Già da alcuni mesi io ed il Maestro (l’amico con cui da qualche anno mi accompagno in giro per l’Europa in trasferte non convenzionali) avevamo in agenda o per meglio dire in vaneggiamento un viaggio oltre confine polacco, direzione est – est nord est, la Bielorussia.
I motivi di tale idea erano soprattutto la curiosità che muoveva in noi la prospettiva di visitare, di mettere il naso, in un paese di cui si sa pochissimo e l’andare ancora qualche metro più in là della linea di frontiera rappresentata dai paesi centro orientali da noi già visitati (Polonia – Rep. Baltiche – Rep.Ceca…) e attraversare forse un confine culturale prima ancora che politico.
Ai primi di dicembre sembrava finalmente giunto il momento per organizzare una breve trasferta cogliendo la mia già programmata permanenza a Bialystok, città a nord est di Warszawa cui sono legato per ragioni affettive, tra il 26 dicembre e il 15 gennaio.
Dopo molti tentennamenti un pre aperitivo natalizio più lungo del solito condito come sempre da una cena in ostaria (dalla Daria…) innaffiata da ottimi vini Valpolicella, i rossi nettari che la nostra città, Verona, produce abbondanti, tutto è stabilito.
Il Maestro rincasato poco dopo la mezzanotte controlla i voli e fissa nel 31 dicembre la data del suo arrivo in Polska, per quel che mi riguarda dovrò darmi da fare tra 27 e 31 affinchè tutte le pratiche logistico\burocratico (visti, hotel, mezzo di trasporto) siano pronte in tempo.
Fin dal mio arrivo a Bialystok capisco che la situazione è più difficile del previsto, sia per la forte opposizione ed opera di dissuasione che tutti i conoscenti polacchi praticano ai miei danni e sia per le oggettive difficoltà pratiche nell’organizzare i visti. La situazione si sblocca soltanto il 27 sera quando trovo finalmente un’agenzia viaggio bielorussa disposta a prenotarmi l’albergo e spedirmi un invito da presentare in ambasciata per accedere al visto. Il 28, dopo aver stipulato un’assicurazione sanitaria di 4 giorni per la Belarus, mi reco in ambasciata dove subito il mio polacco viene messo alla prova, l’inglese qui non è conosciuto e devo fare il simpatico con l’addetta allo sportello contando su un frasario polacco da asilo infantile, il fatto che suo figlio si chiami come me aiuta molto poi il mio sorriso ebete fa il resto, quindi si procede.
Sono le 15.18 quando dopo quasi tre ore di attesa esco dall’ambasciata con i passaporti di due cretini italiani (il mio e quello del Maestro) con appiccicato sopra l’adesivo del visto. Grande…
Chiamo subito il mio compagno ancora in quel di Verona che esulta con me alla notizia, ci siamo, siamo pronti a partire. Resta ancora da decidere con quale mezzo di trasporto ci recheremo oltre confine, dopo alcune battute siamo concordi nell’optare per l’automobile… ossia ciò che tutti ci sconsigliavano. Il 31 dicembre mentre aspetto l’arrivo in città del Maestro inizio, assistito dalla mia ragazza, a chiamare tutti gli autonoleggi cittadini, dopo una ventina di tentativi e all’ennesimo rifiuto mi viene spiegato che nessuno affitta più macchine con carta verde e assicurazione per la Bielorussia in quanto troppo spesso chi affittava vetture finiva col rivenderle oltre confine senza riportarle indietro…
Si decide per il treno, partenza alle 12.07 ora polacca arrivo alle 16.07 ora Bielorussa (un ora avanti a noi) viaggio di tre ore per percorrere 80 km…..
Il mattino del 1 gennaio ci svegliamo entrambi di buon’ora, certo ancora insaccati dall’abbondante bevuta della sera prima (che meriterebbe un racconto a parte…) ma comunque in discrete condizioni, la mamma della mia ragazza ci ha appena preparato un’abbondante colazione polish style che si conclude con un cicchetto di vodka beneagurale…
Giunti in stazione facciamo il biglietto e ci guardiamo intorno per acquistare un paio di piwo ma è il primo dell’anno e anche camminando ben lontano dalla stazione non si trova nulla, il freddo è ora pungente, la neve ricomincia a cadere acquistando velocità ad ogni raffica di vento che da est sembra volerci intimare di stare lì, di desistere, così per non rischiare decidiamo di ritornare al treno fermo in gelida attesa sul binario quattro.
