Guerra permanente : Africa,Ucraina,Medio oriente,Iraq etc

In questa sezione del forum si può discutere di tutto ciò che riguarda notizie, storia, fatti riguardanti le varie località.

Re: Guerra permanente : Africa,Ucraina,Medio oriente,Iraq et

Messaggioda Maxdivi » 03/03/2016, 15:43

Articolo interessante sugli uiguri in Siria:

https://www.lastampa.it/2016/03/03/este ... agina.html


Intanto noto che sui network va di moda la spartizione ( Libia, Siria , ecc. ). Non so su quali fondamenti facciano tali affermazioni.
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Re: Guerra permanente : Africa,Ucraina,Medio oriente,Iraq et

Messaggioda Maxdivi » 04/03/2016, 15:17

Due news dalla Libia ormai sulla bocca di tutti, tivu' comprese:

http://www.repubblica.it/esteri/2016/03 ... 134681929/

http://www.repubblica.it/esteri/2016/03 ... 134737846/


L'ipotesi piu' probabile e' un blitz finito male nel tentativo di liberazione con la morte di due dei quattro ostaggi.

Un po' strano che un'operazione italiana sia tanto maldestra e cosi' forzata, quando di solito si preferisce l'intervento soft ed il pagamento del riscatto. Cio' rende plausibile che ad intervenire siano state invece forze di sicurezza libiche che abbiano agito un po' avventatamente.
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Re: Guerra permanente : Africa,Ucraina,Medio oriente,Iraq et

Messaggioda Maxdivi » 10/03/2016, 13:12

Continua il "giallo di stato" sugli ostaggi in Libia:

http://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2 ... d63f1.html

http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/03 ... i/2532547/

Le questioni sono molte, dalla contemporaneita' o quasi dei decessi dei due e la liberazione "spontanea" degli altri, Al biglietto con data del 5 marzo, alla girandola di gloria e foto di rito obbligatorie dei sopravvissuti coi vari satrapi libici prima del rimpatrio, al ritardo del ritorno delle salme, l'autopsia "inevitabile" a Tripoli, le armi puntate ai funzionari, ecc. ecc.
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Re: Guerra permanente : Africa,Ucraina,Medio oriente,Iraq et

Messaggioda Maxdivi » 10/03/2016, 21:14

Altri misteri libici legati stavolta alla Serbia:

http://www.balcanicaucaso.org/aree/Serb ... tto-168869
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Re: Guerra permanente : Africa,Ucraina,Medio oriente,Iraq et

Messaggioda Maxdivi » 16/03/2016, 15:49

Siria, Putin annuncia il ritiro delle forze russe: "Obiettivi raggiunti".

http://www.analisidifesa.it/2016/03/put ... o-in-siria



Resta ovviamente il controllo aereo del territorio.
Vediamo di pari passo cosa cambia anche altrove nei prossimi mesi. Difatti Kerry subito a Mosca la settimana prossima.
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Re: Guerra permanente : Africa,Ucraina,Medio oriente,Iraq et

Messaggioda Maxdivi » 22/03/2016, 12:05

Come qui si era parlato la situazione resta critica ed abbastanza tesa a Bruxelles citta'. Dopo i prevedibili blitz e la caccia agli attentatori di Parigi ora in citta' c'e' abbastanza caos:


http://www.repubblica.it/esteri/2016/03 ... 136033299/



Come dissi in passato, andandoci piu' volte pesante nei commenti, il Belgio paga sia la sua negligenza, che le sue politiche sbagliate.
L'altra citta' di cui spesso avevo parlato qui era Anversa. Al momento risulta evacuata e chiusa la stazione.

Livello di allarme generale a livello 4.

Nel frattempo pare girino anche alcune bufale, tipo esplosioni mai avvenute.
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Re: Guerra permanente : Africa,Ucraina,Medio oriente,Iraq et

Messaggioda Maxdivi » 24/03/2016, 0:57

Maxdivi ha scritto:Nel frattempo pare girino anche alcune bufale, tipo esplosioni mai avvenute.



