti di Piazza della Vittoria risulta esserci anche l’ appartamento dove ha soggiornato Lee Oswald , famoso come unico assassino del presidente americano Kennedy, anche se la verità è ancora nebulosa, durante la sua permanenza nell’ Unione Sovietica e in particolare a Minsk dove si sposò con una collega di fabbrica e restò alcuni anni prima di tornare negli Stati Uniti.
La città di notte è ancor forse più bella benissimo illuminata da luci colorate , addobbata con luci, festoni e alberi di Natale per il Capodanno e il prossimo natale ortodosso del 6 Gennaio , non c’è ombra di buche nell’ asfalto e nei marciapiedi , erbacce, sporcizia, povertà a cui si è abituati girando ad est il “ regime “ a suo modo funziona.
Sarebbe opportuno leggere Artur Klinau Sonnenstadt der Traüme [Minsk : sun city of dreams] pubblicato da Suhrkamp Verlag nel 2007, architetto e artista bielorusso per capire come la città sia stata creata come simbolo dell’ utopia comunista, Minsk è una città imperiale in fin dei conti senza aver mai avuto un ruolo dominante in un impero , non esistono esempi del genere nemmeno in Unione Sovietica ne si è potuta realizzare qualcosa di analogo nella poliedricità di Mosca né nell’ “ europea “ San Pietroburgo .
Il risultato è una città che si estende lungo una via principale l’ odierna enorme Skaryna che supera i 12 km con grandiose piazze e parchi lussureggianti un misto di architettura classica egizia, greca , romana che si fonde con modelli barocchi e rinascimentali, palazzi abitativi riccamente decorati, secondo l’i dea che anche le classi da sempre oppresse dovessero vivere in bei palazzi con parchi , fontane e statue appunto Utopia.
In Oktyabrskaya Ploschad nell’ ex palazzo della cultura trasformato in nightclub passiamo due serate all’ Alcatraz e viviamo il capodanno in piazza vicino al gigantesco albero di Natale che un po’ per la presenza ingombrante della milizia, che non smette di osservarti in stile Kgb, un po’ per l ‘esiguità delle persone ( molti festeggiano soprattutto a casa ) e a causa dell’ atmosfera dimessa dei festeggiamenti il Capodanno in piazza non risulta molto entusiasmante ma non facendo un freddo esagerato come da tradizione stappiamo a mezzanotte le nostre bottiglie di Champagnoski.
Tornando alla milizia inquietanti sono le ronde alla stazione di Minsk , che più che sicurezza metto un po’ di ansia , specie allo straniero non abituato, anche se poi non succede nulla, solo ogni tanto qualcuno meno distinto o sospetto viene controllato a volte sbattuto fuori.
Questo clima da Kgb o per essere più moderni da Grande Fratello che ti osserva non viene smentito neanche all’ internet point della stazione dove un solerte impiegato ogni tanto si piazza dietro la tua postazione internet e controlla le pagine web che stai visionando.
Nel frattempo il Capodanno russo è già passato, abbiamo assistito in televisione al discorso del presidente Mendevev con tanto di emozionante inno russo, mentre il Capodanno italiano deve ancora celebrarsi, bugs spazio temporali.
La prima sera all’Alcatraz abbiamo fatto conoscenza con due studentesse che parlano bene italiano, passeremo poi il Capodanno con loro e le loro amiche, entriamo in contatto indirettamente con una delle altre grandi tragedie che il popolo Bielorusso ha dovuto affrontare la tragedia della centrale nucleare di Chernobyl del 1986.
La chicca è dietro l’ angolo, una delle 2 ragazze ha soggiornato ripetutamente nell’ ambito dei programmi di accoglienza a Bagnaia, provincia di Viterbo dove sono nati e ho la casa dei nonni, posto che conosco ovviamente come le mie tasche.
Sembra davvero una strana coincidenza stare a parlare di Bagnaia in italiano con una ragazza bielorussa a Minsk .
La tragedia ha interessato con maggiore rilevanza soprattutto Ucraina e Bielorussia ( al confine della quale la centrale si trovava ).
Minsk dista circa 500 km dalla centrale ma in questi casi non sono nulla , anche per via della direzione dei venti.
Alcune mie fonti mi riportano che sono stati accertati, come è presumibile, vista la portata dell’ evento problemi e contaminazioni soprattutto del suolo e della verdura in tutta l ‘Europa dell’ est anche in Bulgaria.
La visita della zona della centrale è tutt’ oggi possibile anche se dietro lunghe formalità burocratiche e permessi e se avessimo avuto altri giorni a disposizione l’ avremmo affrontata sicuramente ( da Kiev ), grazie alla mediazione di nostri contatti e non è escluso che in un breve futuro la effettueremo.
L’ Italia da quanto ho appreso è la nazione europea che è stata più attiva con circa 20000 bambini e ragazzi bielorussi ospitati ogni anno ,per alcuni mesi, presso famiglie sparse in tutta Italia grazie alla mediazione di associazione di cooperazione con la Bielorussia.
Non si tratta ovviamente esclusivamente di bambini malati ma la priorità si dava ai bambini e ai ragazzi dei villaggi nella periferia di Minsk e alle fasce della popolazione più disagiata.
Un elogio particolare quindi all’Italia e soprattutto a quelli che hanno permesso e si sono prestati alla cooperazione e soprattutto alle famiglie italiane.
Un paese l ‘ Italia che spesso e volentieri viene ricordata solo per aspetti negativi, razzisti o egoistici ma che in questo caso ha dimostrato come la solidarietà e la fratellanza sono ancora valori importanti e imprescindibili anche se non hanno rilevanza mediatica e non fanno notizia.
Il tempo a disposizione a Minsk è finito tocca rimettersi in viaggio il treno notturno per Kiev ci aspetta.