I vagoni gialli e blu sono internamente privi di scomparti, si tratta infatti di vecchie vetture “regionali”, i sedili in plastica rossa posti su due file sono molto fatiscenti, il soffitto del vagone lacerato in più punti, il riscaldamento và ad intermittenza…
Si parte puntuali in un’atmosfera surreale, soltanto pochi passeggeri ci fanno compagnia, i più eccitati e desiderosi di giungere a destinazione siamo senz’altro io e il Maestro.
Il viaggio procede lento sino a Kurniza Bialystocka, ultimo avamposto polacco o per meglio dire occidentale europeo, prima della frontiera bielorussa. L’attesa della ripartenza è snervante, il cielo grigio ed uniforme pesa sulle nostre teste, il vento continua a soffiare alternando brevi nevicate a folate gelate, nel frattempo siamo rimasti in pochi, non più di 20 passeggeri popolano ora i 6 o 7 vagoni del treno.
Salgono finalmente, dopo circa quaranta minuti di nulla, i funzionari polacchi con la mimetica e la scritta schengen police ben impressa in giallo florescente, controllo passaporti rapido e cordiale, il sorriso compassionevole della “soldatessa” polacca sembra quasi volerci chiedere “perchè…?”…
Il perchè lo sappiamo bene solo noi, si chiama Viaggio… con la V maiuscola.
Il treno riparte lento dopo poco più di un’ora dall’arrivo, ormai pochi metri ci separano dalla belarus.
Ecco del filo spinato attorno ai binari, poi una bandierina verde-rossa, non il nostro amato odiato tricolore ma lo stendardo bielorusso maltrattato dal vento sul tetto di una desolata stazione nel bel mezzo del nulla.
Neve, ghiaccio, cielo grigio e foreste attorno a noi.
Un gentile miliziano bielorusso con il viso da buono controlla i nostri visti e ci consegna la carta d’immigrazione da compilare prima dell’arrivo.
Si riparte dopo pochi minuti, la prossima fermata sarà Grodno, la nostra meta.
Ecco poco prima dell’arrivo in stazione le prime case, villaggi, baracche bielorusse, poi di colpo un blocco, almeno 12 o 13 piani di grigio con un accenno di giallino, una delle costruzioni più squallide da me viste, l’uomo non poteva competere con la desolazione di questi posti se non provando a peggiorarla, credo ci sia riuscito.
Arrivati in stazione il treno si ferma ma le porte non si aprono, dobbiamo infatti aspettare l’arrivo dei miliziani sul marciapiede, nessuno scende di corsa, tutti sanno dove andare, io e il Maestro seguiamo il fiume di gente (le 15 o 20 persone di prima…) che si dirige al lato sinistro dell’grigio edificio di fronte a noi con fare sicuro ed esperto, non vogliamo dare a vedere segni d’indecisione. Impossibile sbagliare strada, tutte le altre possibili vie sono infatti presiedate a vista da uomini della milizia.
Eccoci in una fredda e buia sala d’aspetto ancora convinti d’essere un’ora in anticipo (ci accorgeremo guardando l’orologio della stazione della dimenticanza del fuso orario…). Vengono aperte due cabine di passaggio per il controllo passaporti, io e il Maestro in fila aspettiamo il nostro turno, tocca a lui. Un miliziano lo guarda, scruta il passaporto, chiede al mio amico di aspettare seduto, io sono ormai passato dalla seconda cabina di controllo ma lo stesso addetto che ha fermato il Maestro interviene e blocca anche il mio passaggio… Perfetto…
seduti, senza passaporto né visto in una non certo rassicurante sala d’attesa nelle mani di 5 miliziani che chiudendo allegramente le cabine di controllo se ne vanno lasciandoci soli…
Durante quest’attesa iniziamo a guardarci attorno, da una grossa vetrata che da sulla città si vede soltanto un immenso blocco grigio che l’ultima luce del giorno (molto fioca a causa del maltempo) riesce appena a farci distinguere dalla neve e dal nulla. La sala dove ci troviamo è caratterizzata da un paio di grossi lampadari in vetro che penzolano dl soffitto, in tipico stile totalitaristico. Mentre stiamo pensando quanto lasciare di mancia ai “diligenti funzionari” bielorussi in cambio della “libertà” mi cade l’occhio su un avviso in cirillico ed inglese in cui si ricorda che ogni tentativo di “corruzione” tramite passaporti imbottiti di soldi, sarà punito dalla legge. Evviva la coerenza…
Finalmente dopo quasi un’ora e mezza ritorna il miliziano fautore del blocco, ci chiede ulteriori documenti d’identità, io consegno il mitico libretto elettronico dell’università di Verona (primo anno fuori corso), il Maestro è costretto a consegnare la patente di guida.
