Se mi avessero detto "stai andando su Marte" in parte ci avrei creduto. Il Giappone mi ha colpito molto perché ha una cultura molto particolare, diversa da qualunque altra al mondo. E' uno di quei viaggi da affrontare preparati, che iniziano prima della partenza. Molto prima, che richiedono documentazione a riguardo per capire alcuni aspetti. Per molti la cultura giapponese fa già parte di noi, sin dall'infanzia, grazie agli anime che han fatto entrare in casa nostra le case e le abitudini di questa popolazione.
Certo, un viaggio di qualche giorno non consente di entrare nella loro cultura. Al massimo di sfiorarla. Ma tanti episodi o particolari durante il viaggio sono state conferme che ho trovato lungo il cammino. Ogni giorno si potevano cogliere alcuni aspetti e vivere o provare esperienze nuove.Questo è ciò che mi ha colpito di questo viaggio. Un paese che ti lascia con tanti perché, con tante apparenti contraddizioni, che in fondo sono parte integrante del suo fascino.
Atipico, sicuramente. E quindi ho scelto di buttare giù un racconto un po' particolare.
Giorni: dal 5 al 18 agosto.
Città: Tokyo, Kyoto, Yokohama. Più escursioni a Hiroshima, Nara, Kamakura.
Giorno 1 (5-6 agosto)
Marco P: "Posso sedermi?"
Io: "Fai pure, mancano ancora un po' di ore prima dell'atterraggio. In un certo senso siamo connazionali e quattro parole con un gran viaggiatore le faccio volentieri"
Marco P: "Vero, avete ancora il leone in città?"
Io: "Certo, ne abbiamo due. E guai a chi ce li tocca!"
Marco P: "Maestoso, fiero, possente. Un bel simbolo. Meglio della lupa, che per quanto la si possa amare rimane pur sempre una cagna selvatica"
Risate reciproche.
Io "Cosa ti affascina più di tutto del Cipango?"
Marco P: "Hanno ricchezze enormi. Oro, seta ed altro. Ma è proibito commerciare. Sono letteralmente chiusi con il mondo esterno, come se il paese fosse una gigantesca campana di vetro buttata nell'Oceano"
Io: "Vero. Solo nella seconda parte del 1800 si apriranno al mondo. Saranno gli americani a costringerli, in un certo senso. Loro capirono che era necessario: per non rischiare di finire colonia, per impossibilità militare. Ma molti, in particolare i samurai, non lo accettarono volentieri. Sino ad allora il paese era ancora in un'epoca simile al nostro medioevo. Non hanno mai vissuto epoche storiche di mezzo. Ed è incredibile pensare a dove sono arrivati in quasi 150 anni. I progressi tecnologici, ad esempio, su cui primeggiano - o quasi - e che sono già futuro. I treni, ad esempio. Hanno l'alta velocità dagli anni 60. Una cosa stupefacente. Immobilismo per secoli, e poi una corsa a velocità supersonica verso il futuro"
Marco P: "Vero. Il fascino del Cipango è anche questo contrasto tra vecchio e nuovo"
Io: "Puoi dirlo forte"
Marco P: "ok, è mezzogiorno. Vado a mangiare qualcosa, sull'aereo c'è sushi a volontà. Fai buon viaggio. Considerando le tue origini, non fare il cojone!"
Io: "Ci proverò, ciao e grazie della visita. Buon viaggio anche a te"
Il volo scorre via abbastanza bene. Sushi e bibite a volontà, cordialità e puntualità. L'unico problema è stato il cibo sul volo verso Francoforte, uno squallido tramezzino a base di tacchino, peperoni, salsa sconosciuta, cipolle e altro in mezzo a due fette di pane nero. Ho evitato dopo il primo morso. Così, in Germania mi sono dovuto recare a un ristorante dell'aeroporto per prendere qualcosa e, più che il cibo di scarsa qualità (una pizza al trancio, scelta obbligata causa costi inumani delle altre proposte - un panino più di 6 euro), la cosa più divertente è stato vedere per la 30323424234° volta due tedeschi mangiare un piatto di spaghetti. Due pensionati, hanno letteralmente stuprato il piatto italico: tagliavano con il solo cucchiaio e poi mangiavano, sempre con il cucchiaio.
Io ormai mi son convinto che è una questione genetica, di DNA.
Il volo intercontinentale non sarà dei più semplici: quasi tutto insonne causa giapponese a fianco, che deciderà di bere. E mi accorgerò subito di una cosa: forse per motivi genetici, i giapponesi non reggono l'alcool. Dopo 2 bicchieri di vino, una birra e una crema al whisky questo è andato. Lui non starà mai fermo e si sentirà male, io non riuscirò a dormire e all'arrivo mi sentirò stanchissimo.
