Subotica non e’ Serbia, Novi Sad neanche non e’ ancora Serbia. Questo e’ semplicemente Vojvodina – regione unica dove abitano varie nazionalita’ (statistiche dicono da 27 a 42). Questa e’ una torre di Babele, dove senza senso cercare da altre parti dell’Europa. E una regione speciale, dove mai sono capitate le guerre tra le etnie. Come a noi con parole povere ha spiegato un tedesco senza casa. La’, dove ci sono 3 nazioni – la lotta c’e’ per la morte e per la vita, dove ci sono 30 nazioni – ognuno, anche uno che capisce poco, sa che la guerra ha lo stesso effetto, come l’esplosione di una bomba atomica in una camera piena di gente.
E per questo gli abitanti non perdono la testa, coltivano i campi, allevano gli animali, bevono palinka o rakija, giocano con i baffi, rimettono a posto i cappelli, conservano paprica e insieme si lamentano di Belgrado. Se esiste una cosa in comune per le nazioni da Tallinn fino a Atene, e’ la profonda esistenziale tristezza. Tutti siamo tristi, anche se ogni tanto siamo contenti e felici. Siamo contenti quando beviamo, quando non beviamo siamo tristi. Ma bere non ci fa contenti, permette di dimenticare la tristezza. E in questo senso porta felicita’ .Ma non e’ la felicita’ di vivere. Questa non l’avevamo mai avuta e non l’avremo. L’unica felicita’ e consolazione della nostra vita e’ il fatto che la tristezza e’ come il sale che ci conserva nel nostro psichico difetto e disfatto. Tutti sono tristi – prima gli Ungheresi, dopo Serbi, Polacchi, Ucraini, Bielorussi ed altre etnie. Anche i Cechi ridono per le lacrime. Solo i Kossovari e gli Albanesi non sono tristi. E’ questo che fa paura. Tutti noi abbiamo amato la morte e la sofferenza come la nostra madre e amante in uno. Non sappiamo odiare per bene, non sappiamo essere veramente contenti, viviamo nelle nostre tombe nazionali ben fatte e non molto volentieri usciamo di la’. Ci piace piangere, lamentare il nostro destino, far vedere agli altri che ingiustamente sono piu’ forti di noi. Ad ovest ci invidiano la nostra anima slava. Ma non capiscono che in realta’ sappiamo solo piangere e ridiamo solo quando, se da vari fattori, perdiamo la nostra tristezza. E forse per questo la nostra felicita’ ci libera cosi tanto ed e’ cosi preoccupante.
La Serbia mi ha sorpreso in modo positivo. E mi ha fatto pure rattristire. I Serbi sono un popolo povero, dentro molto diviso ( per questo si dice “Samo sloga Srbina spasava” – solo unita’ salvera’ i Serbi e solo in unita’ dei Serbi la salvezza), e odiato da tanti. E tradito, ingannato. Quando qualche anno fa passavo per la Serbia ho portato via solo brutti ricordi. Non avevo mai trovato la gente cosi non benevole come la’. E’ ora tutto e’ diverso. Non lo so perche’. Forse ha pesato la politica, la storia, il peso dei loro peccati. Cosi penso. Negli occhi dei Serbi vedo apatia, o la voglia di uscire al sole da una parte nascosta. Sopratutto ci vedo tantissimo orgoglio, soprattutto, cosi come lo abbiamo noi polacchi, o gli inflessibili Ungheresi. Penso, che le nostre nazioni – polacchi, ungheresi, serbi – creano il sale dell’Europa centro-orientale, la sua irremovibile “corazza” e grandissima forza. I Serbi piangono della loro storia e della storia contemporanea. Hanno perso praticamente con tutti i vicini e loro minoranze. Hanno perso fisicamente e psicologicamente. Hanno toccato la fine, da dove – spero – stanno tornando e riprendendo la loro gloria. Tifo molto per i Serbi. Mi sembra pero’ che la diversificazione di questo paese non e’ ancora finita. Fuoco c’e’ a Sandzak, a Preszew, a Medvedi, a Bujanovac alla frontiera kossovara e macedone. Della Vojvodina i Serbi possono essere sempre sicuri, anche se sempre sara’ radicalmente diversa (superba) di altre parti della Serbia. Dalla Serbia ricordo sopratutto gli incontri con la gente. Con un omino, che e’ uscito di casa sua, quando per un attimino ci siamo seduti vicino suo cancello. Abbiamo finito con una bella chiacchierata e bere rakija. Questo omino ha finito giurisprudenza, e per questo non voleva parlare di politica. E parlavamo di Presevie – Serbia, Macedonia, Kosovo, che prima o poi sara’ preso dalla Grande Albania, o di piu’ da Grande Caos Balcanico. Per il resto della strada mi ha dato un litro di rakija. Prima c’era l’incontro con Milan – un ragazzo circa 25enne, che doveva scappare dal Kosovo con tutta la famiglia, dove gli Albanesi hanno distrutto la loro casa e le tombe della loro famiglia. Gli stessi tristi sguardi, le stesse parole.
Radosław Zenderowski
( professore Università Wyszyński di Varsavia )
Articolo tradotto da MAGDA ed ANDRE86
( utenti del forum viaggiatorindipendenti.it )
La Serbia di Zenderowski
Tags: serbia
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