Stavolta l’attesa dura poco, non più di dieci minuti ed ecco che si può procedere al passaggio della cabina di controllo, segue ovviamente la perquisizione bagagli e una calorosa stretta di mano, a questo punto, preso dalla confidenza, chiedo dove posso trovare un kantor, un miliziano si offre d’indicarmelo e mi invita a seguirlo oltre l’ingresso della stazione.
Qui si apre ai miei occhi una stanza ben più grande della precedente, imponenti scalinate in pietra portano al piano superiore dove mi viene spiegato si trovano i kantor. Anche qui dal soffitto pendono numerosi lampadari in vetro sporco che fatica a far scintillare la luce dei neon che paiono ancor più opachi di quanto non siano. Grossalane imitazioni dei lampadari nobiliari dell’700 ‘800.
Poco dopo sono raggiunto dal Maestro e insieme cerchiamo l’uscita della stazione che nel complesso, vista da fuori e da dentro, da un idea di fatiscente magnificenza che colpisce al cuore. Usciamo con la neve e il vento che ci danno il benvenuto assieme alla sopraggiunta oscurità notturna. Cerchiamo un taxi, solo dopo due o tre tentativi finalmente un tassista conosce il nome dell’albergo che ci ospiterà per le successive due notti. La città di notte appare abbastanza illuminata nelle sue vie principali, molto meno nelle secondarie dov’è funzionante circa un lampione ogni quattro, ma con colori innaturali, privi di vita, di stile, di eleganza. Le luminarie natalizie che aumentano d’intensità avvicinandosi al centro sono quanto di più trash si possa immaginare, coloratissime palline luminose, gialle, verdi, blu, rosse ricordano più un luna park anni ottanta novanta che non l’atmosfera natalizia.
Finalmente arriviamo all’Hotel Slavia, di tassametri nemmeno l’ombra così con fare sicuro mi appresto a pagare il tassista con 100 rubli bielorussi (credendo d’averlo ricoperto d’oro ed avendo dimenticato il cambio a 1 euro = 4100 rubli), questo quasi offeso mi risponde che non gli ho dato un caz…. ovviamente in perfetto polacco.
A sto punto affido nelle sue mani un bel pacco di soldi, confidando nella sua onestà… mi spilla quasi 40 mila rubli, scoprirò al mio ritorno che il tratto hotel – stazione costa circa 8 mila….
Niente da dire, quindi entriamo in hotel ancora scombussolati dal viaggio, la stanchezza derivante anche dalla nottata precedente inizia a farsi sentire perciò decidiamo di vincerla a modo nostro. Ritirate le chiavi della stanza la dolcissima recepcionist ci accompagna in stanza precedendoci con un vestitino assolutamente indimenticabile. La nostra camera è molto carina, ben curata, nuova, non calda come le stanze degli hotel polacchi ma comunque accogliente. Deposti i bagagli scendiamo le scale, entriamo nel bar ristorante dell’hotel e ordiniamo le nostre due prime birre bielorusse. A sto punto son pronto per sfoderare il mio russo, imparato in una notte nella foresta di Bialowiesa assieme al mio ex professore polacco…
Alziamo i boccali escalamando Za rodinu, Za ribaukum i Za siem….. dovrebbe circa voler dire… per la terra natale, per il pesce e per la famiglia…..
La sala ristorante è semideserta, un barista sui 25 anni e una cameriera intenta nelle pulizie ci fanno compagnia in un atmosfera quasi surreale, una fredda e ovattata oscurità avvolge ogni cosa nonostante i colori vivaci dei quadri alle pareti che però appaiono spenti e rassegnati….
Entra una famiglia composta da padre, madre e figlioletto, stranamente i genitori si accomodano ad un tavolo mentre il piccolo si siede da solo (noteremo diverse volte questa strana usanza… genitori da una parte figli dall’altra…).