Lo stesso capitano dell'aereo verrà un paio di volte a sincerarsi delle sue condizioni di salute, convinto di trovarsi davanti un uomo disidratato.
Poi, all'arrivo a Narita compilo i vari moduli, mi faccio scattare una foto, consegno le mie impronte digitali e mi reco subito a fare il biglietto per l'autobus verso la città e l'abbonamento trigiornaliero al complesso sistema metropolitano cittadino.
Il pullman è in partenza da lì a 4 minuti. Così corro letteralmente verso la banchina. Appena uscito dall'aeroporto vengo letteralmente preso a sberle da una delle cose tipiche di questo paese: il caldo umido. Due ceffoni sonanti. Sono circa le 8 del mattino ma l'umidità è spaventosa. Poi, una volta partiti, sarà un'altra delle tipicità giapponesi a darmi il benvenuto: terremoto di scala 5,6 RIchter.
Io non mi accorgo di nulla - in autobus, credo sia avvenuto mentre ero lì, non si sente nulla - e solo il giorno dopo verrò a conoscenza dell'accaduto e sarà Fedea a cominicarmelo. Le cronache riportano di palazzi barcollanti a Tokyo. Fatto sta che una volta giunto in città io non noto nulla di strano e la vita scorre via come sempre, veloce e frenetica.
Arriviamo a Tokyo stazione dopo circa un paio di ore. Io scendo, ritiro la valigia e chiedendo qua e là mi incammino verso la stazione del metro scambiando 2 parole con un giovane americano. Intanto mi trascino i bagagli e sudo come un cammello in mezzo al deserto. Fa un caldo mostruoso. La metropolitana e le preoccupazioni circa la sua complessa ragnatela di linee, compagnie etc viene saltata a pie' pari: l'abbonamento evita gran parte di queste preoccupazioni. Anche l'unica cosa problematica, che potrebbe essere veramente problematica, ovvero l'uscita corretta una volta arrivato è di facile realizzazione dato che avevo chiesto info all'hotel.
Capisco subito che quello sarà il solo problema relativo alla metropolitana: è importantissimo guardare i pannelli gialli, che indicano l'uscita corretta. In certe stazioni ci sono circa un centinaio di uscite e alcune possono portarti, una volta in superficie, a chilometri di distanza dal punto cercato. E, una volta lì, tutto diventa più difficile. Se non si conoscono le uscite potete già mettervi a piangere in cinese.
La settimana prima con google maps avevo imparato il tragitto verso la struttura e quindi nel giro di pochi minuti mi presento all'hotel.
Non male, specie per il rapporto prezzo/location. camera un po' piccola, ma siamo in giappone e ci sta.
Faccio subito una doccia, mi cambio e anche se stanco esco per mangiare e girare un po' il quartiere. Poi, dopo un'oretta scelgo di tornare in camera a riposare un po'. Punto la sveglia e verso le 15 mi rimetto in piedi per girare qua e là Shinjuku e recarmi a Shibuya. Dopo pochi minuti a girovagare mi accorgo subito dell'alta concentrazione di ristoranti etc. Dei megapalazzi di elettronica. Delle freneticità della città, che sembra sempre in continuo movimento.
A Shibuya raggiungerò il famoso incrocio grazie all'aiuto di un arzillo vecchietto che mi accompagnerà dalla fermata della stazione. Stavo consultando la mappa per capire dove andare e mi si è avvicinato chiedendomi dove dovevo andare. A vederlo non gli avrei dato 2 cents. Leggermente piegato in avanti, di età avanzata. In realtà raggiungeremo a passo spedito l'incrocio e io faticherò a tenere il suo passo tra la folla. Ne pagherò le conseguenze: sudato fradicio arriverò a destinazione dopo 5 minuti di cammino. Così decido di riposarmi un po' prima di fare qualche foto, recarmi al vicino starbucks per godermi lo spettacolo dall'alto e fare poi 4 passi per il quartiere. Dopo le foto alla statua di Achiko, faccio ritorno in albergo. Doccia e serata nel quartiere. Il buio cambia pelle a Shinjuku, che si riempie di mille luci. Faccio quattro passi per Ikebukuro e ricordo di aver visitato un centro Sega e di esser stato importunato 4 o 5 volte da buttadentro sala massaggi: sono tutti africani e fosse per me li prenderei e spedirei direttamente in africa a calci nel culo. Sono dei gran rompicoglioni e ancora mi chiedo come mai i giapponesi non abbiano messo in pratica il mio desiderio.
Fatta una certa ora, non tardi per i miei canoni ma per il mio fisico tardissimo (3 ore di sonno in 24 ore, oltre a viaggio aereo intercontinentale) faccio ritorno in albergo e mi butto a letto. La prima giornata a Tokyo è giunta al termine.