Mentre il mondo guarda il Mondiale, Tsipras e Zaev, il premier di Fyrom, hanno posto le basi per porre fine all'ormai storico contrasto tra Grecia e l'ex Repubblica Iugoslava di Macedonia sull'uso del nome MACEDONIA.
Sembrerebbe che Alessandro Magno sia tornato definitivamente greco asd
Ma non tutti, anzi, sono d'accordo...
da Repubblica
La strada è lunga. Ma il primo passo per provare ad archiviare la guerra fredda -ormai trentennale - tra Grecia e Fyrom è stato fatto. Nikos Kotzias e Nikola Dimitrov, i ministri degli esteri di Atene e Skopje, hanno firmato stamattina sulle rive del lago Prespa le diciannove pagine dello storico accordo che sigla la pace tra i due paesi: il nuovo nome di Fyrom sarà "Repubblica del Nord Macedonia". "Questo è il nostro appuntamento con la storia - ha detto il primo ministro ellenico Alexis Tsipras chiudiamo 26 anni di polemiche sterili avvelenati dallo sciovinismo". "Era il momento giusto per archiviare le incomprensioni del passato e guardare verso il futuro - gli ha fatto eco Zoran Zaev, il premier balcanico - E noi abbiamo avuto il coraggio di provare a fare un passo avanti".
L'intesa consentirà di sbloccare l'accesso di Fyrom a Ue e Nato. "Ho già raccomandato che i negoziati per l'adesione inizino presto - ha annunciato l'alto rappresentante Ue Federica Mogherini, presente alla Cerimonia - Questo compromesso è un esempio per tutte le altre situazioni delicate dell'area".
A ricordare a tutti che la partita non è ancora chiusa sono state però le campane di Psarades, il piccolo paese teatro della firma, che hanno suonato a lutto avvolte in una bandiera greca al termine della cerimonia. Il coraggio politico di Tsipras e Zaev non è bastato per ora a incrinare la resistenza dei nazionalismi in entrambi i paesi.
Il 70% dei greci, secondo un sondaggio di Proto Thema, è contrario all'accordo che consente a Skopje di usare - pur con una connotazione geografica - il nome di Macedonia. Patrimonio ellenico - sostengono - in nome dell'eredità di Alessandro Magno. Un paio di migliaia di manifestanti hanno circondato ieri il Parlamento durante le votazioni sulla mozione di sfiducia chiesta dalle opposizioni contro Alexis Tsipras gridando slogan patriottic, accusando Tsipras di essere un traditore e scontrandosi con la polizia. Molti meno comunque dei 100mila che avevano invaso Syntagma un paio di mesi fa contestando i negoziati con Fyrom.
Molti problemi li ha pure Zaev. Il premier della Repubblica del Nord Macedonia ha già avviato lo smantellamento dei monumenti nazionalisti eretti negli scorsi anni per provocare Atene e tentare di dare un'identità a una nazione nata nel 1992 dalla disgregazione della ex-Jugoslavia. Sono sparite le statue di Alessandro Magno, l'aeroporto della capitale e la principale autostrada del paese - chiamate fino a un mese fa con il nome del condottiero macedone - sono state ribattezzate.
Le resistenze politiche però sono fortissime: il presidente Gjorge Ivanov ha annunciato che non firmerà l'intesa. L'opposizione è sul piede di guerra e non sarà facile per Zaev ottenere l'ok nel referendum nazionale programmato a settembre per approvare l'accordo e poi il via libera in Parlamento ai cambi costituzionali previsti dall'intesa che richiedono una maggioranza dei due terzi dei deputati. Questo iter deve essere completato entro dicembre e a quel punto anche la Grecia dovrà approvare la pace con Skopje e togliere i veto al suo ingresso in Ue e Nato con un complesso voto in Parlamento.
Il convitato di pietra della firma di ieri è ovviamente Vladimir Putin. La Russia - preoccupato per l'ingresso della Macedonia nell'alleanza atlantica- ha già fatto sapere che il compromesso siglato ieri "non aiuta la pace nella regione".