Nel gruppo dei nuovi e giovani miliardari arricchitisi velocemente, l’oligarchia russa occupa una posizione di spicco a causa dei suoi esordi tra i più rapaci.
Oltre 2/3 ( il 67 per cento) degli odierni oligarchi miliardari russi ha iniziato ad accumulare ricchezze intorno ai venticinque anni. Durante l’infame decennio degli anni ‘90, sotto il governo quasi dittatoriale di
Boris Yeltsin e dei suoi consiglieri per un’economia filoamericana Anatoly Chubais e Yegor Gaidar, l’intera economia russa venne svenduta ad un prezzo politico ben inferiore al suo reale valore.
Senza eccezione alcuna, i trasferimenti di proprietà vennero realizzati attraverso assassinii compiuti con tattiche da gangster, furti colossali, confisca di risorse statali, illecite manipolazioni del mercato azionario e acquisizioni. I futuri miliardari hanno depredato la Russia per beni del valore di oltre 3000 miliardi di dollari tra aziende, trasporti, petrolio, gas, ferro, carbone, e altre risorse che prima appartenevano allo stato.
Contrariamente agli esperti di diritto pubblico europei e statunitensi sia di destra che di sinistra, ben pochi leader dell’ex classe dirigente comunista appartengono all’odierna oligarchia dei miliardari russi. In secondo luogo, contrariamente alle affermazioni di “inefficienza comunista” fatte dai creatori di propaganda, l’ex unione Sovietica aveva sviluppato miniere, industrie e aveva reso remunerative e competitive le aziende energetiche prima che venissero rilevate dai nuovi oligarchi. Questo risulta ben chiaro dalle enormi ricchezze private accumulate in meno di un decennio da questi uomini d’affari criminali.
Virtualmente l’origine prima delle ricchezze di tutti i miliardari non ha nulla a che vedere con la costruzione, l’innovazione o lo sviluppo di nuove ed efficienti imprese. Le ricchezze non sono state cedute agli alti commissari del Partito Comunista (trasferimenti laterali), bensì confiscate dalle organizzazioni mafiose private guidate da neolaureati che velocemente le hanno utilizzate per corrompere, intimidire o assassinare vecchi dirigenti di stato e trarre così beneficio dagli irragionevoli consulenti del “libero mercato” occidentale del governo Yeltsin.
La rivista
Forbes pubblica ogni anno la lista degli uomini e delle famiglie più ricche al mondo. Ciò che più diverte delle note biografiche introduttive della famosa rivista americana riguardo i dirigenti russi è il continuo riferimento al fatto che la loro ricchezza se la sono creata da sé, come se rubare le proprietà dello stato, create e difese per oltre 70 anni con il sangue e il sudore del popolo russo rappresentasse il risultato delle abilità imprenditoriali di gangster poco più che ventenni. I primi otto dirigenti miliardari russi hanno tutti iniziato usando le maniere forti con i loro rivali, fondando “paper banks” [banche non operative, ndt] e rilevando alluminio, petrolio, gas, nickel, la produzione dell’acciaio e l’esportazione della bauxite, del ferro e di altri minerali. Ogni settore della vecchia economia comunista è stato saccheggiato dai nuovi miliardari: il settore delle costruzioni, delle comunicazioni, quello chimico, i beni di stato, le risorse agricole, la vodka, i beni alimentari, i terreni, i media, le automobili, le compagnie aeree ecc…
Con qualche rara eccezione, in seguito alle privatizzazioni del governo Yeltsin, tutti gli oligarchi ascesero rapidamente in vetta o quasi alla classifica degli uomini più ricchi del pianeta, uccidendo nel vero senso della parola o intimorendo ogni oppositore all’interno dell’ex apparato sovietico e ogni concorrente delle gang predatrici rivali.
Le misure politiche chiave che hanno facilitato l’iniziale saccheggio e i rilevamenti da parte dei futuri miliardari, sono state le vaste ed immediate privatizzazioni di quasi tutte le imprese pubbliche volute dal gruppo Gaidar/Chubais.