Parlando delle prime sensazioni entrambi siamo abbastanza colpiti dal clima e dall’atmosfera di decadenza che si respira un po’ ovunque, anche la birra fatica più del solito a scendere nelle nostre gole…
Terminata la piwo sono ormai le 18.30 ora locale per cui decidiamo di prepararci ad affrontare la nostra prima serata bielorussa. Breve pennica in stanza, doccia e via… usciamo sorridendo gentili alla graziosa biondina dell’ingresso che ricambia garbata. Il freddo è ancora pungente e la neve non smette di ricoprire il ghiaccio sui marciapiedi, cominciamo ad essere affamati per cui concordiamo di fare una perlustrazione delle vie del centro e fermarci al primo ristorante o birreiria dall’aria invitante… con nostra grande sorpresa però dal nostro hotel sino alla piazza grande non ne scoviamo nemmeno uno, l’unica cosa che il Maestro trova è un plateale volo carpiato su un lastrone di ghiaccio ben mimetizzato tra la neve.
Arrivati in piazza passiamo davanti al monumento del carro armato, alla municipalità di fronte cui è allestito un concerto rok-rap abbastanza assordante, senza però trovare ciò che cerchiamo. Abbiamo l’impressione di andare nella direzione sbagliata per cui riattraversiamo la piazza non potendo a fare a meno di notare le decine di giovani che su muretti e panchine si trovano con borse piene di birre, “spumante russo” e vodka…
Finalmente troviamo la strada pedonale vera anima del centro città. Qui un fiume di gente cammina in entrambe le direzioni, non mancano occhiate scambiate tra noi e abitanti del luogo che evidentemente ci riconoscono quali sranieri. Cominciamo a focalizzarci anche sulle ragazze, non sembrano davvero niente male, ben curate, mediamente molto alte e ben vestite… vedremo.
Soltanto alla fine della lunga via che collega le due piazze principali troviamo, prima di svoltare l’angolo un pseudo ristorante pizzeria ( da noi rinominato Pepito per l’assonanza visiva delle lettere che ne compongono il nome ed in onore del mitico Pepito Sbazzeguti – di guareschiana memoria), un ristorante tipico ed una caffetteria che si appresta però a chiudere. Come sempre accade in viaggio rimaniamo fedeli al nostro credo per cui come prima cena optiamo per il ristorante tipico. All’ingresso ci vengono gentilmente chiesti i cappotti e in buon polacco veniamo fatti accomodare ad un tavolo di fronte al lungo banco del bar in legno che attraevrsa la prima delle tre sale di cui si compone il locale. L’atmosfera è anche qui molto strana, tutto è creato per dare calore e accoglienza ai clienti… inspiegabilmente però viene ottenuto a lunghi tratti l’effetto contrario.
Poco importa, il locale è gremito di gente, le panche ed i tavoli in legno sono molto in stile baita/stube, il menù, in cirillico con alcune traduzioni in inglese, è molto ricco. Optiamo per due zuppe, due birre e due secondi di carne ordinati quasi a caso basandoci sulle immagini riportate di alcuni piatti. Nell’ordinare la mia zuppa (servita ricoperta di pane) mi viene fatto notare qualcosa in bielorusso di cui ignoro il significato… al terzo tentativo un vicino di tavolo mi traduce in pseudo inglese o pseudo polacco (non lo saprò mai) quanto dettomi dal cameriere… a sto punto vista la situazione fingo di aver capito e annuisco col capo… il Maestro approva con lo sguardo la mia scelta di basso profilo.
Scopriremo nei successivi 45 minuti che il cameriere voleva soltanto avvisarmi del tempo necesario per preparare la zuppa da me scelta, che si rivelerà però molto buona. Terminata la cena facciamo altri due passi nella seconda piazza cittadina dove svetta ancora il monumento a Lenin, reperto storico che qui ha ancora un valore non indifferente. La serata sta entrando nel vivo, le psichedeliche multicolore luci natalizie ci guidano per le vie principali senza però trovare nuovi posti dove bere una birretta o qualcosa per concludere il pre serata. Decidiamo di riavvicinarci alla via pedonale e tentare fortuna da Pepito. Anche qui lasciamo le giacche al guardaroba e veniamo accompagnati ad un tavolo nel salone pricipale del ristorante che appare però spoglio, vuoto, nonostante sia pieno di gente e arredi. Ordiniamo due birre e iniziamo a renderci conto delle bellezze che riempiono tutti i tavoli attorno a noi… incredibile… sembra di essere nel back stage di una sfilata di moda… assurdo… siamo ancora increduli quando tre grazie entrano nel locale lasciando tutti a bocca aperta… magicamente sul volto mio e del Maestro compare il sorriso sghignazzante e trasognato che per tanti anni ci ha accompagnato.
