da Lebowski » 22/08/2017, 21:38
Giorno 2 - 5 agosto
La sveglia si fa attendere. E io decido di assecondarla.
Oggi ho deciso di fare una visita della città più approfondita e di visitare i suoi "luoghi simbolo".
Così, dopo aver chiesto qualche informazione alla padrona, mi incammino verso il Galerija 11/07.
è vicinissimo alla Cattedrale Cattolica. Prima di arrivare mi fermo a fare colazione in un bar lungo il viale pedonale e devo dire che il cappuccino è veramente buono, migliore di molti qua in Italia. Strano, forse la prima volta che mi capita all'estero. E anche il dolce, una fetta di baklava, non è male.
Il Museo del genocidio di Srebrenica è ben ideato e spiega molto bene ciò che accadde. Mi colpisce la targa all'ingresso, che ricorda come sia stato costruito con finanziamenti turchi. In città, lo noterò nei giorni a seguire, molte volte compare una targa con la bandiera turca a sottolineare la spesa per la ricostruzione di questo o quel luogo/monumento.
Comunque, eccidio e campi profughi conseguenti sono ben spiegati dall'audioguida (che forse dovrebbe avere più lingue ed essere meno prolissa), da foto, filmati etc. Forse manca una informazione non secondaria: perché avvenne, la causa che scatenò Srebrenica.
Dopo il museo, decido di pranzare e tornare un'oretta in camera. Mangerò in una caratteristica Cevapciceria. Finalmente li riassaporo e noto che il locale è sicuramente autoctono. Nessun straniero, cevapcici da mangiare con le mani (in sala c'è un lavandino a cui le persone accedono per lavarsele prima e dopo) e noto una cosa che mi tormenterà nei giorni a venire. Per ordinarli specifico "no vegetables" e loro ogni volta mi porteranno comunque le cipolle. Cosa sono per loro?
Il mistero rimane.
Le prime ore pomeridiane decido di trascorrerle al di là del fiume: voglio vedere un po' di zone non turistiche. Si vedono le case con i segni dei proiettili sui muri, gente indaffarata, scene di vita quotidiana.
Così torno e mi rilasso un po' su lungofiume. D'un tratto mi accorgo che l'assedio è ancora in corso, bombardano dal cielo. Anzi, non faccio in tempo ad accorgermene perché vengo colpito. Un piccione (bastardo, che Allah lo maledica!) mi prende maglietta e braccio destro. Sono poco distante dalla camera e quindi torno per pulirmi. Di lì a poco avrò il free guide tour.
L'appuntamento è alle 16:30 e dovrebbe durare 90 minuti. C'è gente da tutto il mondo: Canada, europei vari, australia etc.
La guida è un personaggio: magro, capelli lunghi, cappellino Nato, maglietta rossa. Ci accoglie con un bel "benvenuti in Bosnia, il paese più pazzo al mondo". Se lui ne è la rappresentazione direi che è vero! Il giro inizierà proprio al di là della strada, sul luogo dove venne assassinato Francesco Ferdinando. La guida fa domande, cerca la partecipazione del pubblico. Io preferisco ascoltare. Noto che gli anglosassoni non sanno quasi nulla (un irlandese confonde il casus belli come la causa della guerra, mentre in realtà è la causa che la fa iniziare. Piani di difesa e attacco non si preparano in 2 giorni!). Poi passiamo a tutti i luoghi simbolo della storia cittadina, recente e passata. Sentire raccontare la guerra da uno che l'ha vissuta sulla propria pelle è molto diverso. Lui si è salvato perché scambiato per pazzo (sue testuali parole) e quindi non arruolato. Inoltre, è comunista, fan di Tito, direi un po' troppo fan. A parte questi aspetti è molto neutrale e non manca di prendere a male parole tutti i grandi personaggi della guerra 92-95. Di tutti gli schieramenti. Accenna anche abbastanza bene ad aspetti veri, come il peso di alcuni paesi esteri nel conflitto: Germania, Russia e Vaticano.
E sottolinea una cosa, con grande preoccupazione. Svela il perché della presenza cospicua, soprattutto in campagna, di arabi, turchi etc.
Sono i mujahedinn di allora - gli iraniani se ne sono tornati subito - o sono "amici" di quei combattenti arrivati anni dopo. E' molto preoccupato (e secondo me ne han ben donde). Li vorrebbe fuori e mi svela che molti bosniaci la pensano come lui. In città è facile vedere bosniaci con la barba lunga e con la moglie in burqa, con una sola retina sul volto a permettere loro di vedere, e probabilmente sono seguaci dei proseliti fatti da salafiti o simili. "Vengono, comprano terre e rimangono. Non va bene". Lo capisco. Oggi Sarajevo è molto diversa da prima della guerra: basterebbe guardare i numeri. Prima, "solo" il 45% era musulmano. Ora, in tutta la Bosnia, mi dice che i bosgnacchi sono gli unici cresciuti di numero, anche per quegli stranieri. E di tanto.
Io non gli rivelo la mia impressione, ma per quanto mi riguarda Sarajevo ha poco di multietnico.
