Sofija è sempre stata una città che mi ha infuso un certo fascino. Bella o brutta che sia, non lo so, ma è uno dei posti con i quali nutro più feeling.
L'ultima volta in città risaliva a praticamente un anno fa di rientro dalla solita Skopje.
L'occasione di ritornare nella capitale bulgara si presenta quando il nostro Sbernaz viene sbattuto in città a tempo determinato per motivi lavorativi.
Quale miglior ragione allora per effettuare un corso di aggiornamento della città e trascorrere un paio di giorni di quelli buoni insieme a Sbernaz stesso e Gc che si accoda al blitz?
Come da tempo immemore oramai, la Cappa negativa sta all'erta sui miei movimenti e dopo un certo periodo di semi disinteresse nei mie confronti decide di ritornare prepotentemente viva per il Natale.
Il decollo è previsto per venerdi sera da Forlì. Ottimo orario, si sgomma via dopo il lavoro ed in serata arriviamo già pettinati in Bulgaria per una serata degna di nota. Questo è quello nei nostri intenti. Niente di più sbagliato visto che la Cappa rompe il ghiaccio con la proclamazione dello sciopero generale dei trasporti ferroviari. Unica soluzione possibile, a questo punto, è raggiungere Forlì in auto. Poco male se il volo di ritorno non sarebbe poi su Treviso.
Non c'è altra soluzione e via in auto verso la città romagnola.
Il margine di tempo prima che l'aereo salpi e sufficiente se non fosse che la Cappa decide di viaggiare con noi. Una tempesta di pioggia clamorosa inizia a scrosciare non appena ci mettiamo in auto e ci abbandona solo quasi a destinazione. Traffico cittadino in uscita impazzito per mancanza anche del trasporto pubblico ed andatura limitata a causa delle condizioni atmosferiche avverse ci fanno raggiungere l'aeroporto al limite temporale delle capacità umane. Rischiamo anche la riserva del serbatoio di benzina per non perdere minuti preziosi dal benzinaro.
Per fortuna che Forlì è un aeroporto che si presta a queste imprese essendo piccolissimo e con pochissimi voli.
Tra i passeggeri diretti a Sofija notiamo delle bellezze interessanti che non notavo più su di un volo oramai da anni. Troppo buona qualità per andare tutto liscio ed infatti...anche la Cappa fa il check in con gli altri passeggeri e fa alzare un vento di 39° che fa letteralmente tremare i vetri ed alcune strutture del semi improvvisato aerodromo forlivese.
Il volo in arrivo da Sofija, che dovrebbe caricarci e portare in Bulgaria, tarda ad arrivare e sempre più si insinuano in noi strani presagi nefasti. Infatti.
La Cappa, invisibile ma presente e pronta ad imbarcarsi con noi, fa atterrare l’aereo a Rimini e fa dichiarare il nostro volo cancellato.
Scena da dramma familiare napoletano si consumano nella hall dell’aerostazione con decine di bulgari in procinto di rientrare a casa per le vacanze di Natale con paccottiglia italiana come doni da consegnare sotto l’albero.
Un gruppetto di ultracinquentenni italiani si accoda alle lamentele in quanto la cancellazione non significa solo perdita del volo ma anche quello di affari molto più appaganti per loro e paganti per chi li aspetta.
Un ragazzo bulgarro, più di tutti, impreca, è scalmanato, nessuno riesce a contenerlo. “Non preoccuparti, arriverai con un altro volo ma in tempo per celebrare il Natale con la tua famiglia”, cercano di farlo rinsavire. “Ma quale Natale e famiglia??? Mi perdo la serata al Sin City (nota discoteca di Sofija); il venerdì è la migliore”...
Essendoci ancora dubbi sulla cancellazione del volo o meno, vista la confusione che regna tra gli addetti aeroportuali, “L’importante è arrivare, se arriviamo in ritardo ti rifai con i saldi, non preoccuparti”, lo rincuoro io. Finalmente si calma.
Dopo quasi 3 ore di lamentele e voci incontrollate sullo stato del volo, arriva la conferma che l’aereo eseguirà la tratta Rimini – Forlì – Sofija in nottata.
La gente esulta alla stregua dei 4000 cosentini al gol di Marulla contro la Salernitana al 6° minuto del secondo tempo supplementare del 26 giugno 1991 all’Adriatico di Pescara.
Purtroppo però, la mia accomodazione da amici nella periferia di Sofija è saltata a causa del clamoroso ritardo e sono “costretto” ad usufruire di un giaciglio a casa di Sbernaz, lo stesso già riservato da Gc. Oltre al fatto che anche la nostra serata programmata in qualche localaccio del centro cittadino è annullata.
Sbernaz ci accoglie calorosamente e dopo averci rifocillato con una birra locale e un paio di bicchierate di rakja fatta in casa che mi sbunna completamente, io e Gc ci afflosciamo nei nostri giacigli attigui.
Il risveglio è leggiadro, la Cappa ha fatto perdere le sue tracce alla partenza e fuori c’è un discreto sole.
Siamo pronti a passeggiare per le strade della capitale bulgara che tanto fascino e storia regalano. Come già meditato durante la mia prima visita in città alcuni anni fa, in testa si affollano i famigerati servizi segreti bulgari, il pippero, i “lupi grigi” di Alì Agca, i “bulgari” di Mai dire Gol.
La visita, in compagnia anche di nostre amicizie locali, prosegue fino al sopraggiungere del "tempo del masticare qualcosa". Durante la lauta masticata... toh!... chi si rivede... la Cappa negativa ovviamente...
Svegliatasi anch’essa, ci ricorda che in fondo oggi è il suo anniversario: giorno 17 del mese. E via di pioggia, acquazzone, squarci del cielo, acqua a catinelle, tempesta tropicale , tifone, uragano. Fino al’’alba del giorno dopo. Perché il sole risorge? Certamente no. Solo perché è l’ora in cui l’arbitro fischia e facciamo il nostro rientro a casa.
Ma come? Dal primo pomeriggio all’alba non c’è più niente da ricordare? Ma certo che si.
La Cappa esce con noi anche la sera naturalmente. E si fa notare quando un vecchio francese rovescia sul nostro tavolo un attaccapanni con 100 chilogrammi di cappotti sul nostro tavolo spaccando bicchieri, schizzando liquidi alle stelle, rovesciando tutto quello che è in traiettoria tra noi e lui.
“Excuse moi”, sibila il francese. “Excuse moi il cazzo”, gli tuona Sbernaz.
Ma la Cappa non si accontenta e fa di tutto per rovinarci la serata prenotando tavoli in ristoranti e discobar in tutta la città, cercando così di metterci i cosiddetti bastoni tra le ruote. Solo arrivati alla Z di Zizì riusciamo a trovare un posto consono alle attitudini nostre e dei nostri amici a cui ci accompagniamo.
La domenica, giorno della nostra partenza, un tiepido sole brilla sulla città. Anche il volo è regolare e viene data anche la possibilità di rivangare le reminiscenze di croato con delle avvenenti avventrici estemporanee.
Ma la Cappa, oramai chissà dove evaporata, ci lascia il suo ultimo souvenir. Atterrando a Treviso, in condizioni normali, saremmo poi potuti attraccare in treno a Firenze intorno le 17:30. Ma la Cappa ci ha fatto lasciare l’auto a Forlì… ed allora via col tour dell’Italia del nord che ci porta a Firenze intorno le 22.
Come si usava dire ai tempi: “Cappa strikes again”.