Tornato in questo istante da un'ora e mezza di passeggiata notturna a zonzo per Sultanahmet.
Esco dall'albergo a mezzanotte a caccia di qualcosa da mangiare. Nessuno in giro eccettuato lo spiazzo tra la Moschea blu e Agia Sofia. Sbuco all'improvviso sul Bosforo e quasi mi commuovo: l'acqua è immobile e al di là dello stretto - tozza come un creme caramel, irreale come un ufo - troneggia Haydarpasha inghirlandata di lucine per le feste, come non si fosse ancora abituata alla sua nuova condizione di inutilità. Percorro il Bulvàr Kennedy a grandi falcate spaventando diversi esemplari della nutrita colonia di aironi che nidifica sulle sponde del Bosforo, mentre il Topkapi quasi si perde nella sua stessa gigantesca mole. Mi si parano davanti un paio di branchi di cani randagi, giro al largo, quelli dopo un po' perdono interesse nel sottoscritto e vanno per la loro strada. All'altezza dell'imbarcadero lo spettacolo delle sponde contrapposte di Scutari e Galata stordisce. E' ora di tornare, ma i mezzi hanno smesso di circolare da un pezzo. E allora, come in un film o una canzone, le rotaie del tram ci porteranno fino a casa. Un'ultima deviazione dal percorso, un cagnone fortunatamente solitario e scodinzolante che mi segue fino alla porta dell'albergo. Se fossi uno che crede agli animali-guida giurerei di averne appena incrociato uno; comunque sia mi giro un'ultima volta per ringraziarlo sentitamente della compagnia, non si sa mai. E poi gli occhi di quel cane avevano qualcosa. Sarà la stanchezza, sarà la suggestione, sarà che alla fine non ho mica mangiato niente.