( continua dalla sezione ” Moldova ” )
Era l’aprile del 2005 quando sentii parlare per la prima volta della Transnistria.
Da allora, sono trascorsi ben cinque anni prima che avessi la possibilità di metter piede in questo presunto Stato non riconosciuto, quasi neanche dai suoi cittadini. Fino ad ora, la visita di questa regione, era rimasta solamente agognata sulla mia agenda di viaggio ma oggi, finalmente, riusciremo a mettervi piede. La nostra spedizione comincia a perder dei pezzi.
Gc, infatti, resterà in solitaria a Chisinau per un giorno, prima di rimbarcarsi per l’Italia, mentre il resto del gruppo proseguirà per l’esplorazione della Transnistria.
Sui movimenti di Gc in solitaria a Chisinau, regnerà per sempre il mistero più assoluto, nonostante le più svariate ipotesi si siano fatte strada.
Il sottoscritto, Jena, Marxim e Brunello seguiamo le informazioni sbagliate e ci rechiamo alla gara nord, la stazione dei pullman di Chisinau ovviamente sbagliata. Qualche dubbio, prima di recarci, lo nutriamo in effetti ma solo una volta lì, dipaniamo ogni dubbio.
Come in quasi tutte le città dell’Europa centro – orientale, esistono varie stazioni dei treni e dei bus dalle quali partono collegamenti differenti a seconda dell’ubicazione geografica della località che si vuole raggiungere. Spesso, infatti, esistono stazioni “sud” e “nord” le quali collegano quindi le direttrici sud o nord.
La gara nord di Chisinau, si presenta in tutta la sua volgarità ma, coperta da uno spesso strato di neve e ghiaccio, risulta meno volgare di quello che in realtà è. Quasi non paragonabile alle autostazioni dell’Albania o ad alcune disperse nel Caucaso russo.
Anche se il cesso pubblico con la tavoletta in metallo arrugginito di staliniana memoria fa scuola.
Decine di mashrutke fanno la spola dalla capitale per i più svariati villaggi della campagna moldava.
Autisti, pseudo collaboratori, i soliti nullafacenti gridano le destinazioni delle mashrutke quasi ci trovassimo al mercato del pesce di Schiavonea, sulla sponda calabrese del mar Ionio.
A pochi metri dal piazzale passeggeri, sorge una piccola ma moderna costruzione che funge da biglietteria. Un contrasto notevole con il resto del luogo in cui ci troviamo.
Sciolti gli ultimi dubbi riguardo al punto esatto della partenza della nostra mashrutka per la Transinistria, vi ci rechiamo in taxi.
Questa stazione, ubicata in pieno centro tra le strette strade cittadine risulta quasi più volgare e di sicuro molto più incasinata, costituendo le partenze e gli arrivi, una sorta di blocco del traffico cittadino. Senza esitazioni, comunque, ci imbarchiamo sulla prima mashrutka utile per la Transnistria.
L’usanza tipica delle mashrutke è quella di riempirsi fino all’inverosimile e di rimandare la partenza fino a che l’ultimo posto disponibile non si riempia. Essendo noi in quattro, rendiamo subito disponibile la partenza. Brunello si accaparra l’ultimo posto regolare disponibile, Marxim si siede al posto del navigatore di fianco l’autista, io e Jena ci accomodiamo gentilmente su due tavolette di legno appoggiate tra un sedile e l’altro in mezzo allo stretto corridoio del furgoncino.
Stretti e scomodi in quelle condizioni, l’autista accellera verso la Transnistria.
Lo sgasamento dei motori crea un movimento di rinculo che mi fa cadere letteralmente all’indietro in braccio a Jena con un movimento di rivoluzione simile ad una capriola carpiata. Il pubblico della mashrutka misto russo – moldavo – transnistro ride ed applaude come ad un numero circense dell’Embell Riva.
