da Maxdivi » 26/06/2013, 14:09
Il valido parere di difesa.it riguardo a Bosnia-Croazia:
" Questioni tra Croazia e Bosnia Erzegovina sulla gestione
del Porto di Ploce, sull’accesso al mare del porto di Neum e
sul ponte autostradale sulla penisola di Sabbioncello.
Tra i tanti nuovi confini creatisi con il processo di dissoluzione della Jugoslavia,
uno dei più particolari è quello che ha preso forma lungo la costa dalmata nei pressi
della penisola di Sabbioncello. In questa parte della costa croata la Bosnia
Erzegovina possiede l’unico sbocco al mare, nei pressi della piccola cittadina di
Neum. Quello che invece durante la Jugoslavia era il porto di Sarajevo, Ploce, posto
alle foce del fiume Neretva, è rimasto un porto in territorio croato ma privo del
necessario retroterra commerciale per il quale fu costruito, rappresentando il
secondo porto dell’Adriatico croato dopo Fiume. Questa particolare situazione ha
fatto nascere tra Croazia e Bosnia Erzegovina due contenziosi di natura “marittima”.
Uno relativo all’utilizzo del porto di Ploce secondo quanto previsto dagli accordi di
pace, l’altro relativo all’attraversamento della striscia di 10 chilometri in territorio
bosniaco che interrompe la continuità territoriale della costa croata comportando
ostacoli per il transito di viaggiatori e merci in transito tra la Dalmazia centrale e
quella meridionale. Le difficoltà di attraversamento e di transito dei due valichi di
frontiera bosniaci hanno spinto il governo croato a ipotizzare un progetto alternativo
con la costruzione di un ponte sospeso tra la costa croata e la penisola di
Sabbioncello. Tale ponte, ha tuttavia l’effetto di chiudere e limitare fisicamente le
acque territoriali bosniache nell’Adriatico, che ad ogni modo non hanno uno sbocco
alle acque internazionali in quanto interamente enclavizzate dalle acque interne
croate, un caso estremamente peculiare nell’applicazione delle regole della
Convenzione internazionale UNOCLOS.
Le questioni aperte in tema di confini marittimi tra Croazia e Bosnia Erzegovina
che possono influenzare la sicurezza marittima tra i due paesi sono dunque le
seguenti :
18
o Questioni relative alla gestione del porto di Ploce
o Questione della definizione e tracciamento del confine marittimo nei pressi di
Neum e del fiume Una e questione del possesso dei due scogli disabitati Veli e
Maliki Skoj.
o Questione della costruzione del ponte sulla penisola di Sabbioncello ed accesso
alle acque croate.
Tali questioni sono ancora aperte, nonostante la stipula di vari accordi che tuttavia
non sono ancora stati ratificati nei due parlamenti e non hanno pertanto ancora la
necessaria forza giuridica. Un primo accordo tra i due paesi fu sottoscritto nel 1999
dai due presidenti Tudjman e Itzebegobvic denominato “Trattato sui confini di Stato
tra la repubblica di Croazia e la Bosnia Erzegovina”. Un successivo accordo è stato
firmato nel 2005, ma sempre senza una ratifica parlamentare. In tale maniera le
questioni territoriali sono state affrontate e parzialmente risolte ma non
definitivamente chiuse e restano quindi sul tappeto per essere influenzate dal più
generale andamento dello stato delle relazioni politiche bilaterali.
Inoltre, un aspetto peculiare alla situazione interna della Bosnia Erzegovina è
rappresentato dal fatto che il sistema politico bosniaco è costruito sulla base del
criterio dei tre popoli costitutivi, uno dei quali è quello croato. Pertanto le rigide e
spigolose dinamiche etno – politiche interne alla Bosnia Erzegovina complicano
notevolmente la costruzione di una posizione comune ufficiale del paese. A causa di
questa dinamica interna etnopolitica gran parte del lavoro dell’ufficio dell’Alto
Rappresentante della comunità internazionale per la Bosnia Erzegovina negli accordi
del 1999 è stato rappresentato dal dover mediare e negoziare tra le tre diverse
anime della delegazione bosniaca. Delegazione che difatti era costituita da 6 esperti
di cui 2 croato – bosniaci, 2 serbo – bosniaci e 2 bosniacchi.
