“…Bitola / Maribor / Rijeka / Nikšić / Zenica / Bor…”, così recita Đorđe Balašević nella celeberrima “Tri put sam video Tita”, canzone della tradizione jugoslava, intendendo simbolicamente così indicare, citando città ai quattro punti cardinali, la grande estensione territoriale della Jugoslavija da sempre alter ego della regione dei Balcani. I Balcani in realtà sforano i confini territoriali dell’ ex Repubblica di Jugoslavija andando a comprendere ampie zone dell’Albania, della Bulgaria e della Grecia.
Proprio in Grecia, la città di Thessaloniki, dove inizia il nostro viaggio, è l’estremità inferiore di questa vasta area dalle mille sfumature, dalle decine di etnie e dalle centinaia di emozioni.
Dopo aver girovagato in lungo ed largo l’area balcanica in differenti viaggi, anche con spedizioni separate, che hanno fatto sì che ci innamorassimo di queste terre, per me e Jena giunge il momento di riprendere da dove avevamo lasciato e di visitare l’ultimo lembo di questa regione.
Ultimo lembo di terra rimasto da visitare per noi ma non ultimo nostro viaggio in zona.
Anzi; La nostalgia che ti assale, lasciando queste terre è così imponente che ne avverti la crisi d’astinenza già sulla via del ritorno in Italia.
MARTEDI 1 GIUGNO: MILANO.
Come da tradizione atavica, nel primo pomeriggio mi eclisso dal lavoro, evitando sguardi di curiosi, invidiosi, barboni e nullafacenti che affollano giornalmente la mia area di lavoro e mi imbarco sull’unico treno economicamente sostenibile per Milano.
Milano è giusto una tappa obbligata prima del grande salto verso i Balcani.
Obbligata per via degli orari altamente mattinieri del volo con cui salperemo l’indomani.
Questa volta, invece di emulare più famosi saccopelisti nell’aeroporto di Malpensa, io e Jena optiamo per convergere in serata nel capoluogo lombardo ed improvvisare una serata di Spaccacranio-memoria in compagnia dei sempreverdi Radaulpa e Pibi.
In attesa dell’arrivo di Jena da Savona, mi imbatto nei dintorni della stazione ferroviaria con Radaulpa che ha organizzato una delle serate più volgari che la storia dei nostri meeting si ricordi.
Pibi, purtroppo, non perviene all’appuntamento. A quanto pare il sorseggio di un amaro, la notte precedente, è risultato davvero amaro non solo nel sapore. Recuperato Jena, ci attestiamo nell’albergaccio da costui riservato, per trascorrervi poi la notte e riprenderci dalle condizioni in cui ci troveremo considerato che per la serata ci siamo completamente affidati al re degli sbunnati Radaulpa.
Per uno strano errore, sembra non voluto, risulta che Jena abbia riservato una camera matrimoniale. Il receptionist dell’albergo subito pensa male e lo pensa ancor di più quando nota che a reclamare la stanza siamo addirittura in tre.
“Non abbiamo letti così grandi”, sentenzia.
“Non si preoccupi, lui è solo un guardone”, gli rispondo io indicando Radaulpa.
Per evitargli un infarto, gli sveliamo che siamo solo dei burloni e, per allontanare comunque eventuali strane idee nel suo albergo, ci concede di sua spontanea iniziativa ed allo stesso prezzo della matrimoniale una stanza doppia.
Siamo quindi pronti per la serata organizzataci da Radaulpa.
Come aperitivo ci conduce nei dintorni della stazione a visitarne la casbah. Un pezzo d’Africa nel pieno centro di Milano.
Per il primo, invece, piatto unico, ha prenotato un tavolo in una delle più essenziali tavole calde indiane presenti in città.
Per il gran finale ci è riservata l’apoteosi: il mitico bar Ethiopia di cui tutta Milano parla.
Siamo tra i pochi fortunati a riuscire ad ottenere l’onore di potervi accedere e di apprezzare la magnanimità dei gestori etiopi che addirittura, come primi clienti stranieri (essendo noi italiani) dal 1982, l’anno di apertura del bar, ci offrono una bottiglia di prezioso spumante eritreo in segno di amicizia tra i popoli.
La musica del Corno dì’Africa incalza spaziando da sonate somale a canti della tradizione etiope, passando per arie eritree fino al moderno pop dell’ultimo Festival dei Fiori di Gibuti.
Jena è impaziente e vorrebbe scatenarsi al ritmo rastafahari con la nonna della proprietaria del bar, incalzato dal ritmo del battito delle mani del cugino acquisito della nonna ed i coretti in falsetto del figlio del nipotino del cugino della nonna della proprietaria del bar ma Radaulpa incombe, avendoci riservato un’ulteriore evento.