In questa storia e' uscita la classica "perla" giornalistica nostrana:

http://it.anahera.news/attentanto-bruxelles-false-flag/

http://www.tpi.it/mondo/belgio/bufale-v ... -bruxelles


http://blog.ilgiornale.it/foa/2016/03/2 ... bruxelles/


il sito non saprei ma e' confermato il fatto del video bufala trasmesso, mi pare l'abbia fatto vedere anche striscia la notizia stasera.
video di mosca spacciato per bruxelles, con scuse web ufficiali del corriere
pare sia una bufala anche la radiografia col chiodo.
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Re: Guerra permanente : Africa,Ucraina,Medio oriente,Iraq et

Messaggioda Maxdivi » 31/03/2016, 14:33

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Re: Guerra permanente : Africa,Ucraina,Medio oriente,Iraq et

Messaggioda flyingsoul » 05/04/2016, 16:27

Ma nemmeno i giornalisti prezzolati leggono così bene le notizie (leggi propaganda)...

https://www.youtube.com/watch?v=lgWInCuT9YI

Pandora TV riesce a raccogliere tutta la peggiore informazione russa, non è mica facile eh....
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Re: Guerra permanente : Africa,Ucraina,Medio oriente,Iraq et

Messaggioda Maxdivi » 05/04/2016, 17:20

flyingsoul ha scritto:Ma nemmeno i giornalisti prezzolati leggono così bene le notizie (leggi propaganda)...

https://www.youtube.com/watch?v=lgWInCuT9YI

Pandora TV riesce a raccogliere tutta la peggiore informazione russa, non è mica facile eh....


Un video come tanti.

Nel frattempo nel caucaso :

http://www.repubblica.it/esteri/2016/04 ... 136937929/
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Re: Guerra permanente : Africa,Ucraina,Medio oriente,Iraq et

Messaggioda flyingsoul » 05/04/2016, 20:43

Maxdivi ha scritto:Nel frattempo nel caucaso :

http://www.repubblica.it/esteri/2016/04 ... 136937929/


si, m'è arrivata la notizia ieri da una mia amica armena di stanza a sochi
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Re: Guerra permanente : Africa,Ucraina,Medio oriente,Iraq et

Messaggioda Maxdivi » 07/04/2016, 12:49

flyingsoul ha scritto:
Maxdivi ha scritto:Nel frattempo nel caucaso :

http://www.repubblica.it/esteri/2016/04 ... 136937929/


si, m'è arrivata la notizia ieri da una mia amica armena di stanza a sochi



http://www.rainews.it/dl/rainews/media/ ... 02d15.html

http://it.radiovaticana.va/news/2016/04 ... am/1220931
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Re: Guerra permanente : Africa,Ucraina,Medio oriente,Iraq et

Messaggioda Maxdivi » 13/04/2016, 11:25

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Re: Guerra permanente : Africa,Ucraina,Medio oriente,Iraq et

Messaggioda flyingsoul » 21/04/2016, 6:06

e già...

L'Aja annulla maxirisarcimento a Yukos
Mosca avrebbe dovuto pagare 50 miliardi di dollari agli azionisti dell'azienda. Il rivale di Putin e ex Ad della società Khodorkovsky commenta:' l'Occidente sta riducendo la pressione sulla Russia'. Cremlino soddisfatto


http://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/e ... 9c823.html
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Re: Guerra permanente : Africa,Ucraina,Medio oriente,Iraq et

Messaggioda Maxdivi » 05/05/2016, 14:26

"Siria le forze militari in campo"

http://www.lookoutnews.it/siria-forze-m ... -in-campo/



Articolo piu' sul tecnico-militare. Commentiamolo un po'.

Manca pero' secondo me di un paio di cose fondamentali.

Ovvio che la Russia abbia dato una superiorita' aerea ai lealisti sui rivoltosi, colpendo le installazioni nevralgiche.
Ma il fattore determinante, che mi sembra l'articolo non abbia citato, sono gli elicotteri, usati in seconda battuta dopo l'aviazione.

La presenza dei moderni Alligatori russi, che fa tabula rasa nelle citta' rivoltose, e' determinante, cosi' come avvenne in Cecenia, per l'avanzata dei corazzati siriani ( che non sono neanche piu' cosi' numerosi, salvo alcuni scarichi e regali russi ), fino a quel momento troppo esposti ai miliziani nelle vie cittadine e loro imboscate, youtube e' pieno dii video a riguardo con carri siriani vittime.
Per gli Alligatori e' stato un battesimo del fuoco di gran successo.

Idem il martellamento dell'artigleria, i Burattini russi, con un nemico che ti colpisce quasi fosse una pioggia di fulimini divini da chilomentri e chilometri senza neanche che tu lo veda. Con i fanti che hai, pure se pochi non devi far altro che raccogliere i frutti del lavoro fatto entrando nelle citta' o passando le linee.