Per quanto concerne il confine marittimo di Neum esso è il frutto di una lunga
eredità storica. Il confine meridionale è l’antico confine esistente fin dal XIV secolo tra
l’Impero Ottomano e la Repubblica di Ragusa. Quello settentrionale, che dista una
decina di chilometri, è invece il frutto della definizione dei confini tra l’impero
19
Ottomano – che controllava la Bosnia Erzegovina – e la Repubblica di Venezia - che
controllava la Dalmazia – previsti dalla Pace di Carlowitz del 1699. Con essa, tra le
altre cose, l’Impero Ottomano acquisiva la piccola striscia territoriale di Neum per
ottenere un proprio sbocco al mare. Tre secoli dopo la questione dell’accesso al
mare della Bosnia Erzegovina si ripropone nuovamente, dopo che durante il periodo
della Jugoslavia comunista il problema era stato risolto attraverso la gestione
federale – e al tempo stesso centralizzata ed autoritaria – del paese, sviluppando il
porto croato di Ploce (Porto Tolero) a sostanziale beneficio della capitale bosniaca
Sarajevo.
Dopo la guerra e l’internazionalizzazione del confine tra Croazia e Bosnia
Erzegovina si è chiaramente riproposto il problema dell’accesso marittimo della
Bosnia Erzegovina, essendo il porto di Ploce rimasto in territorio croato dopo la
secessione jugoslava. Di fatti, tutta la questione dell’accesso al Mare della BiH
andrebbe inquadrata correttamente nella questione dell’utilizzo del porto di Ploce e –
in un certo qual modo – nella sua “internazionalizzazione”, piuttosto che nella
questione dell’accesso alle acque internazionali della piccola cittadina turistica di
Neum, che non è dotata di un vero e proprio porto. La delicatezza della questione
era chiaramente inquadrata anche al momento della stipula degli accordi di pace e di
quelli successivi, al punto che la comunità internazionale optò per una sorta di
internazionalizzazione del Porto la cui gestione, con l’Accordo sul Porto di Ploce del
1999, fu demandata ad un Board costituito da 7 membri di cui 3 nominati dal governo
croato 3 dal governo della Bosnia Erzegovina più un rappresentante internazionale
che avrebbe potuto equilibrare le deisioni gestionali del porto in caso di impasse tra
le due compnenti nazionali. Tuttavia tale sistema non riuscì ad essere messo in
concreta attuazione a causa dell’opposizione del governo croato che a lungo ha
boicottato l’applicazione dell’accordo di Washington sul porto di Ploce. L’accordo,
oltre a prevedere la gestione congiunta del porto ed una serie di diritti di controllo da
parte bosniaca prevedeva anche il leasing di una parte del porto per 99 anni alla
Bosnia Erzegovina. La posizione croata di nessuna cessione sui diritti di sovranità su
Ploce portò nel 2003 a spingere il governo bosniaco ad una revisione dell’accordo,
eliminando nel 2003 il meccanismo che prevedeva la presenza del rappresentante
20
internazionale. La Croazia, difatti non voleva accettare il fatto che la gestione di un
porto posto in territorio croato potesse correre il rischio, con il meccanismo della
presenza di un board a maggioranza straniera, di venire gestito non in
coordinamento con i desiderata del governo croato. Per Zagabria non era solamente
una questione di principio e di sovranità territoriale ma vi era anche un interesse
diretto e strategico sia come forma di condizionamento della vicina Bosnia
Erzegovina, paese con il quale il numero dei contenziosi aperti era molto elavato, sia
in quanto Ploce rientra nella partita delle infrastrutture di trasporto paneuropee come
porto di arrivo del corridoio Vc. Nel 2003 venne costituita la Società commerciale
Luka Ploce, una società per azioni in maggioranza controllata dal governo croato
attraverso la presenza nell’azionariato del Fondo Croato di Privatizzazioni e del
Fondo Croato delle Pensioni. L’impasse tra i due paesi, che a lungo aveva impedito
un ritorno alla normalità del traffico commerciale nel porto di Ploce, venne
gradualmente superato nei fatti consentendo alle merci dirette in Bosnia Erzegovina
via Ploce un transito esente da dazi e attraverso la concessione al governo di
Sarajevo della possibilità di realizzare alcuni investiemnti nei terminal del porto.
Per quanto riguarda il tracciamento del confine marittimo esso rappresenta un
argomento ancora non soluto in quanto, fermo restando il fatto che qualunque
tracciamento dei confini nella baia di Klek e nel canale di Mali Ston non
consentirebbe alle acque territoriali bosniache di raggiungere le acque internazionali
senza attraversare le acque interne croate, sussistono almeno due rivendicazioni
formali che impediscono la ratifica degli accordi di definizione dei confini nei due
21
paesi. In particolare la Croazia ha in passato rivendicato, in maniera anche
veemente5, il possesso di due piccoli scogli posti nel canale di Mali Ston, Veliki e Mali
Skoj mentre ha lasciato intendere che potrebbero esserci argomenti anche per la
rivendicazione sull’intera penisola di Klek, cogliendo le proteste mosse dalla contea
di Dubrovnik che ha contestato l’individuazione dei confini tra i due paesi sulla base
dello status quo territoriale del 1991.