La birra questa volta si fa bere con semplicità tra puntate fugaci, sorrisi rubati e scossoni di testa… la frase ricorrente è “dove siamo capitati…???” Za rodinu, za rybaukum e za siem…..
Giunto ormai il momento di dare un senso alla serata fermiamo il cameriere che più ci sembra disinvolto in mezzo a quel macello di bellezze e chiediamo gentilmente se conosca qualche club in cui tastare con mano la night life cittadina… dove insomma dare sfogo a quattro danze e ber quattro vodke con i nostri amici bielorussi…
Il ragazzo non delude le aspettative, prende carta e penna scrive il nome di un locale e ci dice di consegnarlo al tassista… lui saprà… chiedo anche il nome del club in modo da non sbagliare.. kalisian……… (o giù di lì)
Torniamo in piazza e saliamo sul primo taxi che troviamo… totalmente tamarro.. molto più grezzo del più grezzo taxi polacco… musica disco tecno a palla… vetri dietro oscurati… bmw con trazione posteriore su strada totalmente ghiacciata… imbarazzo alla prima salita… non ci si muove… circa dieci minuti di tentativi con più o meno rincorsa prima di riuscire nell’impresa… Via verso il kalisian club… speriamo bene…
Quando il tassista accosta ci accorgiamo con discreta sorpresa di esser circa a 200 metri dal nostro hotel… ma porc… ok… ci và fin troppo bene in fondo… Salite le scalette sprofondanti nella neve che conducono all’ingresso del locale veniamo accolti da un buttafuori ben vestito, la cassiera ci chiede i 25 mila rubli che, data la situazione, paghiamo senza problemi. Ancora una rampa di scale prima di giungere al guardaroba del locale posto all’ingresso del bagno sul retro della pista da ballo. Qui iniziamo a sorridere come non mai… il locale non è ancora pieno ma porco cane …. qualità altissima… gli 8 e i 9 si sprecano, di insufficenze per ora nemmeno l’ombra. Sono le 23 e dall’andamento all’ingresso capiamo che qui è più come in Italia che non come in Polonia, per cui prima di mezzanotte e mezza la musica vera non inizia… Solo una folle vestita da colleggiale sta prendendo confidenza con la pista da ballo… folle per carità… però averne di ste folli..
Io e il Maestro optiamo per la soluzione “gotto d’attesa” quindi birra… siamo ancora troppo timorosi per lanciarci in acrobazie a suon di vodka, coscienti infatti d’esser in Belarus e non in Polska dove ormai sappiam gestire bene ogni situazione, optiamo per il basso profilo. Il locale è composto da un palchetto, una pista da ballo ovale, e una balconata sovrastante il bar, di fronte alla postazione del dj, raggiungibile da scalette poste su un lato del bar… assodato che sedersi ad un tavolo richiede consumazione cena, optiamo per gradinata tattica… osserviamo tutto… il locale prende vita e verso mezzanotte, ordinate in postazione le prime 4 vodkine della serata (0.05… lo shottino alla polacca qui non è contemplato) ci chiediamo due cose.. primo.. quanto cazzo costa poco la vodka da ste parti (circa 0.35 centesimi cada una… 3.5 euro la bottiglia da mezzo litro).. secondo e più importante… dove sono le brutte in Bielorussia…???? Za rodinu un par di palle…
le vodke in circolo ci tolgono la malinconia della giornata, le modelle che da ogni lato entrano, sorridono, puntano ci fan rimpiangere ben poco la terra natale…
Per festeggiare il primo dell’anno attorno alle 2 anche un balletto alquanto spinto sul palco che lascia tutti abbastanza perplessi e quasi infastiditi, tutti tranne un mezzo coreano che si trova il posteriore di una ballerina in faccia e sembra non esser in grado di riprendersi dallo shock. Per il resto assurdo… siamo su percentuali mai viste… senz’altro oltre il 90%… contiamo circa 3 ragazze sotto la sufficenza… qualcosa che per noi italiani ha dell’incredibile… Ciliegina sulla torta.. ecco entrare splendide e maestose le tre grazie addocchiate nel mitico Pepito poche ore prime…
Sarà la stanchezza del viaggio, sarà l’emozione… terminiamo serata dopo aver ballato le imperdibili hit del momento, da Lady Gaga ai Black eyed peas, decidiamo all’ombra delle 3.30 ora locale di rientrare in branda quando ancora molte bellezze e qualche sparuto omone bielorusso, stanno entrando nel locale.
