Tangeri

2015-01-23_201258
«Tangeri sembra esistere su diverse dimensioni. Scoprite continuamente strade, piazze, parchi che non avete mai visto prima. Qui la realtà si fonde con il sogno, e i sogni irrompono nel reale».
William Burroughs

Tornando da Istanbul e dal Bosforo mi è capitato di guardare indietro a qualche anno fa, correva l’ estate 2002, estate di un lungo viaggio in solitaria iniziato da Lisbona e continuato in Spagna alla volta di Tangeri.
If you see her, say hello, she might be in Tangier , se la vedi dille ciao potrebbe essere a Tangeri, cantava Bob Dylan.
Tangeri è l’ Istanbul dell’ Africa e del Marocco, non certo dal punto di vista storico o artistico ma assolve la stessa funzione fa da ponte tra Europa e Africa, è già Marocco ma a suo modo è ancora Europa.
Mi imbarco ad Algeciras in un caldo torrido insieme a qualche turista ma in prevalenza a marocchini che tornano a casa dalla Spagna, in due ore e mezza sarò nella meta agognata, sono emozionato per questo sconfinamento geografico nel regno del Marocco.
Alcune anziane signore col velo in testa gettano oggetti di metallo nel mare per ingraziarsi una buona traversata e si raccolgono quasi in preghiera, non avevo mai sentito di questa tradizione.
Alla mia destra ecco l’ immensa rocca di Gibilterra con la sua montagna che sembra un panettone, il traghetto va lento attraverso lo stretto, sto passando le colonne d’Ercole.
Sbarchiamo è diventato buio, nell’ Interzona, dove William Burroughs ormai allo stremo con la droga scrisse e ci pensarono i suoi amici Ginsberg e Kerouac a raccogliere i plichi di fogli sparsi per la sua stanza e sistemarli, quello che diventerà il celebre capolavoro : ” Il pasto nudo “, famoso anche per la versione cinematografica di Cronemberg.
Interzona forse è proprio la parola giusta se Tangeri non è più la città neutrale che fu dal 1912 al 1956 quando era amministrata dalla comunità internazionale, paradiso fiscale, regno dell’ oppio e dell’ hashish e buen retiro di spie, intrallazzatori, artisti, poeti della beat generation, faccendieri e celebrità mantiene ancora la sua aurea di mistero e di città ” maledetta “.
Il porto è un gran casino, gente che va gente che viene, sono davanti a un bivio trovare una sistemazione sul lungomare davanti alla spiaggia che non mi sembra molto differente da quello di tante città spagnole visitate oppure gettarmi nella Medina.
Propendo per la seconda ipotesi
la salita alla bianca Medina è un turbinio di odori e colori, sono fortunato oggi è giorno di mercato, c’è gente da tutto il Marocco e dalla Spagna, e sembra protrarsi fino a notte fonda.
L’ aroma speziato della carne arrostita su minuscoli bracieri e il fumo che inonda la via danno un atmosfera irreale, poso i bagagli nella pensione che si trova in uno dei tanti vicoli pieni di gente che risalgono verso la collina.
Cambio un po’ di soldi e mi tengo in tasca il rotolo di Dhiram, balzo come un gatto tra i vicoli, le merci oltre che nei negozi sono accatastate dappertutto per la strada su teli di stoffa o plastica o in bancarelle improvvisate, spezie, vegetali, frutta, pane, ed ogni altro ben di dio che desideraste comprare, i venditori di tappeti, sete e tessuti ti offrono un the alla meta in cambio della tua attenzione.
Scoprirò subito che a Tangeri ci sono i venditori più insistenti di tutto il Marocco o anche forse di tutto il mondo, in Turchia o Tunisia al confronto sono degli agnellini.
Sulle terrazze i vecchi marocchini giocano a scacchi tra coltri di fumo, mi intrufolo in alcuni bar di una volgarità assoluta regnano dappertutto le foto del re.
Mi sento davvero lontano da casa più mentalmente che geograficamente eppure la Spagna è ad un passo, l’ oceano sembra una enorme macchia nera di petrolio costeggiata dalle luci e dalle palme della passeggiata.
Dopo un thè alla menta e un ulteriore passeggiata in questa ” casbah ” a cielo aperto dove rimango colpito dai portali dei palazzi, dai patii, dai frontoni di pietra , dalle decorazioni che mi ricordano tanti quadri di Matisse, mi ritiro nella mia stanza in stile arabo dalla quale il vociare dei passanti non cessa fino a tarda ora.
Il giorno dopo mi sveglio riposato e faccio un giro diurno ecco le moschee, il Palazzo del Sultano il Dar El Makhzen.
Vado verso la bianchissima e lunga spiaggia per un bagno nel freddo oceano, cammelli sono disponibili per un giro esotico sulla spiaggia, i venditori di the sgambettano con il loro pesante contenitore sulla schiena.
Tangeri è le sue terrazze puntate sull’ oceano e su Gibilterra, una città, ripida e in salita, uno di quei posti dove il tempo corre più lentamente e dove a parte il vendere e il comprare esiste una fauna smisurata di personaggi che passano il tempo nell’ ozio più completo uno di quei posti in cui nessuno lavora ma non sembra preoccuparsene.
Una città strana, un luogo di passaggio in fondo, la strada per l’ esilio di molti e quella per le ” emozioni” di quelli che son più fortunati di arrivarci per svago, che non contiene nulla di eccezionale, ma in cui molti han deciso di restare.
La luce particolare però ti colpisce così come il bianco della città vecchia arroccata sul porto decadente, in questo angolo di terra che a differenza del resto del Marocco rifiuta di modernizzarsi.
Delacroix ha scritto sul suo diario :” se prima o poi avete qualche mese da perdere, venite in Barbaria, qui vedrete la natura che nelle nostre contrade è sempre nascosta e sentirete la preziosa e rara influenza del sole che dà a ogni cosa una vita penetrante…”
I miei pochi giorni a Tangeri volano letteralmente, vorrei andare avanti verso il resto del paese Fez, Rabat, Marrakech ma il tempo è finito e un aereo a Lisbona mi attende, mi imbarco di nuovo nella direzione opposta, il biancore della città filtrata dal sole si allontana ma è solo un arrivederci.

LUCA TOCCO

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