Dopo anni di affannose ricerche, il nostro organizzatore, ci assicura che solo un supermercato sudamericano di sua conoscenza offre tra la sua mercanzia la celeberrima e gustosissima birra Italia.
Ci accaparriamo in anticipo su due cinesi le ultime tre bottiglie rimaste del succulento prodotto e ne assaporiamo il gusto magico, giusto accorgendoci degli strani movimenti omosessuali che accadono nel dirimpettaio bar.
Scolata avidamente la notevole birra, appaiono i titoli di coda anche di questa unica serata milanese, non prima di aver ringraziato Radaulpa per la capillare organizzazione.
MERCOLEDI 2 GIUGNO: THESSALONIKI.
In un classico orario antelucano, io e Jena, strisciamo verso Malpensa da dove il nostro aereo ci conduce a Tessalonica, l’odierna Salonicco.
Sono altamente emozionato in quanto, mea culpa, trattasi della mia prima volta in Grecia.
Un ritardo non espressamente voluto quello che mi porta in Ellade solo ora ma alcuni fattori indietro nel tempo hanno fatto sì che mettessi piedi in età avanzata nella Repubblica Ellenica. Ma non è mai troppo tardi per scoprire questa terra e non limitarsi al solo e puro divertimento estivo che le sue isole offrono.
Politicamente la Grecia è sempre stata legata al mondo occidentale ma geograficamente e per molti versi anche e soprattutto culturali è di diritto facente parte a quel mondo che tanto mi affascina: l’oriente d’Europa.
Convinto di ciò, anche questa volta, non appena sceso dalla scaletta dell’aereo, pronuncio l’oramai familiare rituale: “Finalmente a casa!”, baciando la terra che calpesto.
A differenza di tanti altri posti, non c’è nessun tassista, abusivo o meno che ti assilla e così io e Jena riusciamo ad imbarcarci per la città con un comodo bus urbano che ci consente di poter iniziare ad assaporare dal finestrino quest’angolo di Grecia, confine meridionale delle terre balcaniche.
Da Kalamariá, località dell’hinterland dove è ubicato l’aeroporto, inizia il nostro tour.
Circa trenta minuti di viaggio in cui riusciamo a notare alcuni spezzoni di clima balcanico, sprazzi di volgarità, eccesso occidentale, semplicità popolare, confusione, modernità. Per certi versi, in alcuni punti, la tratta, mi ricorda alcuni paesi costieri situati dall’altra parte del mar Ionio anche se in realtà, qui ci troviamo sul mar Egeo.
Il nostro bus ci scarica in pieno centro.
Ci mettiamo subito alla ricerca dell’albergaccio da noi prenotato dall’Italia e seduta stante ci inoltriamo nel cuore pulsante della città di Thessaloniki: il mercato di Modiano.
Il mercato prende il nome da una famiglia di commercianti ebrei della zona che, nelle sue ramificazioni, porterà poi ad esser titolare anche della famosa ditta triestina di carte da gioco.
Il mercato con i suoi corridoi, i banchi del cibo, le bancarelle di chincaglieria varia, vestiti, angoli ristoro si mostra in tutta la sua volgarità di mercato tipico dell’est ma adattato ad una visione più occidentale, tipica dei vecchi mercati rionali del sud Italia quali la Vucceria a Palermo e quello dei Rivocati, oramai memoria degli anni che furono, a Cosenza.
Sgattaiolati a fatica dalle stradine mercatali, riusciamo a raggiungere il nostro hotel che, all’apparenza, ci sembra un albergo a tariffa oraria.
In men che non si dica siamo pronti a ributtarci in strada e ad affrontare una rapida e, purtroppo visti i tempi a disposizione, non abbastanza approfondita, visita della città.
Ci inerpichiamo su per le strade trafficate e corredate di enormi palazzoni fino alla chiesa di Agios Dimitros, la chiesa ortodossa-bizantina di San Demetrio; osserviamo le antiche mura della città alta; le vestigia dei resti del mercato romano; la cattedrale di Agios Sofia, Santa Sofia; attraversiamo le centralissime arterie Egnatia odos, Tsimiski e Aristotelous con la sua omonima piazza, vero salotto cittadino e fiore all’occhiello su sfondo dell’azzurro mare; osserviamo vecchi bagni turchi adibiti oramai a botteghe; ridiscendiamo verso il mare e verso il simbolo della città, la Torre Bianca che domina il mar Egeo; passeggiamo con lentezza per il lungomare con tutta una schiera di locali affollatissimi di gente di tutte le età soffermandoci ad ammirare l’orizzonte bluastro scalfito dalle leggere onde del mare dettate dalla soffiante brezza; omaggiamo la statua di Alessandro Magno il Macedone, personaggio storico oggetto di forte diatriba politica da queste parti con la attigua Repubblica di Makedonija; transitiamo sotto la torre della televisione; visitiamo alcune mostre fotografiche sulla storia dei Balcani dislocate in alcune moschee in disuso; ci attestiamo sotto l’Arco di Galerio, il Kamara, di cui è rimasto in piedi solo una piccola parte, eretto a futura memoria della vittoria sui persiani.