Il rientro in albergo è all’insegna del vaneggiamento sociologico… io sostengo fermo una percentuale di bellezze pari al 93%… il Maestro,da viaggiatore navigato e teso alla moderazione qual’è non ci sta… non vuol andar oltre il 91%…. ci accordiamo per una pax armata (92%) da sciogliere soltanto all’indomani sera…
Al mattino come d’abitudine ci alziamo abbastanza prestino, scendo per le nove a far colazione e vengo raggiunto poco dopo dal Maestro che, nel vedere la camerierina portarmi thè caldo, uova, pane e formaggio e della frutta mi chiede ancora mezzo rincoglionito dal sonno “come caz.. hai fatto a ordinare tutta sta roba…?”… rispondo bullandomi non poco che è merito del mio polacco…
Terminato lo spuntino stile centro est europa decidiamo di dar il via alla giornata, che si preannuncia ancora fredda, nevosa e alquanto grigia, con una perlustrazione della parte ovest in direzione opposta al centro città. Così, di blocco in bloccco, di strada in strada, ci troviamo nella zona del mercatino vecchio. Tipico mercato di bancarelle e non, semi ambulanti posto sulla sommità della collina a ovest della città. Qui si assiste a commercio da regime sovietico. Camminiamo tra le bancarelle molto più fatiscenti di quelle ancora presenti in alcuni mercatini polacchi, la merce esposta è in alcuni casi di seconda, terza forse anche quarta mano. Rubinetti penzolanti, maniglie vecchie, carica batterie per cellulari usati, olio per motori in bottiglie dell’acqua, pezzi di fili elettrici… oltre che vestiti e articoli per la casa in genere. Si trova di tutto… la gente vi passa in mezzo, guarda, chiede, acquista.
Un edificio coperto raccoglie invece pseudo posteggi per prodotti alimentari. Qui colpiscono due cose. La prima la scarsità della mercie esposta, molti posteggi sono chiusi e i pochi aperti presentano pochissimo prodotto, la seconda la totale mancanza di norme igeniche. Pezzi di carne buttati all’aria su tavolacci di plastica o acciaio che non danno per nulla l’idea di pulizia con la gente che si avvicina, tocca, annusa e tira dritto. Uscendo siamo quasi investiti da un furgone con cisternetta d’acqua che fermatosi in mezzo al piazzale inizia a distribuire in vaschette del pesce vivo che un gran numero di persone si affretta ad acquistare in sacchetti di plastica. Decidiamo di riavvicinarci al centro città, la semiperiferia urbana che attraversiamo presenta degli squarci di uno squallore allucinante che, sommati al meteo sempre avverso, contribuiscono a rifarci cadere in uno stato di pre depressione preoccupante. Si avvicina l’ora di pranzo, così, dopo un discreto caffè consumato estasiati di fronte ad una delicatissima camerierina sulle note soffuse di un elvis in versione romantico natalizia che canta la sua impossibilità a far innamorare, attraversiamo il corridoio che ci separa da Pepito e dopo aver ringraziato sorridenti il nostro amico cameriere per il suggerimento della sera prima rischiamo due pizze…. una salamino ed una quattro formaggi… discrete… così come discreta ci sembra la birretta che le accompagna.
