da Lebowski » 22/08/2011, 20:57
Quando ti insegnano il rugby, una delle prime regole filosofiche di questo sport è che non devi mai sentirti solo. Anche se hai la palla e hai di fronte a te 15 energumeni addestrati a stenderti a terra, sai che dietro di te hai 14 compagni pronti a proseguire la tua azione e a sorreggerti. E' uno sport di squadra. Il 14, l'ala, non può aver paura. è un ruolo atipico, strano: può non toccare palla per tutta la gara, ma sa che quando ce l'ha attaccata al grembo la sua squadra si gioca parecchio e lui diventa fondamentale, anche se per pochi secondi. Per gran parte della partita aspetta e scruta il gioco in attesa del momento propizio.
Ecco, io sto solo giocando aspettando sempre il momento propizio per muovere all'attacco ed avanzare verso l'agognata meta. Però mi trovo solo, G. non si muove. Non ho nessuno alle spalle ma non ho paura. Quando l'ovale passa tra le mie mani, attacco. La squadra che prova a entrare sul terreno, non invitata, è formata da due olandesi. Il primo va sull'altra, il secondo va sulla mia. Ah, dimenticavo: il nome della mia musa è Jaqueline.
Lei lo manda via, gli fa capire che è già con me. Ottimo. Mi chiede di aiutarla a mandare via l'orange e io la butto lì: lei è mia moglie. Dato che l'altra è realmente sposata, ho deciso che per solidarietà anche lei doveva esserlo. L'orange fila via con la coda tra le gambe. L'altro olandese rimane sull'altra ma m'importa nulla. Vado in bagno e, uscito dal bagno, faccio per dirigermi verso il rubinetto per lavare le mani. Davanti a me vedo l'orange rimasto che, molto più alticcio di me (quindi molto ma molto ma molto ubriaco) mi dà la mano. Io cerco di evitare, per lui più che per me ma lui insiste e mi vedo costretto ad accontentarlo. Gli stringo così la mia mano dopo aver fatto pipì e rido. Lui continua con "I'm from Holland, and you?". Quando per la 4 volta gli rispondo Milano, mi viene in mente di dire, alla quinta, la prima città che mi balza per la testa per vedere la sua reazione. Purtroppo la quinta non avverrà mai. Intanto tra me e Jaqueline continua la socializzazione. Ogni tanto si ride, si chiacchera, si beve: facciamo un giro di tequila bum bum.
Poi si fanno le due e il pub fa per chiudere così decidiamo di andare in un discopub poco distante. Entriamo e ci viene offerto a prezzo di favore un coca Jack. Posso forse rifiutare la visita del doctor J? No, così anche il whiskey finisce nella lista degli alcolici trangugiati.
Restiamo lì un po' e dopo qualche minuto io e Jaqueline usciamo. Siamo soli, appena fuori dal locale. G. è tornato in albergo e l'altra sua amica non si sa che fine abbia fatto.
Ho l'ovale tra le mani, ottengo il numero di telefono, avanzo più veloce del vento. Quando a un certo punto lei mi chiede i programmi della mia vacanza. Io sono sincero e le dico che di lì a due giorni andrò a Brema. Boom! Placcato e gettato fuori dalla linea laterale. Non l'avessi mai fatto! D'un tratto lei se la prende e capisco di essermi giocato la meta finale. Ok, si è scherzato ancora sul fatto di essere sposati, ma cosa dovevo fare? Si aspettava realmente il sì? Dopo pochi minuti ecco tornare la sua amica. Sono quasi le 4 e mi comunicano che devono andare. Provo un ultimo attacco ma ottengo solo un paio di baci della buonanotte, dando comunque spettacolo. Ricordo due scene, annebbiate dai fumi del (tanto) alcool che ho in corpo. Lei che mi dice "sposati quella là" indicando una passeggiatrice vestita di rosa, dopo che le ho comunicato Brema e io che vado dalla passeggiatrice e le dico che quella, indicando Jaqueline, sarà mia moglie. Poi le dono un mio anello, lei lo prova e le calza a pennello. Grido per la piazza "Jaqueline is my wife" e lei ridendo me lo restituisce. Jaqueline is not my wife. Dopo di che le due si sono allontanate, non prima del bacio d'addio.
Sono partito con lei che non voleva uomini e le ho parlato.
Sono partito con lei che non voleva baci e l'ho baciata.
Insomma, una donna che dice no per dire sì e che già si immagina all'altare con l'uomo appena conosciuto. Poi dicono che le donne occidentali non sono tutte uguali. Se qualcuno cercava una prova che spiegasse la globalizzazione eccolo servito. La globalizzazione fa schifo.
Sono le 4 e decido di tornare in albergo convinto di ritrovare G.
In giro c'è ancora un bel po' di gente. St. Pauli ha una nighlife spettacolare e, quindi, non ho voglia di andare a letto.
Raggiunta la camera e raggiunto G. gli comunico l'esito della partita e la mia intenzione di uscire ancora, devo provare a smaltire una sbronza che sa di colossale.
All'uscita il portiere di notte saluta G. e ride guardando me. Non oso pensare al mio livello alcolico.
Dopo una breve passeggiata di un'ora per prendere un po' di aria torniamo in stanza. Io però inizio a sentire il sintomo tipico delle sbronze e corro un paio di volte in bagno.
Del resto il bollettino di guerra parla chiaro:
birra: 2 medie e 1 piccola
amari: 1 jagermeister
vodka: 2 shots
tequila: 1 shot
Cocktail: 1 coca jack
Sto male. Ma vado a letto e riesco ad addormentarmi. La luce dell'alba, intanto, fa capolino dalla finestra.
Una serata da ricordare.
A volte sei tu che mangi l'orso e a volte è l'orso che mangia te. (lo Straniero)