Senza contare l'impiego degli Speznaz ad ammorbidire situazioni critiche prima degli attacchi.
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Re: Guerra permanente : Africa,Ucraina,Medio oriente,Iraq et

Messaggioda Maxdivi » 05/05/2016, 14:29

Sempre sul tecnico-militare articolo di Limes sulle criticita' italiane per la Libia:

"L’ITALIA È IN EVIDENTE DIFFICOLTÀ in Libia, dove sta scoprendo ora una realtà che aveva cominciato a delinearsi già cinque anni fa: la postura degli Stati Uniti è cambiata. Ha mutato natura tanto sul piano globale quanto su quello regionale di nostro più immediato interesse, lo scacchiere euromediterraneo, nel quale Washington non è più disponibile a guidare importanti esercizi di proiezione di potenza. Capita quindi al nostro paese di doversi ritagliare un ruolo senza poter contare sul proprio alleato naturale, che anzi ci chiede di levargli le castagne dal fuoco in più di un teatro. Così, il 7 ottobre scorso, ai nostri militari che gli somministravano a Palazzo Baracchini interminabili proiezioni di powerpoint concernenti i nostri progetti per un intervento sul suolo libico, il segretario alla Difesa americana Ashton Carter replicava freddamente che tutto ciò che interessava agli Stati Uniti nella nostra ex colonia era l’eliminazione dei jihadisti più in vista, da ottenersi con raid mirati condotti dai droni o dalle teste di cuoio del Pentagono.

Uno shock. Da allora si annaspa, confidando nella prospettiva che a Tripoli riesca finalmente a insediarsi il famoso governo di accordo nazionale sorto in seguito agli accordi conclusi ad al-Ṣaḫīrāt, in Marocco, lo scorso 17 dicembre. Soltanto in quel caso, infatti, l’Italia potrebbe sperare di fare ciò per cui il nostro Esercito si è preparato fin dall’inizio degli anni Novanta: ovvero, una bella missione di stabilizzazione e supporto al consolidamento delle nuove istituzioni, «bollinata» dalle Nazioni Unite e condotta con qualche alleato compiacente, ma non ingombrante, e soprattutto con la collaborazione delle milizie locali. In un clima, vale a dire, relativamente permissivo, in cui non ci verrebbe chiesto né di fare scelte difficili né di combattere vere battaglie per la conquista di territori.

La situazione in cui ci troviamo è resa spinosa dal fatto che non vogliamo perdere la residua influenza di cui disponiamo in Libia e al contempo ci sono alleati che premono in favore di un nostro intervento, diretto contro Daesh ma in realtà finalizzato principalmente a contenere le ambizioni di altri amici piuttosto potenti, di cui non si desidera l’eccessivo rafforzamento. L’ambasciatore americano a Roma, John Phillips, è uscito allo scoperto, ricordandoci la disponibilità offerta improvvidamente lo scorso anno dai nostri ministri degli Esteri e della Difesa a inviare 5 mila soldati in Libia, quando peraltro non erano ancora all’orizzonte la conferma della nostra presenza in Afghanistan e il forte rafforzamento di quella in Iraq. E ci ha quindi chiesto, insieme al collega britannico Christopher Prentice, di far seguire dei fatti concreti, con la conseguenza di gettare nella costernazione il nostro governo. Non solo perché reperire le unità necessarie allo sforzo si presenta molto problematico, ma altresì perché cresce la sensazione che ci si possa cacciare in una trappola dalla quale guadagneremmo molti nemici senza garantirci neppure alla lontana il ritorno alla felice situazione del 2010.

I contesti in cui sono maturati il barbaro assassinio di Giulio Regeni e la morte di due dei quattro ostaggi della Bonatti rapiti nel luglio scorso provano in modo eclatante a quali rischi ci si esponga. Sulla Libia, infatti, convergono appetiti e disegni sui quali non possiamo esercitare il benché minimo controllo per evidente carenza di forza politica e militare nazionale.

2. Mentre accade tutto questo, politici e diplomatici anche di notevole spessore continuano da noi a baloccarsi con l’idea che al ripiegamento americano si possa ovviare spingendo l’acceleratore sulla strada che conduce all’integrazione militare europea. Ma la realtà che è sotto gli occhi di tutti è un’altra: i nostri partner comunitari sono in Libia sotto altre vesti, quelle di rivali e competitori, insieme all’Egitto, che non è uno Stato membro dell’Ue ma un paese con il quale facciamo affari e al quale ci legano importanti interessi comuni, come quello allo sfruttamento delle ingenti risorse energetiche che l’Eni ha trovato al largo del Delta.

Ma anche gli egiziani hanno le loro ambizioni, che in Libia non collimano perfettamente con le nostre. Cosicché Matteo Renzi rischia di essere beffato dal presidente al-Sīsī in modo non troppo diverso da come lo fu ai suoi tempi l’allora ministro degli Esteri Aldo Moro, che contava sull’intercessione di Nasser per evitare la cacciata degli italiani dalla Libia da parte del giovane colonnello Gheddafi, non avendo capito che l’Egitto intendeva ritagliarsi degli spazi maggiori a Tripoli e che un’Italia più debole conveniva al Cairo1.