Intuitoci stranieri ed imbranati, i passeggeri si mostrano subito gentili. In particolare una ragazza, mia vicina di “sedia”, dopo avermi espresso tutto il suo disappunto su noi italiani in russo stretto e dopo la mia replica risentita in russo – calabrese, si muove a compassione e si offre ella stessa di compilare l’immigration card, elemento indispensabile per entrare ed uscire dalle repubbliche ex sovietiche, credendoci degli sprovveduti assoluti.
Il viaggio da Chisinau fino al confine, dura circa un’ora. Un’ora in cui, accovacciato in quelle condizioni, nel centro della mashrutka ed in posizione da contorsionista cinese, riesco a scrutare poco oltre il finestrino.
Giungiamo al confine.
Si apre il portellone della mashrutka ed un poliziotto transnistriano fa la sua comparsa. Ci divincoliamo dalle posizioni di viaggio e ci vengono controllati i passaporti. Noi quattro stranieri veniamo indirizzati verso un ufficio preposto. A turno ci viene controllato il passaporto, sequestrata la metà spettante a loro dell’immigration card e non ci viene richiesta nessuna tassa d’ingresso. Nell’ufficio fa bella mostra di sé una mappa geografica della Repubblica Moldava di Pridnestrovie, è strano notare la Transnistria come stato a sé.
In meno di quindici minuti, siamo pronti ad entrare nella famigerata Repubblica fantasma. In barba alle solite dicerie, i soliti pregiudizi, i servizi televisivi pilotati e completamente fasulli.
Ne eravamo convinti alla partenza, perché, si sa, dopo la nostra esperienza in Georgia, durante i giorni di quella che doveva essere una guerra di proporzioni immani e poi, sul luogo, si scoprì essere dai contorni completamente differenti da come ci veniva dipinta, la televisione va creduta con la dovuta accortezza.
Si sfonda in Pridnestrovie.
La Repubblica Moldava di Pridnestrovie, più comunemente conosciuta come Transnistria, è una regione compresa tra il fiume Dniestr (Nistru in romeno) e l’Ukraijna, che si è proclamata autonoma e seguente i principi dell’oramai disciolta Unione Sovietica sotto la guida del suo presidente Smirnov e della sua azienda Sheriff, presente in vari settori.
Nessuno stato riconosce la Transnistria come nazione indipendente. Gli unici riconoscimenti gli sono giunti da altre due regioni autoproclamatesi indipendenti e da nessuno riconosciute: l’Abkhazia e l’Ossezia del sud.
Praticamente ci troviamo in uno stato fantasma con tutte le contraddizioni che ne conseguono.
A partire dalla frontiera, dove i nostri passaporti vengono controllati da milizie, in realtà, inesistenti e nessun timbro d’entrata ci viene apposto sugli stessi. Giungiamo a Bendery, primo avamposto transnistriano venendo da Chisinau e seconda città per importanza, dopo la capitale Tiraspol, della Pridnestrovie.
Bender ci appare a prima vista la classica città d’architettura sovietica come se ne vedono tante in giro per l’Europa centro – orientale.
La nostra mashrutka scarica alcuni passeggeri e ripartiamo verso Tiraspol, la capitale appunto.
Guadiamo tramite un ponte stradale il fiume Dniestr, il fiume quasi simbolo di questa regione e dopo circa venti minuti approdiamo a Tiraspol.
La mashrutka ci abbandona davanti la stazione ferroviaria cittadina che è quasi in disuso visti i rarissimi treni che transitano per la città.
Siamo emozionati, stiamo quasi cavalcando un sogno, un posto mitico che da tempo bramavamo di visitare.
Per prima cosa, cambiamo i Lei moldavi con dei Rubli transnistriani in un cambio lì presente, visto che nella Repubblica di Pridnestrovie vige una moneta propria.
In taxi ci facciamo scarrozzare in ploshad Suvorova, la piazza principale cittadina, dove, in un classico palazzone sovietico ha sede la nostra accomodazione, una stanza in un appartamento di una famiglia privata con cui lo condivideremo. Il cortile nel retro del palazzo, da cui si accede all’appartamento, con le sue vecchie auto parcheggiate, i giochi per i bambini, gli enormi container per la raccolta della spazzatura riporta alla mente il quartiere Ilguciems di Riga, la periferia di Sankt Peterburg o quella di Skopije.