Posto che per diversità si intenda la sola appartenenza religiosa, dato che comunque fisicamente e somaticamente i bosniaci sono ortodossi o, soprattutto, croati cattolici convertitisi all'Islam secoli fa durante l'occupazione ottomana. Il più delle volte per ragioni di potere o lavoro. Oggi i musulmani sono la stragrande maggioranza, i serbi se ne sono andati. Più che Gerusalemme d'Europa (vero forse prima della guerra) la mia impressione è di Istanbul di Europa. Ho rivisto la mia impressione pre-partenza sul campo, prima di partire ero convinto di andare in una città più eterogenea.
La visita guidata, molto interessante, si concluderà all'ex biblioteca comunale dopo 2 ore e mezza di tour. Bello ma sfiancante.
Non ho fatto in tempo a visitare il tunnel. Preferisco tornare in albergo, docciarmi e uscire per cena.
A cena scelgo un baretto poco distante. Mi accomodo e ordino birra, nell'attesa. Mi viene risposto che non c'è. Intuisco subito, dalla risposta, di essere in un locale Halal. Prendo pleskavica e acqua.
Il dolce lo prendo in una pasticceria all'inizio della Piazza dei Piccioni.
Per sera ho in programma il kino bosna. Ex cinema poi convertito in pub, uno dei locali cittadini più famosi.
Così, fatta una certa ora, mi incammino.
Non è vicinissimo ma neppure lontano, devo attraversare tutto il centro. Vero le 22:45 entro e mi accorgo di essere l'unico cliente. La cosa mi lascia un po' perplesso e mi sorprendo un paio di volte quando, sentendomi osservato, mi volto e vedo che dietro di me c'è la statua di Chaplin. Comunque, mi accomodo a un tavolino e navigo un po'. Dopo qualche minuto vedo una signora un po' anziana accendere alcune luci e fare il loro ingresso un paio di compagnie, straniere. Siamo i soli.
La signora si avvicina e si presenta: è la titolare.
Scambiamo quattro chiacchiere e mi racconta del cinema. Parliamo dell'Italia, lei sa qualche parola.
E poi arriviamo a parlare di due cittadini molto famosi: Bregovic e Kusturica. Le confido che amo il Kusturica regista e meno l'uomo. Lei capisce. Mi confida che era cliente abituale del cinema, si sedeva in un angolo (quando ancora non era pub), e alla fine delle proiezioni se ne andava. Casa sua è poco distante, 5 minuti a piedi. Parliamo un po' di lui e dei suoi film e si rivela una chiacchierata molto gradevole.
poi mi spiega il perché dell'assenza di persone: sono tutti in collina a un concerto rock. Sono già le 23:30, non mi passa nemmeno per l'anticamera del cervello di chiedere maggiori informazioni per andarci: è tardi, sono senza biglietto, non so chi suona. Magari non mi piace, non posso entrare ed è già finito.
Decido di tornare in centro. Lungo il cammino mi riposo in un parco poco distante. E noto un "monumento" particolare, dedicato a tutti i bambini morti nel conflitto. Oltre alla statua di un uomo "urlante" la cui storia è narrata nella targa accanto. Torno al monumento dei bambini, costituito da 4 o 5 "torrette girevoli" su cui sono impressi dati anagrafici e le due date di circostanza.
Resto colpito prima dalla prima data, vicino alla mia per anno. Poi però l'occhio cade sul nome: tutti hanno il secondo nome, musulmano.
Resto sorpreso e, da curiosone quale sono, mi fermo 5 minuti a ruotarle tutte e a verificare tutti i nomi. Sono tutti bosgnacchi. Considerando che circa 1/4 dei caduti durante l'assedio erano di altra etnia religiosa, mi chiedo: tutti i bambini morti erano bosgnacchi? Presumo di no. Allora perché dedicarlo a "tutti" i bambini morti durante l'assedio? Perché non mettere i nomi dei bambini non musulmani caduti? Credo ci sian stati anche loro.
Un altro monumento a memoria forzata, per tramandare ai posteri un ricordo "di parte". Non mi è piaciuta molto la cosa. Credo finanziata ancora dalla Turchia, ma sinceramente non ricordo se fosse presente la targa commemorativa. A sentire i cittadini la bellezza di Sarajevo era nel fatto che non importava a nessuno di che religione fosse Tizio o Caio. Questo in fondo è il multiculturalismo. Ora, anche i monumenti non mancano di dividere la città tra gli uni e gli altri. E vengono spacciati per "universali". Non so, mi pare molto un multiculturalismo di facciata.
Mi siedo alla panchina poco distante. Rivedo la posizione di Kusturica. Non lo giudico più. Capisco la tragedia di questa città, di come si sia sentita durante la guerra e di come sia stata smembrata nell'anima dopo il conflitto. Non voglio giudicare e capisco di aver sbagliato. Sono moltissime le posizioni, a volte molto contrastanti, su Sarajevo. Penso vadano accettate tutte, specie da chi è cittadino di questa città. Tanti altri famosi cittadini, vedendo cambiata Sarajevo, si rifiutano di tornarci.
Dopo aver verificato dall'esterno la scarsa presenza di persone in un club rock sulla strada verso il centro e dopo aver guardato l'orologio (00:30) decido di tornarmene in camera.
E' stata una giornata intensa.
A volte sei tu che mangi l'orso e a volte è l'orso che mangia te. (lo Straniero)