In assenza di una volontà americana di esercitare la propria leadership, ognuno si muove per proprio conto, cercando di perseguire interessi nazionali che sempre più spesso divergono da quelli dei propri amici e alleati. Così, mentre Roma si prepara a una missione tripolina di protezione del governo di Fāyiz al-Sarrāğ – da avviare se e quando entrerà nella pienezza dei suoi poteri, installandosi nella capitale, e sempre dietro suo formale invito – i nostri partner teorici si preparano per altri scenari, che prevedono il ricorso alla forza per debellare il Dā‘iš libico soprattutto a Sirte e in Cirenaica, creando tuttavia nel percorso anche dati politici nuovi.

In barba agli embarghi, molte fazioni libiche stanno ricevendo armi da più fonti e non sono quindi da escludere, un domani che si fosse tutti insieme sullo stesso territorio, anche ulteriori guerre locali per procura. Sotto questo profilo, l’Egitto parte avvantaggiato: al-Sīsī ha un suo forte referente nel generale Ḫalīfa Ḥaftar, in realtà un ex gheddafiano passato per tempo all’insurrezione, malgrado questi sia visto come un nemico da buona parte della Libia sotto il controllo delle forze del congresso nazionale tripolino. Gli egiziani dispongono inoltre di considerevoli capacità proprie: un esercito di centinaia di migliaia di uomini, con un milione di riservisti e dotato di oltre mille carri armati americani Abrams M1A1, fra i migliori esistenti al mondo. È semplicemente inimmaginabile che con uno strumento militare di queste dimensioni il regime del Cairo sia disposto a riconoscere davvero all’Italia la guida del processo di stabilizzazione della Libia. I generali egiziani, oltretutto, tengono in scarsa considerazione le nostre Forze armate, cui negano da sempre efficaci capacità dissuasive una volta levato di mezzo lo scudo atlantico.

Poi ci sono i francesi, che in Libia possono proiettare potenza tanto dal territorio metropolitano del loro paese quanto dagli Stati africani che si trovano sotto la loro influenza e che sono già interessati dallo svolgimento dell’Operazione Barkhane. Nelle acque prospicienti la nostra ex colonia hanno poi schierato la portaerei nucleare Charles de Gaulle, non proprio poco in un momento in cui nel Mediterraneo non ce n’è neanche una statunitense. Anche in questo caso, non si vede francamente come i francesi potrebbero mettersi agli ordini di noi italiani, anche ipotizzando di avere interessi convergenti invece di quelli divergenti a tutti noti, che sono di natura politico-strategica prima ancora che economico-energetica.

Londra pare invece relativamente meno forte. Vanta solidi punti d’appoggio a Cipro, che però sono utili pensando a Siria e Iraq, molto meno per soddisfare esigenze operative in Libia. E per almeno un decennio sarà priva di proprie portaerei: circostanza che forse spiega il suo tentativo di chiamare in causa l’Italia per bilanciare in qualche modo Parigi e Il Cairo. Alle nostre latitudini, si è persa la capacità di ragionare in questi termini, cioè seguendo la logica dei rapporti di potenza, che è decisiva negli scenari di fronte a noi e detta le scelte dei nostri interlocutori. Sarà pertanto bene uscire al più presto dal torpore, possibilmente prima che lo facciano i nostri alleati europei, o quanto meno non troppo dopo di loro.

3. Il ripiegamento statunitense dall’Europa e dal Mediterraneo non sembra infatti essere affatto un dato transitorio legato alle peculiarità della dottrina Obama. Ne stiamo avendo la prova nella campagna elettorale in atto in America per la selezione dei due candidati che si contenderanno a novembre la Casa Bianca. Negli interventi di Hillary Clinton non si vede alcuna vera rottura rispetto alle scelte fatte dall’attuale presidente, almeno per ciò che concerne il ricorso alla forza militare. E del resto, anche il record del marito Bill è sotto questo profilo eloquente: rinuncia alla costruzione di un nuovo ordine mondiale effettivamente gestito multilateralmente attraverso le Nazioni Unite; ritiro dalla Somalia; basso profilo fino al 1994 nell’ex Jugoslavia associato al sostegno per l’islam politico balcanico; lassismo davanti ai massacri nella regione dei Grandi Laghi; predilezione per il ricorso all’arma aerea e ai missili ovunque possibile e necessario: tanto contro Saddam quanto ai danni di al-Qā‘ida.