Preso possesso della nostra stanza e goduto della magnifica vista dal balcone dell’appartamento sul centro città e sul fiume Nistru, ci rechiamo dal solito Andy’s Pizza, in versione cirillica questa volta, dove abbiamo un appuntamento con un contatto locale.
Siamo ansiosi di conoscere tutto o quasi sulla Transnistria dalla viva voce di un suo cittadino. Sembra quasi una conferenza stampa dove noi giornalisti italiani incalziamo di domande il cittadino transnistriano.
Veniamo così a scoprire o a conferma di quello che già sapevamo che ogni cittadino transnistriano è in possesso di due passaporti: uno della Repubblica Moldava di Pridnestrovie che in pratica può usare solo in Transnistria ed un altro di cittadinanza russa. In pratica, per la comunità internazionale i suoi cittadini sono russi e, come tali, sono soggetti a restrizioni o privilegi tipici dell’appartenere alla Federazione Russa mentre per il governo di Tiraspol sono transinistriani a tutti gli effetti. Questa sorta di “doppia cittadinanza” comporta che un cittadino di Tiraspol, ad esempio, è uno straniero, in quanto di passaporto russo, in Moldova, nello stato in cui è nato e per ogni documento fa riferimento all’ambasciata russa di Chisinau ma allo stesso tempo è transnistriano in Transnistria, la sua vera terra d’origine che in realtà non esiste in maniera ufficiale.
Anche le frontiere dello Stato non sono segnatamente ben delineate.
In auto o mashrutka dalla parte moldava esistono dei punti di frontiera transnistriani che regolano l’accesso ma gli stessi punti di frontiera non esistono via treno. Giungendo in treno, quindi, a Tiraspol e non avendo superato nessuna frontiera si è clandestini in Transnistria in quanto in uscita o durante un eventuale controllo documenti per strada non si possiede l’immigration card, unico segno di entrata nel paese.
Ancora, sul versante ucraino, non esistono posti di controllo moldavi, quindi, venendo dalla Moldova, attraversando la Transnistria ed entrando in Ukraijna è come se non si uscisse mai dalla Moldova, poiché nessun controllo e nessun timbro d’uscita verrà apposto sul passaporto.
La Repubblica di Pridnestrovie è un po’ il regno delle contraddizioni.
Come quella che la squadra di calcio principale cittadina partecipa al campionato di calcio moldavo e ne è la maggior squadra rappresentativa, prendente parte addirittura alle competizioni europee ufficiali come squadra moldava.
O come telefonare, visto che le sim card transnistriane non funzionano bene sui telefoni stranieri o moldavi e che comunque per telefonare dalla Moldova alla Transnistria devi anteporre un codice particolare al numero.
Terminata la masticata e la relativa conferenza stampa, è tempo di visitare la capitale.
Oltrepassata la frontiera transnistriana la situazione è cambiata in maniera vistosa, ci siamo lasciati alle spalle l’approssimativo della Moldova e siamo catapultati nella precisione ed ordine di bielorussiana memoria, in piene stile Unione Sovietica.
L’esclusivo uso del cirillico, l’incomprensibilità tra gli abitanti del romeno, i continui richiami propagandistici alla Russia, l’ordine e la pulizia la fanno da padrone.
Il centro città si dipana dal fiume Dniestr, ghiacciato in questi giorni, su ploshad Suvorova, con la statue equestre del generale Suvorov, eroe nazionale e raffigurato su quasi tutte le banconote locali, Il Parlamento transnistriano con l’immancabile statua di Lenin, il monumento al carro armato simbolo della guerra d’indipendenza dalla Moldova, si prosegue poi su via 25 ottobre, arteria principale cittadina, con i suoi negozi, la Banca Nazionale, il Municipio, fino a giungere al Teatro nazionale e poi via verso via Lenin con la sede della distilleria del cognac Kvint, famoso prodotto tipico locale e della Moldova.
