Novembre 2013. Da una fessura del telone che ricopre il cancello, un militare ogni tanto si affaccia a sbirciare. Senza nessun timore reverenziale, considerato il luogo nel quale ci troviamo, scattiamo le nostre fotografie al varco militarizzato ed al graffito sul muro che segnala la distanza che ci separa da Gerusalemme (205 km) e da Beirut (120 km). Lo stesso fanno i vari turisti che sono presenti come noi qui a Rosh HaNikra, uno dei punti più affascinanti sul mar Mediterraneo medio orientale. Il ristorante HaTsuk, con cucina esclusivamente kasher, riceve gli avventori che si spingono fin qui per visitare le grotte millenarie raggiungibili tramite la funivia a picco sul mare considerata la più ripida al mondo ed i resti di quella che era la ferrovia che dal Cairo portava fino ad Istanbul e Berlino e che si diramava da Beirut verso Damasco e Baghdad.
Ora, di questa grandiosa opera di comunicazione, è rimasto solo un tunnel con le tracce dei vecchi binari. La “Notte dei Ponti”, durante la quale furono fatti saltare diversi ponti strategici delle ferrovie in Medio Oriente subito dopo la fine della II° Grande Guerra, infranse il sogno di un collegamento globale su rotaia. L’ uscita del tunnel che attraversa il promontorio sul Mediterraneo è murata. Proprio sopra scorre la linea di frontiera tra Israele e Libano. La frontiera ha ripreso i vecchi confini solo nel 2000 dopo il ritiro dell’esercito israeliano da quello che è il territorio del sud del Libano. Ma la zona è calda e la situazione è ancora tesa, per questo, oramai da più di 40 anni la frontiera è gestita dall’esercito israeliano sul suo lato, qui dove ci troviamo noi, mentre la missione internazionale dell’ONU, denominata UNIFIL, controlla l’altra parte della galleria, praticamente a poche decine di metri di distanza. Il passaggio di frontiera è ovviamente interdetto a tutti, la strada termina sul cancello di fianco il ristorante, dalle rocce bianche sul mare ti sporgi ed il vicino orizzonte è Libano. Anzi nessun orizzonte, le boe galleggianti in maniera perpendicolare sull’acqua segnano già la delimitazione della frontiera.
Febbraio 2020. Il Mediterraneo cristallino si dipana sotto i nostri occhi in un panorama unico. Ci inoltriamo a piedi tra le montagne di calcare in una sorta di piccola gola creata dal letto di un fiumiciattolo. Tra la vegetazione una grossa crepa nel terreno nasconde un posto storico. Con un balzo di mezzo metro ti ritrovi all’imbocco di un profondo, lungo e buio tunnel. Nella semi oscurità si intravedono i resti dei binari. Sembra di essere sulla banchina di una linea metro, solo che il letto della ferrovia si trova a circa 3 metri più in basso. Siamo su quella che più di settanta anni fa era una delle fermate della ferrovia che congiungeva Il Cairo ad Istanbul e quindi poi all’Europa. Potendosi inoltrare per una decina di chilometri attraverso il vecchio tracciato ferroviario si arriverebbe alla porta murata che separa il Libano dalla “Palestina occupata dagli israeliani”*.
Eravamo lì sette anni fa.
E pensare che quando la ferrovia fu terminata, nella prima metà del ‘900, non esistevano divisioni o almeno non esistevano frontiere chiuse. Da allora tutto è cambiato e da queste parti continua a protrarsi una guerra che mantiene fragili gli equilibri del mondo intero.
Fino a trenta anni fa la stabilità mondiale era determinata dal Muro di Berlino, eliminato quello c’è ora un altro “muro”, un altro limite che divide il mondo: la Linea Blu, meglio conosciuta a livello internazionale come Blue Line.
La linea fu costituita nell’anno 2000 su quello che era il confine originario che separava il Libano da Israele prima del 1978.