Per dare soddisfazione alle proteste degli interessi locali il governo croato ha a lungo
evitato di procedere con la ratifica dell’accordo sulla base che potrebbero esserci
nuove
evidenze giuridiche che non prese in considerazione durante la negoziazione degli
accordi. La questione del confine marittimo nella baia di Neum rimane dunque una
questione aperta ed in corso di definizione nonostante il fatto che la natura del
contendere sia sostanzialmente assente nonché gli interessi strategici. E’ chiaro che
questo tipo di contenziosi vengono spesso lasciati in sospensione tra la parziale e
definitiva soluzione, in parte per mantenere potenziali argomenti di ritorsione contro i
paesi contermini, in parte al fine di non alienare con l’azione di governo opinioni
pubbliche o partiti politici orientati in senso nazionalista nell’uno e nell’altro paese..
Infine, collegata alla stessa zona marittima della Bosnia Erzegovina
nell’Adriatico è la questione nata attorno al progetto di costruzione di un ponte
stradale che dovrebbe collegare la terraferma croata alla penisola di Sabbioncello.
Il progetto del ponte è stato ipotizzato sia per dare continuità territoriale e strategica a
tutta la costa croata, sia per ridurre i tempi di transito per il traffico turistico, locale e
commerciale e per evitare l’attraversamento di due frontiere da parte dei viaggiatori.
Con l’ingresso della Croazia nella UE i due valichi costieri con la Bosnia Erzegovina
diverranno due frontiere dell’Unione e dovranno pertanto garantire, al di là
dell’ingresso o meno della Croazia nello spazio Schengen, la dovuta rigidità dei
controlli frontalieri sia per il transito passeggeri che commerciale.
5 Vedi Dino Saffi, S'infiamma il contenzioso marittimo tra Croazia e Bosnia
Sanader: “Sono croati gli isolotti dinanzi a Neum”, La Voce del Popolo 7 marzo 2007
gli isolotti dinanzi a Neum»
22
Da questi problemi nasce l’idea di Zagabria di costruire un ponte che dalla costa alla
penisola di Sabbioncello (Pelješac). Il progetto risale al 2004 e prevede la
costruzione di un ponte sospeso della lunghezza di 2.347 metri con una campata
centrale di 568 metri, 200 dei quali navigabili e un’altezza di 55 metri. Le strutture
accessorie dell’opera prevedono anche la realizzazione di un’autostrada di
collegamento di 15,64 km con due tunnel di 2490 e 470 metri e di ulteriori due ponti
di 550 e 80 metri. Il tutto andrebbe ad inserirsi nella nuova autostrada litoranea in
costruzione, per un costo previsto netto di circa 280 milioni di euro.
Il governo bosniaco ha a lungo contestato questo progetto sulla base di due
argomentazioni. La prima è che in virtù della indefinita questione dei confini marittimi
non sarebbe certo che il ponte venga a trovarsi interamente nelle acque territoriali
croate e che pertanto ogni progetto di questo tipo andrebbe sospeso fino alla
completa definizione degli spazi territoriali marittimi. Questa argomentazione risulta
essere piuttosto speciosa in quanto oggettivamente le eventuali rivendicazioni
bosniache sul tracciamento dei confini non potrebbero spingersi oltre Capo Meded e
pertanto non potrebbero mettere in discussione la sovranità sulla striscia di mare su
cui insisterà la costruzione. La seconda è relativa al fatto che il ponte chiuderebbe
interamente con una infrastruttura fissa (e non basculante) l’unico accesso alle acque
internazionali per la Bosnia Erzegovina impedendo un futuro sviluppo del porto di
Neum, per il quale evidentemente il governo bosniaco ha in mente progetti di
accrescimento. Tale seconda obiezione ha a lungo bloccato il progetto del ponte e
ne ha fatto rivedere il progetto tecnico aumentandone la campata da 35 a 55 metri in
maniera tale da consentire un eventuale traffico anche a navi più grandi. La Bosnia
Erzegovina sostiene però che l’altezza del ponte dovrebbe essere almeno di 65 metri
ed il governo di Sarajevo è intenzionato a portare il contenzioso al tribunale
internazionale per il diritto marittimo di Amburgo.
Le questioni marittime tra Bosnia Erzegovina e Croazia sono restate di una
marginale ma persistente rilevanza, spesso collegate agli sviluppi delle dinamiche
politiche interne. Anche vari organismi europei, come il Consiglio d’Europa, si sono
23
interessati più volte della vicenda e sono intervenuti tra i due paesi svolgendo un
ruolo di mediazione e conciliazione. Un ruolo che, se non ha definitivamente risolto i
contenziosi marittimi tra i due paesi, ha fatto sì che essi rimanessero in una fase di
latente conflittualità senza produrre conseguenze maggiormente negative sugli –
spesso difficili – problemi bilaterali tra i due paesi. "
Seviyorsun sen bebegim, canimsin benim