Ci imbattiamo in un edificio di un interesse clamoroso: l’ambasciata dell’Abkhazia e dell’Ossezia del sud.
In nessun altro posto al mondo esiste un’ambasciata del genere, un’ambasciata di due stati che non esistono.
Gente in giro ce ne è poca, sarà anche a causa dell’unico vero giorno di freddo in cui ci imbattiamo.
La notte cala rapidamente ma ciò non ci distoglie dalla nostra camminata durante la quale respiriamo un’aria ed una emozione differente da molte altre volte. Sarà anche data dall’eccitazione psicologica del posto esclusivo in cui ci troviamo che alberga in noi.
Rientriamo a casa giusto il tempo di pettinarci e siamo di nuovo fuori.
Con un’autentica mashrutka transnistriana ci rechiamo appena fuori dal centro cittadino e ci attestiamo a masticare un in esclusivo ristorante, seguendo alla lettera i consigli del solito metronotte, nottambulo inguaribile.
Mastichiamo un’elegante cena al prezzo di pochi spiccioli e nonostante sia lunedì sera, proviamo a testare la night life cittadina.
Proviamo a fere visita ad alcuni locali notturni ma sono completamente vuoti o chiusi.
La voglia di divertirsi, da queste parti, si scatena giusto nel week end.
In piena notte, in semiperiferia, in Transnistria, a Tiraspol, con la neve, nelle strade completamente deserte e semibuie, senza un’auto di passaggio, senza un rumore provenire da un appartamento, le nostri menti, come in uno stato di alterazione di coscienza collettiva, si raffigurano di essere in un posto temporalmente lontano ed in cui mai abbiamo messo piede: Berlino Est.
Sembra di essere in regime di coprifuoco con una grande calma apparente.
In giro si odono solo le nostre voci italiane.
Incrociamo una pattuglia pedestre della milizia, ci siamo solo noi per strada, lo stop è garantito d’ufficio. Non abbiamo neanche i nostri passaporti e le relative immigration card con noi, visto che la proprietaria dell’appartamento li ha tenuti con lei per ovviare alla pratica della registrazione.
Ci fasciamo la testa per nulla.
I miliziani proseguono per la loro strada indifferenti, noi per la nostra.
La proprietaria dell’appartamento, in fondo, ce lo avevo predetto: “Nessun miliziano vi fermerà per strada”.
Rimbocchiamo la strada 25 ottobre e troviamo un po’ di tenue movimento.
Entriamo nel locale più vivo ma giusto il tempo di una birra e dobbiamo abbandonarlo.
Durante la settimana, poco dopo la mezzanotte, tutti i locali aperti chiudono.
Non ci resta altro da fare che concederci una lunga passeggiata fino a casa ed addormentarci nel luogo dove, per timori infondati ed inculcati dall’ignoranza, in pochi si ci avventurano.
MARTEDI 5 GENNAIO 2010:
Ci svegliamo in terra di Pridnestrovie.
Abbandoniamo la nostra accomodazione e raggiungiamo in taxi il piazzale della stazione ferroviaria da dove, nei nostri intenti, c’è quello di raggiungere Bender, la città di confine ubicata su ambedue i lati del fiume Dniestr.
I nostri piani però, sono sbagliati.
Non esistono, infatti, mashrutke dirette per Bendery, l’unica soluzione è quella di noleggiare un taxi.
Considerata la spesa non particolarmente espansiva, non esitiamo ed in taxi muoviamo alla volta di Bender, distante solo pochi chilometri da Tiraspol; anzi, praticamente le due città sono attigue.
Alla periferia di Tiraspol, osserviamo, come già fatto il giorno precedente in arrivo, il fastoso stadio dello Sheriff Tiraspol, la squadra espressione nazionale transnistriana e moldava al tempo stesso. L’impianto è una perla di modernità, racchiuso un un’area per metà ancora in costruzione dove figurano alloggi per gli atleti, uffici, hotel extra-lusso, l’unico concessionario Mercedes del paese, impianti sportivi, l’immancabile distributore di benzina della Sheriff. Anche se piccolo come stadio ma l’idea è quella di creare uno dei più grandi centri attrezzati d’Europa.