Per più di venti anni l’esercito “occupante della Palestina”* invase anche il Libano meridionale facendo da ciò scaturire guerre, rivolte, drammi, bombardamenti che segnarono tragicamente anche la capitale Beirut.
L’ONU creò una missione militare di interposizione ad hoc, la UNIFIL come detto, che sin da subito ha visto l’esercito italiano in posizione predominante. E da allora l’UNIFIL, a guida italiana, opera nella regione. Tante piccole basi, poligoni, depositi, uffici sono dislocati nel sud del Libano ed il quartier generale della missione si trova proprio a ridosso del confine con la “Palestina occupata da Israele“*. Qui in Libano Israele non esiste, il territorio a sud della Blue Line è a tutti gli effetti Palestina e ciò si evince anche dall’ultimo cartello stradale che indica la direzione verso sud. Solo che quella strada è un vicolo cieco, una strada senza uscita che si infrange sul cancello di confine alla base del promontorio gestito da un drappello di militari italiani. A differenza del lato israeliano, dove però la frontiera è a tutti gli effetti un sito turistico con viandanti che visitano le grotte ed avventori che si rifocillano sul ristorante a picco sul mare, qui in Libano l’area adiacente il confine è assolutamente interdetta ad estranei tanto più a civili non autorizzati e a visitatori. Il divieto di accesso inizia una quindicina di chilometri prima del varco vero e proprio ma fino al bivio per salire a Naqura, se hai motivazioni plausibili l’autorizzazione a transitare ti è concessa. Al bivio però devi girare e salire verso l’altipiano ed i villaggi a ridosso della Blue Line, proseguire diritto sulla strada chiusa dal cancello della postazione militare di frontiera invece non è contemplato per nessuno. Il quartier generale UNIFIL, base principale della missione, si dirama per un paio di chilometri tra la spiaggia e le pertinenze in collina.
Al contingente nepalese è affidato il servizio di controllo stradale.
Tra la base ed il cancello di frontiera vero e proprio intercorrono meno di un paio di chilometri di natura marina al limite dell’incontaminato senza presenza umana. Il mare, quello qui conteso per motivi di gas tra i due governi e definito come Blocco 9, si adagia sulle rocce basse, la vegetazione rada, la visuale che sconfina idealmente verso la penisola italica. Un posto da vacanza, peccato sia interdetto al mondo. Ed eccolo lì il punto segnato sulle mappe militari con l’acronimo 1-32A, l’imbocco del cancello che ci separa da Rosh HaNikra in Israele.
Riprendiamo da dove avevamo interrotto sette anni fa.
Non possiamo attraversare materialmente la frontiera ma è come se l’avessimo fatto. L’emozione di trovarsi in uno dei punti nevralgici del Vicino Oriente ci emoziona. Possiamo da qui continuare a viaggiare ed esplorare il resto del Medio Oriente.
Risaliamo ed affianchiamo la Linea Blu.
La vediamo che quasi possiamo toccarla. Si nota chiaramente la strada in terra battuta e la rete di demarcazione. Sembra di trovarsi sulla strada di pattugliamento con annessa striscia di controllo della storica frontiera tra Germania Est e Germania Ovest.
Da queste parti, pensiamo, è facile incorrere in incidenti armati. In alcuni punti la strada principale e le case della Terra dei Cedri distano poche centinaia di metri dalle installazioni con sembianze di fabbriche della Terra Promessa.
Se corri all’impazzata chi ti sparerà per primo?
Gli israeliani dalla parte della Palestina? Oppure il drappello ghanese dell’UNIFIL addetto alla sorveglianza della zona? O forse è più probabile i militanti di Hezbollah, l’organizzazione paramilitare libanese, imboscati in qualche anfratto.