Bernie Sanders, che sta sfidando da sinistra l’ex segretario di Stato, è sostanzialmente un isolazionista con forti venature pacifiste. E le cose non vanno molto diversamente a destra, dove i cantori dell’interventismo neoconservatore sono usciti dalla competizione, come Jeb Bush e Marco Rubio, che peraltro in almeno una circostanza aveva riconosciuto come dello Stato Islamico debbano occuparsi in primo luogo i paesi musulmani e quelli geograficamente più vicini, anziché l’America2. Il front runner Donald Trump dal canto suo non esclude di definanziare la Nato. Ipotizza altresì di affrontare la Cina con strumenti da guerra economica piuttosto che militari e infine accetta apertamente la prospettiva di una cooperazione con la Russia ovunque gli interessi di Mosca e Washington convergano, a partire dal Medio Oriente3.

Queste sono le idee che fluttuano nel mercato politico americano, a rifletterne la crescente refrattarietà a impegnare le truppe statunitensi in pesanti operazioni militari in Africa o in Eurasia. C’è quindi ragionevole motivo di ritenere che la svolta impressa da Obama non verrà revocata tanto presto né tanto facilmente. Joint Vision 2020, il piano di riassetto strategico al quale il Pentagono stava lavorando negli ultimi mesi di presidenza di Bill Clinton, e che prevedeva di concentrare tutta la forza militare degli Stati Uniti nel loro territorio continentale per proiettarla all’occorrenza ovunque senza dover consultare amici e alleati, andrà avanti.

Chiusa la parentesi della Global War on Terror e archiviata anche la moda della Counterinsurgency impostasi in seguito all’impantanamento in Afghanistan e Iraq, con gran dolore dell’Us Army che certamente perderà risorse, l’isolazionismo politico-militare progredirà fino alle estreme conseguenze, verso l’affermazione del Prompt Global Strike, un ambizioso programma con il quale si conta di sublimare la movimentazione di truppe, navi e aerei, dando all’America la possibilità di colpire chiunque e qualsiasi cosa nel mondo entro un’ora dal palesarsi di una minaccia. Gli Stati Uniti metteranno sul terreno sempre meno uomini, ricorrendo soprattutto ai droni e nei casi più importanti al potere dei missili intercontinentali.

4. La premessa sulla quale si era basata tutta la nostra pianificazione militare del dopo-guerra fredda è così venuta meno. Sparita la minaccia sovietica, avevamo pensato di poter rinunciare a eserciti che fossero in grado di sostenere battaglie di maggiori proporzioni e disponessero di un buon livello di meccanizzazione e corazzatura. Soprattutto dopo le esperienze fatte nel 1991 nel Golfo Persico e poco più tardi in Somalia, avevamo altresì ritenuto che ci servissero pochi soldati, altamente professionalizzati e mobili, dotati di armamenti ed equipaggiamenti leggeri, che fossero facilmente trasportabili ai quattro angoli del globo per svolgervi interventi dai quali ricavare credito politico nei nostri rapporti internazionali.

Non fu un errore. Da queste necessità derivarono lo snellimento degli organici, la sospensione della leva, nonché vari piani di acquisizioni orientati ad assicurare la protezione e le potenzialità del fante sui teatri di crisi, dai quali sono discesi con il tempo anche prodotti di assoluta eccellenza come il Lince. Invece, come molti nostri alleati europei, liquidammo praticamente l’intero parco dei carri armati, oggi ridotti a poche decine di Ariete funzionanti: mezzi molto lenti, che abbiamo impiegato con un certo successo solo dove non vi fossero avversari in qualche modo blindati, come a Nāṣiriyya.

Per quasi vent’anni abbiamo ben figurato pressoché ovunque – persino a Timor Est e specialmente in Afghanistan e Iraq – venendo denigrati dai nostri partner solo quando l’interesse a tutelare i nostri soldati dalla maggiore disinvoltura dei comandanti alleati ci portava giustamente a esigere limitazioni al loro impiego4. Siamo inoltre riusciti a essere presenti anche su più teatri contemporaneamente, mantenendo simultaneamente all’estero fino a 12-13 mila uomini per volta, a un costo di circa 1,5 miliardi di euro all’anno.

Ora però s’intersecano gli effetti perversi di due fenomeni: la rinuncia americana a stabilizzare e la parallela esplosione del caos, che stanno moltiplicando a dismisura i focolai di tensione, anche in zone per noi di cruciale importanza strategica ed economica, senza che vi siano grandi unità terrestri statunitensi da schierare per farvi fronte. I nodi stanno venendo al pettine: gli americani ci hanno chiesto di restare a Herat, inviare nuove truppe in una zona pericolosa dell’Iraq e intervenire in Libia. Mentre rimaniamo in Libano e impegniamo al massimo la nostra Marina per controllare i flussi migratori e combattere la pirateria.


