Dalla sponda sinistra dell’invaso del fiume Cuciurgan, l’Ucraina si tocca quasi. Basterebbe una piccola imbarcazione od una possente nuotata per attraversare il bacino lacustre e raggiungere l’oblast di Odessa, la sponda opposta. Siamo a circa 60 km dalla città simbolo della Rivoluzione Russa del 1905 resa nonché celebre dall’iconografia cinematografica mondiale attraverso il film muto “La corazzata Potemkin” e da quella italiana con “Il secondo tragico Fantozzi”.
Dopo poco più di cento anni Odessa in queste settimane è tornata ad essere un nuovo emblema della storia divenendo anche essa protagonista, suo malgrado, delle tragiche operazioni belliche in corso sul suolo ucraino.
Ci troviamo a Dnestrovsk, il punto geografico quasi più a sud [ il villaggio di Nezavertailovca per poche centinaia di metri le ruba in realtà il primato. n.d.r. ] della Repubblica Moldava di Pridnestrovie, in un nostro nuovo viaggio nella striscia di terra stretta tra il fiume Dnestr ed il confine ucraino mai come in questi giorni divenuta oggetto di teorie ed analisi geopolitiche che la indicano come probabile nuovo attore del conflitto che si sta consumando nel cuore dell’Europa.
Qui, sull’estuario del fiume Cuciurgan, sorge una delle due grandi centrali termoelettriche della piccola Repubblica transnistriana [ l’altra, quella di Dubossari, è ubicata più a nord, sulle sponde del fiume Dnestr dirimpetto la Moldova. n.d.r. ] la quale annovera il camino industriale più alto d’Europa e che arriva a superare di una quindicina di metri finanche la Torre Eiffel.
A pochi metri dalla spiaggia attrezzata meta di famiglie e pescatori, superato un ponticello, sorge l’ex “sanatorium” per i lavoratori sovietici ed oggi albergo aperto a tutti. In questi giorni il piccolo resort è stato prescelto dal governo della Repubblica di Pridnestrovie come uno delle più importanti strutture ricettive sparse per tutto il paese atte ad ospitare rifugiati ucraini. Ed i rifugiati, appunto, in Pridnestrovie non mancano. La piccola Repubblica si è attivata sin da subito per accogliere sul proprio territorio chiunque sentisse l’esigenza di scappare dalla situazione creatasi nella vicina Ucraina predisponendo un centro di ritrovo a Tiraspol nell’area di una delle sue più importanti aziende, la Tirotex, mettendo a disposizione diverse strutture di ospitalità nella già citata Dnestrovsk oltre che a Dubossari e Ribnitsa e mantenendo aperto il suo confine con la regione di Odessa nonostante il versante ucraino sia stato chiuso concedendo il transito solo a determinate condizioni.
E’ alta la percentuale di cittadini transnistriani di etnia ucraina e numerosi sono quelli che hanno comunque rapporti di lavoro o familiari e per questi motivi decine di ucraini di Odessa hanno trovato naturale rifugiarsi nell’attigua Pridnestrovie. Per molti, magari, è anche la via più sicura e veloce per poi raggiungere parenti ed amici in Unione Europea. Come nel caso di Artiom, nostro compagno di viaggio sulla via del complicato ritorno verso l’Italia, il quale dopo un mese trascorso a Tiraspol si accinge a raggiungere la moglie in Germania. Lo incrociamo nella capitale moldava Chisinau e viaggiamo con lui fino in Romania. Il passaggio di frontiera tra Moldova e l’ Unione Europea è lento. Come d’altronde lo è sempre da queste parti ma paradossalmente se fino a pochi mesi fa il passaporto italiano era oggetto di curiosità, simpatia, battute, benevolenza e ricordi musicali degli anni ’80 ora l’esser italiano è divenuta una cittadinanza “normale”, tutte le attenzioni sono rivolte al nostro compagno di viaggio ucraino. Sia i doganieri moldavi che quelli rumeni come le babushke che viaggiano con noi in bus si premurano che Tyoma stia bene. Finanche l’autista, dove averci scaricato nella Moldavia rumena, riprende il viaggio solo dopo essersi assicurato che il ragazzone sia in buone mani, le nostre.
I rifugiati ucraini in Pridnestrovie sono ospitati in maniera gratuita ed usufruiscono di diversi servizi quali i trasporti pubblici urbani come quello per i bambini ammessi ad anno scolastico in corso nelle scuole statali di Tiraspol e Bender, la seconda città per grandezza e l’unico lembo di territorio “al di qua del Dnestr”.
Di contro al flusso di rifugiati composti da anonimi cittadini, l’altro lato della medaglia è rappresentato invece da un consistente numero di ucraini danarosi se non veri e propri piccoli oligarchi.
