Di ritorno da un campo di rieducazione maoista ovvero un villaggio all inclisive in Egitto.
Questo piccolo resoconto, tra il serio ed il faceto, è dedicato a tutti coloro che, in qualità di all-inclusive village addicted, so che lo apprezzeranno.
Dopo due mesi passati con febbre, mal di gola, raffreddore e simili (e pure un po' di esami del sangue sempre, fortunatamente, perfetti) il mio medico mi ha detto: “scegli, o vai a Lourdes oppure al mare”.
Controllati i voli per il Santuario ed appurato essere troppo cari ho chiamai la mia amica in agenzia viaggi dicendole: “cara, non mi importa dove, trovami un posto al mare, non eccessivamente caro, con il sole, ed adatto per il relax”. Conoscendo un minimo la geografia ed il clima sapevo benissimo che sarei finito in Egitto. Ed infatti così fu.
Il mio obiettivo era il relax più totale, niente nightlife, niente schizzi (lo so Maestro, scusami, farò penitenza a Chisnau) niente scuba divng. Scartati Sharm ed Hurghada per ovvi motivi la scelta ricadde su El Quseir, ridente località in mezzo al nulla 30km a nord di Marsa Alam.
Partenza sabato pomeriggio da Malpensa, rientro domenica mattina (o meglio, notte).
Non sarà un racconto di viaggio e nemmeno un “ho fatto questo, ho visto quello”, non vi racconterò quello che ho fatto in prima persona, non penso ve ne freghi molto.
Il viaggio, come quasi tutti i miei viaggi, parte da Malpensa. Recentemente è uscito un articolo su Repubblica (mi pare) che descrive l'aeroporto come, non solo deserto, ma frequentato dai turisti della peggior specie (ovviamente escludo volutamente una tipologia di “turisti”), quelli “charter ed infradito”.
Che ultimamente l'aeroporto varesino sia un po' un deserto non è falso. Specialmente nel concurse B, quello dei voli extra-Shenghen, se non ci fossero i charter si vedrebbero rotolare le balle di fieno.
Per quanto riguarda i “charter & flip flop” beh, a quel che ho visto è abbastanza realtà. A parte qualche sparuto volo la maggior parte sono davvero charter e la gente, beh, meglio lasciar stare.
Tre sono i gruppi che mi si presentano davanti: quello stile Verdone in “Viaggi di nozze” (episodio con la Gerini ovviamente), quello delle allegre famigliole con marmocchi (piagnucolanti) appresso e quello dei pensionati/gita CRAL aziendale. Poi sparuta qua e la qualche anima con aria di normalità.
E' stato davvero interessante parlare telefonicamente di india e Daghestan mentre a fianco a me la gente si chiedeva "oh, ma ce faranno la pasta e le pizzette?"
Volo normale, almeno per la mia limitatissima esperienza charter. Presi solo tre volte in vita mia e tutte e tre per l'Egitto. Questa volta si vola con GJ, il costoso giocattolino (circa 100 milioni di €) di Sua Altezza. Atterraggio nel mezzo del nulla, solo tre aerei provenienti dall'Italia.
Atterraggio e frontiera dove il mio nuovo passaporto riceve il suo primo timbro. Teoricamente ci sarebbe voluto un atttimo, peccato soltanto che un genio di agente di viaggio non avesse detto alle signore davanti a me che in Egitto con la carta d'identità rinnovata con il timbro non si entra. 10 minuti di sceneggiata, mi son trovato in mezzo come traduttore improvvisato e mi son pure dimenticato di fare la foto alla frontiera.
L'arrivo al Resort
Uscito dall'aeroporto e dribblato gli improvvisati facchini arrivo al bus assegnatomi. Fortunatamente trovo gente normale, due coppie di una certa età e tre ragazzi torinesi con cui si inizia un po' a parlare. Saliamo sul bus, partiamo e la mia impressione diventa certezza. Si presenta il nostro contatto dicendo di chiamarsi "Beppe”, tipico nome - secondo lui - egiziano. Da oggi ho deciso di farmi chiarame Jack, tipico nome italiano .
Il simpatico ometto, che di simpatico proprio non ha nulla, ci consegna delle simpatiche buste: documenti, informazioni storico/culturali sul posto, numeri da contattare in caso di emergenza? No, no, no, ancora meglio! Le escursioni organizzate dal resort!
Nei trenta minuti che ci separano dall'arrivo ci dice triste triste che la cucina purtroppo è chiusa (era mezzanotte passata), non avremmo potuto mangiare la pasta (ma chi ca*zo se ne frega volevo dirgli) però avevamo a disposizione un buffet freddo. Il nome della sala, Anubi
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