Terminato il pranzo decidiamo di sprofondarci nella desolante decadenza dell’atmosfera Grodnoniana. Questa volta puntiamo a camminare attorno a tutto il centro storico, per cui ad una veloce foto al monumento di Lenin segue una lunga camminata che dall’edificio della municipalità ci porta al lungo fiume per poi risalire dal lato del teatro drammatico, altra testimonianza agghiacciante del regime sovietico. Pachidermico edificio grigio che, svettando sullo sfondo cupo del cielo cittadino ormai avviato alla sera, inquieta con le sue luminarie interne, rese soffuse da grossolani tendaggi giallo panna sporco che impediscono di scrutarne l’interno. La depressione sta passando dalla fase “pre” alla frase acuta per cui siamo sociologicamente pronti a definire questo viaggio come un esperienza ai confini del “brutto”. Confini resi ancora più incomprensibili dalle perle di oscurata bellezza che si annidano numerose da queste parti, bellezza, quella femminile, che ci appare in queste fasi quasi svuotata della gioia di vivere, del colore, del sorriso… il burka qui c’è… ma non si vede. Che fare…??…. non è il titolo di un articolo giornalistico alla Lenin, ma la domanda che ci attanaglia, la risposta è semplice e tipicamente veneta.. Gotto…
Torniamo al ristorante tipico della sera prima ed ordiniamo due birre in bottiglia, tanto per cambiare un po’. Questa volta siamo seduti in una delle due salette posteriori al banco, appena entrati l’occhio mi cade su una tavolata di tre persone, composta da una bellissima ragazza, tiratissima, tra i 25 – 30 anni, vestita di marca, gioellata in altrettanto modo ma con una classe ed un eleganza notevoli, assieme a lei un’altra donna, un po’ più grande, più grossetta, vestita in modo semplice ma dall’aria gentile, infine con loro un bambino sui 10 anni, seduto accanto alla donna più semplice ma tirato come la giovane, le due donne sorseggiano tranquillamente vodka servita in una graziosa ampollina da quarto di litro. A metà birra iniziamo un vaneggiamento su quella tavolata e senza nessuna malizia o pre concetto espongo al Maestro la mia teoria… in dialetto veronese stretto (raramente usato da entrambi se non in situazioni strane..)
La ragazza più bella fa la vita per mantenere il figlio che ha affidato ad un’amica o parente…. il Maestro come sempre sta al gioco, alternando momenti di vaneggiamento romanzato a risatine e scossoni di testa come a dire “quanto siamo coglioni…”…
Ad un tratto alla stupenda ragazza del tavolo di fronte suona il telefono… “pronto…” e si alza per parlare in un’altra stanza….. gelo fra noi due…
il Maestro quasi scosso mi guarda… “Vuoi vedere che sto giro con le tue stronzate ci hai beccato..??..”
Per festeggiare il presunto successo delle nostre teorie (che mai verranno dimostrate..) ordiniamo anche noi il nostro mezzo litro di vodka in ampolla…
I brindisi all’escalamzione di Za rodinu, Za rybaukum ecc si fanno sempre più sorridenti, finchè la ragazza, nel frattempo rientrata al suo posto, si gira e guardandomi chiede… “ma si può sapere da dove venite…?”…
Inizia così una tranquilla conversazione nella quale scopriamo che lei è in Italia da diversi anni, il bambino è il figlioletto, l’altra donna la sorella che si prende cura di lui tutto l’anno quando la madre lavora a Roma. Parliamo un po’ di tutto, alla fine, dopo averci messo in guardia sugli effetti della vodka, ci saluta cordilmente e se ne và….
Terminati i nostri ormai gogliardici gotti, decidiamo di rientrare in albergo per la pennica delle sei… Lungo la strada facciamo soltanto una sosta ristoratrice a base di un quartino di vodka (rigorosamente servito in ampollina… ormai c’abbiamo preso gusto…)… Stanza, 60 minuti di siesta, doccia e via… la serata ci attende, l’esperienza del giorno prima ci serve per aver maggior confidenza e puntare strade e locali a colpo sicuro. Il ristorante tipico è esaurito perciò dobbiamo optare per Pepito che, pur essendo meno pieno della sera precedente, presenta sempre il suo buon numero di clienti soprattutto ragazze, molto interessanti. Terminiamo una frugale cena condita da piwo bielorussa di “prima qualità”, salutiamo il nostro ormai affezzionato cameriere di fiducia e fatti pochi metri entriamo nel ristorante tipico dove, alla solita ampolla da mezzo di vodka, abbiniamo volentieri delle bruschette di pane nero, formaggio e aglio…
Usciti ritemprati nel corpo e nello spirito, i circa due km che ci separano dal mitico kalisian club ci permettono di assaporare l’aria gelida e frizzante della nottata bielorussa. Entriamo sicuri di noi poco dopo le 22.30, l’atmosfera è ben diversa dalla sera precedente, panico… il locale è deserto o quasi.. il Maestro mi rassicura ricordandomi l’orario di entrata ritardato rispetto alla polska.
Tentando di ordinare al banco un paio di piwo veniamo approcciati da un orso russo che, stringendo in mano una bozza di vodka dalla quale tracanna ampie sorsate, tenta biascicando di dire qualcosa… Il Maestro come sempre scarica il butel che sembra non venirne troppo fuori al sottoscritto… il provvidenziale intervento di un paio di ragazzi bielorussi evita complicazioni e mi offre la possibilità di socializzare con qualche coeateneo, data anche la molla del locale.