Questo “elettroshock” venne incoraggiato da un gruppo di consiglieri di economia di Harvard e in particolar modo dal Presidente statunitense Clinton, così da rendere irreversibile la trasformazione capitalista. La privatizzazione portò alle lotte tra le gang capitaliste e alla disarticolazione dell’economia russa. A conseguenza di ciò ci fu un abbassamento del tenore di vita dell’80%, la svalutazione del rublo e la svendita di inestimabili giacimenti di petrolio, gas e altre risorse strategiche a prezzi vantaggiosi a favore della nascente classe di predatori miliardari e di corporazioni multinazionali del petrolio e del gas europee e statunitensi. Oltre 100 miliardi di dollari all’anno vennero riciclati dai capi mafiosi nelle principali banche di New York, Londra, Svizzera, Israele e altrove, fondi che sarebbero poi stati riciclati nell’acquisto di beni immobili negli Stati Uniti, Inghilterra, Spagna, Francia e anche come investimenti in squadre di calcio britanniche, banche israeliane e società minerarie a capitale misto.
Durante il governo Yeltsin, i vincitori di queste lotte tra gang rivali, portarono avanti ed estesero questo loro modo di operare a diversi nuovi settori dell’economia e agli investimenti, non solo per sviluppare risorse già esistenti nello stato (come beni immobili, industrie estrattive e beni di consumo) ma anche all’estero. Sotto la presidenza Putin, gli oligarchi-mafiosi consolidarono il loro potere divenendo via via multimilionari, miliardari, multimiliardari e più. Da giovani delinquenti spavaldi e truffatori locali divennero rispettabili partner d’affari di aziende multi-nazionali americane ed europee, secondo quanto riportato dai loro portavoce occidentali. Secondo la stampa finanziaria, i nuovi oligarchi russi avevano ormai fatto il loro debutto sulla scena economica mondiale.
Tuttavia, come ha recentemente fatto notare
Putin, questi nuovi miliardari non sono riusciti ad investire o rinnovare e creare aziende competitive, nonostante le favorevoli condizioni di partenza. Fatta eccezione per l’esportazione di materie prime, beneficiata dall’aumento dei prezzi sul mercato internazionale, ben poco di quanto da loro stessi prodotto ha conquistato il mercato straniero, perché incapace di reggere la competizione che regna sul mercato stesso. Questo perché gli oligarchi hanno investito in settori diversi: speculazioni finanziarie (Suleiman Kerimov 14,4 miliardi di dollari, Mikhail Prokhorov 13,5), operazioni bancarie (Fridman 12,6 miliardi di dollari) e acquisizioni di miniere e stabilimenti per la lavorazione dei minerali.
I media occidentali hanno focalizzato la loro attenzione sulla rottura creatasi tra un piccolo gruppo di oligarchi dell’era Yeltsin e il presidente Putin e l’arricchimento di alcuni miliardari dell’era Putin. Tuttavia, le testimonianze biografiche dimostrano che non esiste alcuna frattura tra l’ascesa dei miliardari durante il governo Yeltsin e il loro consolidamento o espansione con Putin. La riduzione del numero degli assassinii reciproci e lo slittamento verso un tipo di competizione regolata sono una diretta conseguenza dell’ormai raggiunto consolidamento delle loro fortune e delle nuove regole del gioco imposte dal presidente Putin. Intorno alla metà del XIX secolo, Honoré de Balzac, esaminando l’ascesa della rispettabile borghesia in Francia, ne metteva in luce le dubbie origini:
“Dietro ogni grande fortuna, si nasconde un grande crimine”. I truffatori che hanno dato avvio all’ascesa, lunga decenni, della borghesia in Francia nel XIX secolo, impallidirebbero di fronte all’imponente saccheggio e carneficina che hanno portato alla nascita dei miliardari russi del XXI secolo.
tratto da qui :
http://www.ariannaeditrice.it/articolo. ... icolo=9984di James Petras - 02/04/2007
Fonte: Come Don Chisciotte