Sfrecciamo sul ponte sul Dniestr e attraversiamo a velocità limitata un check-point dell’esercito russo, forza di interposizione tra gli eserciti moldavi e transnistriani. Il check – point è sistemato a guardia del ponte, accesso strategico al paese. A pochi metri di distanza dal check – point russo, fa bella mostra il monumento ai caduti della guerra d’indipendenza con l’immancabile carro armato assurto a simbolo.
Ci lasciamo scaricare dal taxi in pieno centro città. Proprio davanti ad uno dei tanti supermarket a marchio Sheriff, gli unici peraltro presenti sul territorio. Come la sera prima ci rappresentammo una notte a Berlino Est, anche ora, osservando la lunga fila all’ingresso del supermarket ci torna alla mente la città della Repubblica Democratica Tedesca.
Effettuato un breve giro alla rinfusa, ci attestiamo in un classico Andy’s Pizza per effettuare un briefing, masticando qualcosa.
Dalle ampie vetrine del fast food, osserviamo frammenti di vita transnistriana e molte altre domande ci affiorano in testa riguardo lo svolgersi della vita da queste parti.
Il piano di proseguimento del nostro viaggio è approntato.
Per pochi spiccioli trattiamo con un tassista per farci portare a scattare qualche foto al fiume Dniestr ed alla Fortezza della città. La trattativa, in russo stretto sembra sortire gli effetti sperati, fin quando però, il tassista non ci porta davanti ad un hotel.
L’arcano è presto svelato.
La traduzione dal nostro russo a quello stretto del tassista ha creato delle leggere incomprensioni e siamo finiti da tutt’altra parte della città.
Con una risata collettiva, risgommiamo verso la giusta destinazione: il ponte sul fiume Dniestr.
Riapassiamo dal check – point russo in direzione Tiraspol, il taxi fa una normale inversione di marcia da ritiro patente sul ponte e si stoppa lateralmente sulla carreggiata.
Da quella posizione possiamo scattare tutte le foto che vogliamo al fiume Dniestr ed anche alla Fortezza sottostante, visto che è inavvicinabile, ci spiega il tassista, poiché base militare transnistriana.
Espletate le nostre necessità fotografiche, ripassiamo ancora una volta il check – point russo, divenuto per noi un passatempo, e ci lasciamo scaricare all’autostazione cittadina.
Dopo alcuni minuti, siamo già sulla mashrutka per Chisinau.
Questa volta riusciamo ad accaparrarci dei posti più comodi rispetto all’andata.
E’ nuovamente il momento della frontiera e di rientrare nella Repubblica di Moldova.
Il controllo passaporti avviene senza problemi, come del resto all’andata.
Noi, avendo dormito in Transnistria, non abbiamo più l’immigration card che ci è stata sostituita, al momento della registrazione in città effettuata per noi dalla proprietari dell’appartamento, da un fogliettino redatto in cirillico corsivo di impossibile, per noi, decifrazione.
Effettuiamo pochi metri ed un nuovo controllo viene effettuato, durante il quale ho la possibilità di scendere dalla mashrutka e, nell’attesa, rubare un paio di foto della frontiera con un metodo che mi invento al momento. Le foto non risulteranno un granchè ma resteranno per sempre un ricordo di un’esperienza clamorosa.
Ripartiamo e sorvoliamo un terzo ed ultimo controllo.
Siamo nuovamente in Moldova.
Ma non prima di esser transitati, rallentando ma senza fermarci, attraverso un nuovo check – point russo ed un posto di blocco della milizia moldava.
La nostra mashrutka sfreccia ora attraverso la campagna moldava verso Chisinau.
Scaricati nella stazione centrale della città ingorgata da un traffico clamoroso in pieno stile Baku, raggiungiamo senza esitazioni varie, la stazione gara nord, stazione da cui salperemo alla volta della nostra nuova meta nel nord della Moldova: Bălţi, la seconda città per importanza della repubblica.
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LUCA PINGITORE
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