5. Come stiamo messi e cosa davvero ci servirebbe? La situazione è certamente grigia, considerando ciò di cui disponiamo e l’ampiezza delle sfide che abbiamo di fronte. Tuttavia, le condizioni in cui versano le singole Forze armate sono diverse, com’è già accaduto in altre epoche della nostra storia militare unitaria.

La Marina è il servizio che si trova certamente nelle condizioni migliori: al momento possiamo considerarla l’unica Forza armata che sia in grado di operare autonomamente, cioè al di fuori di complessi multinazionali, in funzione delle esigenze della nostra sicurezza nazionale. C’è anzi persino chi dubita che sia sovradimensionata, dal momento che mentre la Royal Navy è ora priva di portaerei, l’Italia può farne addirittura navigare due, seppure di capacità non paragonabili a quelle delle grandi piattaforme statunitensi. Allo Stato maggiore della Marina va dato atto di aver saputo conservare al paese questa risorsa e aver abilmente creato le condizioni politiche favorevoli al finanziamento di piani di rinnovo della flotta sempre molto coerenti e bilanciati. Gli ammiragli non sono ancora contenti e temono di dover rinunciare a qualche nave a causa delle condizioni della nostra finanza pubblica. Ma nel complesso hanno procurato all’Italia forze adeguate alle sue necessità e persino dotate di significative capacità strategiche, come quelle dei sottomarini convenzionali classe Todaro – degli U-212 di concezione tedesca configurati per il Mediterraneo e adattabili al lancio di missili – che infatti utilizziamo a ridosso della Libia.

Nel frattempo, l’Aeronautica sta rinnovando la propria linea di volo, che comunque sarà a medio termine di tutto rispetto, con piattaforme come l’F-35 e l’Eurofighter Typhoon più che sufficienti a far fronte ai prevedibili bisogni futuri. L’Italia sta investendo risorse anche nel potenziamento dei suoi droni, che presto potranno imbarcare armi di produzione americana. In questo campo, i problemi che si intravedono si legano soprattutto alla carenza di munizionamento, che nelle campagne più recenti, come quella combattuta nel 2011 proprio contro la Libia, ci ha obbligato a effettuare acquisti in corsa presso i nostri alleati. Si tratta tuttavia di un limite relativamente facile da superare, modificando i parametri in base ai quali viene determinata la consistenza del parco bombe da tenere in riserva.

6. I problemi veri li ha l’Esercito, che non a caso reclama per sé una «legge terrestre» che ne finanzi l’ammodernamento e il rinnovamento dei mezzi esattamente com’è accaduto alla Marina con la «legge navale» incorporata alcuni anni fa nella manovra di bilancio, e all’Aeronautica con i fondi ottenuti per il controverso F-35. La lista dei desideri è piuttosto lunga, ma nel 2014 lo Stato maggiore dell’Esercito ha fatto insieme alla nostra industria dei materiali d’armamento una cernita delle capacità realmente indispensabili, pubblicandola successivamente nel cosiddetto Libro verde, redatto sostanzialmente in parallelo con il nuovo Libro bianco della Difesa. Tuttavia, anche questi progetti dell’Esercito dovranno essere realizzati all’interno di un quadro legislativo vincolato, quello definito dalla spending review e soprattutto dalla legge Di Paola, che è stato delineato prescindendo pressoché totalmente dall’analisi degli sviluppi in atto sul piano politico-strategico.

Ritenendo irrealistica ogni speranza di accrescere le spese militari del nostro paese, infatti, per cercare di tutelare i livelli di capitalizzazione nelle Forze armate italiane si è deciso tra il 2012 e il 2013 di tagliare nuovamente gli organici, che sono quindi in ulteriore contrazione e invecchiamento proprio mentre andiamo verso una fase internazionalmente molto turbolenta. Giampaolo Di Paola era certamente mosso da eccellenti intenzioni, volendo anticipare con riduzioni ragionate, e comunque compatibili con la preservazione di capacità operative al nostro strumento militare, la mannaia che si sarebbe altrimenti abbattuta senza criterio sulla Difesa. Per certi versi, ha avuto anche ragione, conoscendo le dinamiche della nostra politica interna. Ma lo scenario che si sta determinando dovrebbe adesso indurre almeno un ripensamento: se la riforma voluta da Di Paola non sarà corretta, infatti, per il 2024 l’Esercito italiano si ridurrà a circa 89 mila effettivi. Più o meno la capienza dello stadio Meazza a Milano. Di questi uomini e donne, una percentuale molto alta sarà costituita da ufficiali e sottufficiali, la parte rimanente da graduati di truppa a vita e una ridotta aliquota di giovani volontari a tempo. Chi ci prenderà sul serio?