In un attimo conosciamo Vadzim, che parla un buon inglese, la sua ragazza e Damian, un altro amico.
Si finisce a parlare di tutto un po’, ovviamente di Italia, Verona, calcio.. Bielorussia – Italia 2 a 1… ok ok… diamo un po’ di corda al loro nazionalismo ricordando però che i campioni del mondo siamo noi (ancora per poco temo..). Niente di meglio che suggellare la nuova amicizia al banco… parto per ordinare della vodka e scopro che il buon Vadzim mi ha anticipato… idolo… Za rodinu, Za rybaukom, Salute… ci no bussa no gussa (questa qui non gli è piaciuta molto…) e via, i ragazzi ci tranquillizzano assicurandoci che dopo la mezzanotte la festa si accenderà alla grande…
Nel frattempo ci viene presentato anche Misha un giovane amico che dopo averci accolto alla russa (baci e abbracci) ci trascina barcollante al banco dove ci aspetta una buona bozza di vodka… alè.. alla faccia del profilo basso… Arriva anche Kate, molto carina sia pur un po’ volgare nel vestire, amica del gruppo che se la cava non male anche con l’inglese… pochi secondi per l’ultima vodka prima dell’inizio delle danze che ci trascina nel centro della ciclona… Balli, abbracci, vodke e brindisi proseguono per me sino alle 4, il Maestro sfodera la classe e tira le 5… risultato…. Al mattino mi comunica che si fermerà un giorno in più.. gli farei volentieri compagnia ma questioni affettive mi spingono a declinare e recarmi in stazione per rientrare in Polska…
Pagato il tassista (questa volta soltanto 8000 rubli…) mi avvicino alla biglietteria ed in barcollante polacco (sono ancora leggermente rincoglionito dai gotti della nottata) chiedo un biglietto per Bialystok… ne ricevo uno del valore di 9000 rubli circa per Kuznica Bialystocka,,,,, non mi preoccupo più di tanto cosciente del fatto che mal che vada potrò fare una volta sul treno, il completamento del biglietto.
Passato il controllo passaporti mi ritrovo nella saletta d’aspetto da cui era cominciato il viaggio, questa volta un sole scintillante illumina di luce nuova tutto il circondato e la stanzina stessa, ora gremita di gente, appare meno sconsolata. Grossi affari fa il negozietto che vende alcol e sigarette, soprattutto le sigarette, comprate dai contrabbandieri a scatoloni, vengono poi aperte, reimpacchettate in stecche più lunghe, “scocciate”, ricoperte di sacchi dell’immondizia e messe in grossi borsoni. Conto tre imprese separate di contrabbando, due lavorano in coppia uno da solo. Osservo incuriosito tutto questo gran da fare di taglierini, nastri adesivi fra battute e sorrisi… mi chiedo come faranno a far sparire il tutto una volta in treno. Una volta saliti sui vagoni, gli stessi malandati del viaggio d’andata, ecco arrivare una delle coppie di contrabbandieri, due donnone armate di cacciaviti svitano il rivestimento del soffito e vi infilano alcune stecche, ben nascoste grazie anche ad apposito rampone in varie parti del tetto del convoglio. Terminata l’operazione, chiudono l’aperuta, puliscono il sedile usato come scala e se ne vanno…
Giunti alla frontiera i poliziotti passano senza soffermarsi più di tanto in perquisizioni o simili e poco dopo esser ripartiti ecco le due di prima tornare, svitare prelevare le stecche e sparire… grandi… il treno è sensibilmente in ritardo, quasi un’ora da adebitare non si sa a che, in compenso nessuno passa a controllare i biglietti per cui non posso nemmeno lamentarmi (costo del viaggio 2 euro poco più..)… Sceso sul marciapiede della stazione di Bialystok un vento gelido mi abbraccia così come mi aveva salutato alla partenza, percorrendo le vie della fredda e grigia città polacca mi risveglio in un mondo che mai avevo visto così luminoso, amichevole, accogliente ed allegro….
Anche la birra polacca ghiacciata che il giorno dopo accompagnerà il saluto al Maestro prima della sua ripartenza per l’Italia sembrerà quasi riscaldare i nostri animi dopo un lungo inverno bielorusso durato quasi 3 giorni…..
CESK
( utente del forum viaggiatorindipendenti.it )
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