La Linea Blu corre fino alla Siria in pratica fino al confine con l’altra missione militare internazionale presente in zona, la cosiddetta UNDOF, che crea una zona cuscinetto tra la regione delle Alture del Golan invase anche esse da Israele sin dal 1967 ed appunto la Siria.
Ma questo è un altro viaggio, anzi è il già citato precedente viaggio di sette anni fa che ci portò anche sul varco militarizzato di frontiera tra Israele e Siria.
Anche li un cancello ci sbarrò la strada, strada che prima o poi riprenderemo dall’altra parte.
Il Libano fino agli anni ‘70 era da molti definito “La Svizzera del Medio Oriente” poiché deputato con la sua capitale Beirut ad essere una sorta di stato franco, sia come luogo di deposito di capitali più o meno legali nelle sue decine di filiali di banche locali ed estere, sia come luogo ( ruolo poi passato anche se in termini differenti ad Amman capitale della Giordania ) di incontro per decidere le partite giocate in Medio Oriente e dal Medio Oriente [ sede dell’OLP, il generale Giovannone ed il Lodo Moro, Carlos lo Sciacallo, il caso dei giornalisti Toni – De Palo], sia come luogo dove illustri latitanti venivano (e continuano a farlo) a svernare.
La Corniche di Beirut, il lungomare che attornia la capitale è un susseguirsi di alti grattacieli con lussuosi appartamenti in stile Montecarlo che a noi nostri occhi sembrano vuoti.
Sarà forse a causa della recente crisi finanziaria che sta attanagliando il paese? O forse trattasi solo di speculazione edilizia dati gli ingenti capitali che in Libano sono da sempre affluiti?
Di certo il cuore nevralgico a livello politico della città, piazza Nijmeh e dintorni, è asserragliato su stesso con lastre di cemento armato del tutto simili a quelle di cui era formato il Muro a Berlino, filo spinato e militari ovunque.
In piazza dei Martiri, invece, quello che è rimasto delle proteste degli ultimi mesi, qualche tenda cadente ed un centinaio di dimostranti che durante il nostro viaggio si danno appuntamento un paio di volte creando disordini al traffico cittadino.
La crisi economica è però forte e le banche non rilasciano denaro contante se non con il contagocce portando ciò a bloccare l’economia del popolo. Ed è particolare e significativo che tutto o quasi, soprattutto per lo straniero, viene indicato in dollari statunitensi che è di gran lunga preferito all’Euro o magari alla lira libanese stessa. E ti accorgi della crisi al cambio della valuta. Nessuno osa cambiare in banca al tasso ufficiale, conviene farlo ai vari cambiavalute che trovi in giro e trovarti così in tasca il doppio del valore stabilito.
Ma Beirut è una città dalle diverse facce. I grattacieli moderni con di fianco le case fatiscenti crivellate dai colpi d’artiglieria della Guerra Civile degli anni’ 80; il quartiere popolare comandato dalla fazione politica di Amal dove inoltrarsi tra i vicoli è sinonimo di esser seguito a vista da militanti sospettosi nei tuoi confronti; l’enorme campo profughi palestinese di Shatila, oramai parte integrante della città; il quartiere sede del movimento di Hezbollah dove dovresti avere un reale motivo per aggirarti al suo interno; i vari check point dell’esercito sulle arterie principali o a difesa dei palazzi cruciali; i mercati; i locali notturni alla moda frequentati da decine di giovani,; il mar Mediterraneo e la visione emozionante che offre a questa latitudine; la già citata chilometrica Corniche; il cibo e la cordialità dei libanesi in generale non solo nella capitale.
La striscia di terra dai cedri pregiati, abitata ancor prima dell’avvento dei Fenici, è impregnata di storia antichissima e conserva resti archeologici unici e meravigliosi i quali, in accoppiata alle bellezze naturalistiche marine e montane, rendono il Libano uno dei posti più affascinanti dell’area del Mediterraneo.
*= Terminologia utilizzata dal versante libanese.
LUCA PINGITORE
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