E’ difficile trovare una stanza libera nei migliori hotel delle due città più importanti della Pridnestrovie come è facile imbattersi in avventori ucraini nei ristoranti o notare per strada automobili lussuose e sportive con targa extra-frontaliera. Alla guida ci sono spesso eleganti ragazze considerato che agli uomini è vietato espatriare ma non manca anche chi, forte del proprio potere economico, si è creato le condizioni per fuoriuscire dal paese in guerra. Notiamo questa situazione anche alla frontiera tra Moldova e Romania, dove una piccola fila composta da autovetture Jaguar, Mercedes, Lexus, Porsche cattura le attenzioni maggiori di entrambi i versanti delle due dogane. Il vecchio autobus sul quale viaggiano esclusivamente donne e bambini viene fatto transitare senza problemi di sorta, la Jaguar R-Type e la Porsche Taycan sono invece oggetto di commenti e richieste di visita interna da parte degli agenti in turno delle polizie di frontiera.
Entrati in Romania dal confine di Sculeni e superato il grande cartello di benvenuto “Welcome / Bun Venit / Vitayemo refugee” il pullman viene accolto nel piccolo centro di primo aiuto approntato in un campo ai lati della strada, anche se oramai meno attivo rispetto alle prime settimane di afflusso, mentre i grandi macchinoni sfrecciano via verso le loro comode destinazioni finali.
Prima di questo, durante la nostra breve tappa a Chisinau, noi nostalgici viaggiatori veniamo invece accolti da una particolare visione. Il grande e storico scheletro vuoto dell’hotel National, già Intourist hotel ai tempi dell’Unione Sovietica e simbolo di archeologia edile della capitale moldava, ci appare dipinto con i colori della bandiera ucraina sovrastato da una scritta in russo che rinnega la guerra. Fa un certo effetto ricordare la grigia carcassa del palazzone rivista per l’ultima volta solo lo scorso gennaio e rivederla ora colorata così da incunearsi in noi il triste pensiero di come sia cambiata l’Europa e forse il Mondo nel volger di un così breve lasso di tempo.
Cambiamenti geopolitici che, secondo diversi analisti e commentatori, porterebbero nell’imminenza il conflitto anche nella Repubblica di Pridnestrovie oggetto sempre più insistente di attenzione mediatica in questo periodo storico. Da questo lembo di terra si potrebbe aprire un nuovo fronte militare con l’intento di schiacciare l’oblast di Odessa da ovest e permettere alla Repubblica transnistriana di raggiungere l’obiettivo ultimo di unirsi poi alla Federazione Russa.
Opzione data assolutamente per certa da analisi e commenti. Accompagnati da servizi giornalistici che praticamente mai raccontano la Pridnestrovie dall’interno, limitandosi in realtà a riportare i soliti elementi politici sin dal primo articolo che lessi a riguardo e che mi fece scoprire questo territorio nel lontano 2005. Ma è scarsa la volontà di approfondire il paese spostandosi magari anche al di fuori della capitale, riducendo così la visita il più delle volte ad una escursione in giornata a Tiraspol.
La capitale dove sorge un aerodromo in condizioni precarie che non è mai potuto diventare un aeroporto per il diniego all’utilizzo dei loro rispettivi spazi aerei da parte delle vicine Moldova ed Ucraina. Ed è li che, secondo vari esperti internazionali della materia, si starebbero ammassando le truppe aviotrasportate russe che già sarebbero presenti in Pridnestrovie da tempo. Gli stessi militari russi riempirebbero anche sia le caserme ufficiali transnistriane che le basi segrete russe.
Dalla torre più alta della restaurata fortezza di Bender si gode di una ottima visuale sul sottostante fiume Dnestr da un lato e sull’interno di una delle casermette simbolo dell’esercito locale per via del fatto che fu utilizzata come quartier generale della guerra del 1992. L’impressione che ne ricaviamo è di un luogo dalla scarsa attività. La stessa sensazione che avvertiamo dalle parti di un altro paio di caserme militari dislocate non lontano da Tiraspol e da Bender stessa.
Qualcuno ci lancia la battuta che invadere l’oblast di Odessa sarebbe auspicabile per avere finalmente uno sbocco sul mare e non doversi sorbire più lunghe code in estate la domenica alla frontiera ma, concludendo la spiritosaggine, “Date le nostre condizioni militari come combatteremo? Con l’arco e le frecce”.
In Pridnestrovie tutti sono preoccupati per la guerra e l’escalation di tensione dei rapporti diplomatici che sta attanagliando l’Europa ma nessuno vuole rivivere i tragici giorni di trenta anni fa quando una guerra la ebbero in casa. Da allora tutti anelano a vivere in pace e contribuiscono a mantenere questo obiettivo: “Il paese ha bisogno di continuare a migliorarsi e progredire, non di un nuovo conflitto”.
Non è di certo vivendo per qualche giorno la solita atmosfera pacifica già avvertita in precedenza da queste parti frequentando mercati, parchi, gente locale ma neanche visitando cantine locali, viaggiando tra varie località o trascorrendo piacevoli serate tra ristoranti e bar che si può avere la percezione esatta se un paese stia per entrare in guerra o meno.
Di certo però, la Repubblica di Pridnestrovie additata come un “paese misterioso ed ostile” è forse l’ultimo esempio in Europa di convivenza pacifica tra russi, ucraini, moldavi, bulgari, ebrei ed altre varie etnie e religioni.
Un esempio di convivenza pacifica tra i popoli dal sapore oramai antico.
LUCA PINGITORE
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