La particolarità di Salonicco è il vedere antiche chiese o resti dei fasti della Grecia antica o anche del mercato romano, circondati, chiusi e sovrastati da moderni palazzoni-alveari dove si svolge la vita quotidiana della città. Il contrasto che si rivela agli occhi dell’osservatore è di notevole effetto.
E’ proprio sotto il Kamara, luogo di incontro cittadino alla stregua del Laimas di Riga, che attendiamo i nostri contatti locali.
Tramite giri internazionali riusciamo ad approntare un appuntamento con un trio di provenienza mondiale: un ragazzo greco, un ragazzo danese-iraqueno ed una ragazza di Singapore. Il meeting internazionale è servito.
Dopo un ulteriore rapido giro del centro, ci attestiamo a fatica, a causa della folla che occupa i vari bar, in un elegante locale del lungomare.
Le nostre impressioni del pomeriggio sono confermate. Locali pieni e gente che non bada ai prezzi alti proposti. In barba della presunta crisi economica che dovrebbe attanagliare la Grecia di questi tempi.
Il nostro anfitrione greco ci spiega che la crisi c’è ma quello che si sente da radio, giornali e televisioni non è sempre la realtà ad essere dipinta.
Io e Jena siamo altamente d’accordo con lui, essendo stati osservatori di una realtà distorta quando ci recammo in Georgia ai tempi della “guerra”.
La conversazione di caratura internazionale prosegue toccando vari punti e carpendo varie informazioni di svariata natura.
Il continuo via vai di gente, la musica di sottofondo suonata dai DJ sin dalla mattina, le simpatiche ragazze che si affacciano alla nostra vista, il mare a pochi metri, il tramonto greco, tutto rendono piacevole la serata.
Ma è tempo di salutare la compagnia e dirigerci verso il nostro albergo, non prima di aver esitato infilandoci in qualche stradina secondaria e gustarci qualche altro angolo di volgarità.
Io e Jena, però, non siamo a Thessaloniki a perder tempo.
Dopo aver visitato, grosso modo, la città, ci tocca, per motivi contrattuali di uno verso l’altro, testare la nightlife cittadina.
La tanto decantata nightlife di Salonicco di cui udimmo da tempo immemore testimonianze di antichi pionieri fino ai più recenti giorni nostri con le declamazioni dei Fratelli Cavallo, duo di fratelli filosofi calabresi trapiantati a Firenze, dalla cui bocca fuoriesce solo saggezza popolare, sussurrata solamente alla cerchia di Adepti Prescelti, di cui il sottoscritto si fregia di poter appartenere.
Il tempo di pettinarci, di masticare qualcosa di veloce e siamo già nei luoghi dove, i nostri studi comparati tra i vaticini dei Fratelli Cavallo e della soffiata del solito metronotte, nottambulo inguaribile, ci dovrebbero assicurare un discreto raggio d’azione.
Le vecchie stradine sono un vespaio di localini e di gente che sorseggia e rumoreggia indisturbata.
A fatica, catturati dalle grazie di una gentilissima cammarera locale, riusciamo a conquistare una posizione di tutto rispetto tra un tavolino di maschioni ed un altro di una coppia di callarone neo assunte alla Pozzi&Ginori.
Con grande errore tattico, non attiviamo azioni d’attacco e restiamo ad osservare la movida che muove la Salonicco bene.
Questa è solo una zona del divertimento. Non possiamo fare altro che programmare un successivo viaggio per completare le nostre ricerche sulla nightlife cittadina.
La zona in cui ci troviamo, architettonicamente e con i barlumi dell’alcool, ci ricorda un particolare punto di Bucuresti.
Divaghiamo su vari temi.
Da Nikos Anastoupoulos, il mitico calciatore dell’Avellino negli anni ’80, alle affinità alfabetiche del greco col cirillico, agli studi giovanili del greco antico, al perché la Grecia non abbia mai fatto parte del blocco politico dell’Europa orientale.
Affrontare questi argomenti in piena nightlife ci fa domandare se forse stiamo invecchiando.
Forse è un solo una casualità.
Ma per sicurezza considerata la levataccia che ci attende l’indomani, fischiamo la fine della serata e ci accomodiamo nei nostri rispettivi letti.
( Continua nella sezione “ Macedonia ” )
LUCA PINGITORE
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