Questi numeri, in assenza di un forte impegno militare americano nelle zone di nostro prioritario interesse strategico, sono destinati a tradursi in una sostanziale impotenza. Possiamo ovviarvi? Forse, nell’immediato, una risposta potrebbe essere l’allargamento della riserva, che amplierebbe significativamente la platea del personale militarizzabile in caso di emergenza: non ce la caveremo più, infatti, con 10-15 mila soldati in giro per il mondo, peraltro sostenuti con gran fatica. Il passo successivo, veramente emergenziale e tutto da pianificare, sarebbe il ripristino della leva, al quale inizia a pensare qualche politico, comunque previsto dalle leggi vigenti e al quale del resto si ricorre ogni qual volta un paese sia seriamente minacciato nella propria integrità territoriale e indipendenza politica.

Ci occorrerà uno strumento terrestre più largo, quindi, anche solo per brevi periodi di tempo se non potremo permetterci di più, e notevolmente più pesante di quello attuale. Proprio per questo, la Difesa italiana dovrà forse porsi nuovamente il problema della corazzatura dell’Esercito. L’Italia, che ancora nel 1989 allineava ben 920 esemplari di Leopard I, cui si aggiungevano i più vetusti M60 che sarebbero stati utilizzati anche a Mogadiscio, è adesso di fatto priva di propri carri armati, che invece sono essenziali se si tratta di andare sul terreno senza gli americani.

Sottovoce alcuni generali fanno sapere privatamente che sarebbero contenti se si acquisissero provvisoriamente dei Leopard II, un mezzo tedesco di assoluta avanguardia e certa affidabilità, anche attingendo agli stock delle armi che attualmente la Germania non schiera più in linea. Ma altri si mantengono fedeli alla linea più ortodossa, che privilegia mezzi di categoria inferiore ai veri e propri carri «da battaglia», come i cingolati Freccia o le blindo Centauro, peraltro un altro successo della nostra industria dei materiali d’armamento.

Sarebbe meglio a questo punto gettare il cuore oltre l’ostacolo: in seguito all’apparizione sulla Piazza Rossa di Mosca dei carri russi di nuova generazione Armata T-14, pare che francesi e tedeschi stiano considerando di dar vita a un consorzio per elaborare una risposta europea a questa sfida. Se lo faranno davvero perché non agganciare anche l’Italia all’impresa?"


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Re: Guerra permanente : Africa,Ucraina,Medio oriente,Iraq et

Messaggioda Maxdivi » 05/05/2016, 14:32

Mio commento all'articolo sopra.

La mia visione e' piu' pessimistica di Limes.
La marina era abbastanza ben messa 15 anni fa.
Oggi non piu'.

L'esercito italiano e' ridicolo.
Ovviamente non parlo delle truppe speciali e dei carabinieri, che ne rappresentano delle eccelenze internazionali. idem i nostri servizi segreti.
Sui carri vanno precisate alcune cose.
Non e' tanto la corsa allo scontro di carri. Non credo che un carro europeo alla T 14 sia difficilmente ipotizzabile.
Il consorzio europeo puo' nascere, anche alla luce di diverse fusioni di colossi bellici realizzate o ipotizzate. Non tanto per la necessita' di scontri, piuttosto per la mera esigenza di mercato, quindi di vendite. Si deve stare al passo della concorrenza, che e' anche qui con cinesi, russi ed americani. Semplicemente per vendere.

Per la Germania la guerra oggi e un business, non la fa, ma vende i pezzi per farle. E' semplicemnte industria. Idem la Svezia, ecc.
Altri tipo la Francia vendono i pezzi ela fanno anche.

Ritornando allo specifico dei carri il T 14, sull scia aperta da americani e cinesi, risponde ad una nuova interpretazione tattica del carro stesso, con nuovi ruoli, piu' "snello", piu' versatile, abbandonando l'ipmatto precedente.
Chiaro ora che l'industria bellica europea ( per lo piu' franco-tedesca ) si trova scoperta in questo settore dell'offerta quando arabi, o altri stati terzi richiederanno questo tipo di prodotto dopo averne comprese le potenzialita' ed il nuovo utilizzo.

Il T 14 non credo occupi lo slot del prodotto Leopard ( stra apprezzato e stra venduto, e' la Golf dei carri armati asd ), il tedesco e' il carro "tradizionale", il T 14 ed i carri cinesi, americani degli ultimi tempi sono i carri nei nuovi ruoli anche in terreni complessi.

Sulla marina italiana:
Il problema piu' che altro e' il mediterraneo sempre piu' affollato, e paesi prima non rilevanti come l'Algeria, l'Egitto o il Marocco vengono rimpinzati proprio da armamenti marittimi russi-tedeschi-francesi ( sottomarini compresi ). Con le loro spese gia' moltiplicate rispetto a prima.

