Tre settimane tra alpaca, tango e mate

obe

Sono passati tre mesi dalla conclusione del mio viaggio in Sud America. Non era la prima volta che vado in questa parte di mondo che trovo così affascinante e che ogni volta ci torno mi conquista sempre di più.
Sarà il calore delle gente, così genuina ed amichevole, sarà per la natura che regala paesaggi e viste mozzafiato, o per lo stile di vita così diverso, un po’ lento ed allo stesso tempo vivace.
Questa volta ho deciso che dovevo visitare il Perù, luogo che tutti conoscono per essere la nazione di Machu Picchu, il più famoso e visitato sito Inca; ritengo che ci siano dei posti che, pur affollati, meritino di essere visitati, luoghi che magari diventano una delusione ma che danno lo stimolo per approfondire e cercare di scoprire più a fondo un popolo ed una nazione.
Uno di questi è Machu Picchu, ma potrei citare anche la Muraglia cinese, il Colosseo, la reggia di Versailles
Ecco, io in questo viaggio ho cercato di usare Machu Picchu come scusa e come stimolo per visitare ed imparare… mai avrei accettato di essere portato lì come un’animale in gabbia per poi essere rispedito in qualche altra parte di mondo e penso, nel mio piccolo, di esserci riuscito.
Ho scelto appositamente di tenere la parte più famosa per la fine, è stato un viaggio che in due settimane mi ha portato ad arrivarci con un continuo salendo di emozioni; ci sono stati momenti di solitudine, altri di condivisione e divertimento, altri di contemplazione, di fatiche e di difficoltà (per fortuna poche).
Ho passato due settimane in Perù, il giro è stato bene o male quello chiamato come Gringo Trail, ma nonostante il nome non ispiri molto, posso dire che ad oggi si riesce a fare ancora con emozione, uscendo dai classici giri turistici e vivendo a contatto con la gente del posto.
Sono partito da Lima, dove ho passato giusto due giorni e una notte; posto che mi ha confermato una cosa… a parte qualche eccezione (come Rio de Janeiro, Buenos Aires e poche altre), le grandi città sudamericane sono veramente brutte, un misto di architettura coloniale, moderna e sviluppo urbano senza idee o progetti… fatte un po’ a caso.
Però alla fine del viaggio ho capito l’importanza di passare qualche giorno lì, perché anche questo è Perù. Non è solo Ande, oceano, paesaggi e paesini. Ho capito le condizioni di vita delle periferie, son passato per i ricchi centri commerciali alla statunitense, ho passeggiato per il centro coloniale e mi sono immerso nel suo mercato cittadino, un’esperienza che consiglio a tutti di fare.
E poi la sua cucina, che sta spopolando in tutto il mondo, Lima dal punto di vista del palato ti sa viziare e non poco.
Da qui sono sceso a Paracas, paesino sull’oceano, dove ho cambiato totalmente ritmi dalla frenesia di Lima alla pace e tranquillità costante.
Oltre alle cose viste (la riserva naturale con uccelli colorati, foche, pinguini e le spiagge con le rocce scolpite che sembrano disegnate da un pittore), è stato proprio lo stile di vita che mi è piaciuto; i pellicani sulla spiaggia, il parlare con un pescatore di prima mattina, il pesce fresco in riva all’oceano accompagnato da un Pisco Sour.
Un luogo per il momento genuino ma pronto a cambiare, con continui cantieri di hotel e ristoranti che, insieme all’aeroporto in progetto, darà un impulso decisivo al turismo.
Lasciata Paracas ho volutamente saltato Nasca ed Huacachina. Laa prima perché non mi diceva nulla il vedere delle linee dall’elicottero (scelta personale e criticabile), io preferisco camminare, osservare, cercare di interagire, mentre la seconda perché me la danno come una zona ad uso e consumo dei turisti.
Però sono finito ad Arequipa, la vera sorpresa positiva del viaggio.
Città bellissima, centro storico, chiese, passeggiate, vista sui vulcani vicini, ottimo cibo.
E poi ho fatto il trekking di 3 giorni nel canyon del Colca; a me piace camminare in montagna e questo giro mi ha appagato in pieno. Il canyon è uno dei più profondi al mondo e nel camminarci ti si presenta la diversa vegetazione secca ed arida da una parte, verde e colorata da un’altra; e poi si attraversano e si dorme in paesini di poche casa, abitate da gente del posto e non ancora inquinati dal turismo.
Bambini che giocano a pallano con te, contadini che sorridono quando passi, e poi panorami veramente mozzafiato.
Anche le soste per arrivarci meritano, la vista del Condor, i bagni termali naturali, le terrazze coltivate fin dai tempi degli Inca, gli Alpaca e Lama che pascolano liberi.
Ecco, forse una cosa che suggerirei, è di non fare la trasferta in un giorno perché alla fine si passa più tempo sul bus che altro.
Lasciata Arequipa, salgo di quota ed arrivo a Puno che è sinonimo di Lago Titicaca.
Questa sul momento è stata la delusione del viaggio, a distanza di 3 mesi ho rivalutato i giorni passati qui, ma nell’attimo li ho apprezzati poco o meno di quel che valgono.
La delusione è stata la forte impronta turistica, si vede che tutto gira intorno a quello.
E’ il luogo dove mi son sentito di più come un pacchetto da spostare di qua e di là.
Forse ero io che arrivavo da giorni liberi e carichi o forse le aspettative. Non so.
Il lago e le isole comunque meritano, molto colorate ed il lago è veramente enorme. E poi dove lo trovi un lago a 3.800 mt?
Puno invece è una città abbastanza insignificante e bruttina, che si salva solo con il suo folklore e vivacità.
Ho chiuso andando a Cuzco, non senza difficoltà, tra scioperi, imprevisti e corse contro il tempo che hanno reso vivace il trasferimento.
Cuzco è da vedere. Luogo magico in tutto il suo insieme. La città è bellissima, e circondata di siti archeologici dove veramente si può apprendere molto sulla storia degli Inca.
Poi è la base di partenza per la Valle Sacra e soprattutto per Machu Picchu. Quest’ultimo l’ho visitato scegliendo di fare l’Inca Trail di 2 giorni (non il 4 per assenza di tempo) ed ho potuto apprezzarlo in tutti i modi: sole, pioggia, nebbia, nuvoloso.
Ecco, a volte parti con tante aspettative e ti ritrovi deluso, per me non è stato così. Facendolo con i miei tempi, Machu Picchu mi ha veramente conquistato.
In generale sono state due settimane intense, belle, ricche. Un gran viaggio; torno con il rammarico di non aver avuto tempo per visitare il nord del paese, che dicono sia molto meno turistico ed ugualmente bello ma anche la zona amazzonica di Maldonado.
Per muovermi ho usato quasi sempre il bus a lunga percorrenza, facili da usare, comodi, economici, avendo tempo è il modo migliore per i trasferimenti.
Visto che ero in Sudamerica, non potevo tornare a Buenos Aires, una settimana in una città che adoro e dove ho passato del gran tempo con i parenti.
Ne ho approfittato per fare un giretto in Uruguay. Solo Colonia e Montevideo ma ci stanno come gita fuoriporto. Erroneamente pensavo all’Uruguay uguale all’Argentina, ma sbagliavo totalmente e questo mi sorpreso piacevolmente.
A Montevideo poi ho potuto andare allo Stadio Centenario, dove si è fatta la storia del calcio, con i Mondiali del 1930. Del resto non vive di sola storia antica

CLAUDIO OBERTI

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