Con Turchia, Grecia, Israele sempre sul pezzo che non si fanno mai mancare nulla.

Il piano di ammodernamento della marina italiana era doveroso, anche se e' stato criticato. Chiaro che parecchi soldi se li saranno "ciucciati-intascati" e sono stati infatti pizzicati.

Idem l'aeronautica, non si puo' andare in giro con i Tornado sono aerei di 40 anni fa.
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Re: Guerra permanente : Africa,Ucraina,Medio oriente,Iraq et

Messaggioda flyingsoul » 29/06/2016, 6:36

Attacco nell'aeroporto di Istanbul, almeno 36 morti e 147 feriti. L'ombra dell'Isis

http://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca ... 077b1.html

è un caso naturalmente
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Re: Guerra permanente : Africa,Ucraina,Medio oriente,Iraq et

Messaggioda Maxdivi » 29/06/2016, 11:17

flyingsoul ha scritto:Attacco nell'aeroporto di Istanbul, almeno 36 morti e 147 feriti. L'ombra dell'Isis

http://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca ... 077b1.html

è un caso naturalmente



E dire che questa è stata una settimana intensa dal punto di vista diplomatico per la Turchia. Prima ricuciono i rapporti con Israele che riesce a sollevare in parte l'embargo posto su Gaza, poi Erdogan chiede pubblicamente scusa alla Russia per l'aereo abbattuto qualche mese fa. Ora però si trovano questa brutta gatta da pelare...sul corsera dicevano appunto che sono stati questi due avvenimenti a dare un possibile, e comunque superfluo, movente. Concordo sia sul possibile, sia sul comunque superfluo..alla fine attacchi arrivano lo stesso.

Erdogan costretto diplomaticamente a tornare su i suoi passi. Ed era un tornare indietro inevitabile, visti gli errori diplomatici. Alla Turchia serve la Russia cosi' come Israele. Mi fa piacere se ne siano resi conto. Appaiono ora anche piu' chiari gli ulteriori dissidi col deleterio Davotoglu dimissionario tempo fa.
Mi fa piacere personalmente che questi paesi tornino a rapportarsi amichevolmente ( si spera come anni fa ).

Dispiace molto invece vedere colpiti da attentati luoghi dove sei passato personalmente come appunto la sala dell'aeroporto Ataturk. Fa un po' piu' effetto.
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Re: Guerra permanente : Africa,Ucraina,Medio oriente,Iraq et

Messaggioda Samusadork » 29/06/2016, 17:59

Maxdivi ha scritto:
flyingsoul ha scritto:Attacco nell'aeroporto di Istanbul, almeno 36 morti e 147 feriti. L'ombra dell'Isis

http://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca ... 077b1.html

è un caso naturalmente



E dire che questa è stata una settimana intensa dal punto di vista diplomatico per la Turchia. Prima ricuciono i rapporti con Israele che riesce a sollevare in parte l'embargo posto su Gaza, poi Erdogan chiede pubblicamente scusa alla Russia per l'aereo abbattuto qualche mese fa. Ora però si trovano questa brutta gatta da pelare...sul corsera dicevano appunto che sono stati questi due avvenimenti a dare un possibile, e comunque superfluo, movente. Concordo sia sul possibile, sia sul comunque superfluo..alla fine attacchi arrivano lo stesso.

Erdogan costretto diplomaticamente a tornare su i suoi passi. Ed era un tornare indietro inevitabile, visti gli errori diplomatici. Alla Turchia serve la Russia cosi' come Israele. Mi fa piacere se ne siano resi conto. Appaiono ora anche piu' chiari gli ulteriori dissidi col deleterio Davotoglu dimissionario tempo fa.
Mi fa piacere personalmente che questi paesi tornino a rapportarsi amichevolmente ( si spera come anni fa ).

Dispiace molto invece vedere colpiti da attentati luoghi dove sei passato personalmente come appunto la sala dell'aeroporto Ataturk. Fa un po' piu' effetto.

Fa effetto sì... Ataturk (dopo Zaventem) è l'aeroporto in cui ho "soggiornato" di più - per Malpensa solitamente passo senza quasi fermarmi - e ora tutti e due sono stati colpiti. Comunque, non so se ne parlassimo qui o altrove, questo attacco dimostra che militarizzare i varchi di accesso sposta solamente il problema dall'interno all'esterno. Per carità, i danni alle strutture sono più limitati (e infatti lo scalo è già riaperto) ma il bilancio in vite umane rischia di essere ancora peggiore se becchi il momento con la gente accalcata in fila.
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