da Rysio » 08/02/2010, 18:16
Da "peace reporter"
Il buco nero d'Europa
Transnistria, Stato-fantasma dominato della mafia russa e supermercato nero d'armi
Ai confini orienti dell’Europa esiste uno Stato fantasma. Ha una sua bandiera, un suo presidente, un suo governo, un suo parlamento, una sua moneta, un suo esercito, una sua polizia. Ma nessun paese al mondo ne riconosce l’esistenza.
Si chiama Transnistria: una sottile striscia di territorio moldavo che si estende tra la sponda est del fiume Dniester e il confine ucraino. E' l'unica repubblica sovietica ancora esistente al mondo: stelle rosse e statue bronzee di Lenin fanno ancora parte del panorama urbano della ‘capitale’ Tiraspol. Enorme quella che troneggia davanti al pazzo del Soviet Supremo. Ma dietro la vernice rossa del veterocomunismo si nasconde il vero potere: la mafia russa, che ha trasformato questa repubblica in un paradiso del contrabbando di droga, petrolio, alcool, sigarette e soprattutto armi.
La guerra d’indipendenza. Dopo il crollo dell'Unione Sovietica, quando nel 1991 la Moldavia dichiara la propria indipendenza, questa regione a maggioranza slava si proclama a sua volta indipendente dalla Moldavia col nome di Repubblica Transnistriana di Moldova (Pridnestrovskaya Moldavskaya Respublika – PMR), rispolverando lo status di repubblica autonoma che Stalin le aveva concesso fino la seconda guerra mondiale. Nel dicembre del 1991 Igor Smirnov, ambiguo industriale locale, viene eletto presidente in elezioni non esattamente democratiche. Subito iniziano scontri tra le forze di polizia moldave e le milizie indipendentiste transnistriane, che nel '92 degenerano in una sanguinosa guerra civile che causa oltre mille morti in pochi mesi. In soccorso delle forze separatiste vengono i cosacchi ucraini e diecimila soldati del 14° corpo d'armata dell'esercito russo al comando del genere Alexander Lebed, mentre i moldavi ricevono il sostegno di contingenti di volontari rumeni.
Viene siglato un cessate il fuoco e le truppe russe si trasformano, da parte in causa, in 'truppe di pace' garanti della tregua. L'indipendenza della Transnistria non viene riconosciuta, ma diventa un dato di fatto imposto dal Cremlino. Nel 1999 la Russia promette all'Osce di ritirare le migliaia di suoi soldati entro il 2002. Ma non sarà così.
Mercato nero delle armi. Nel frattempo il presidente Smirnov rafforza il suo potere dittatoriale e mafioso, facendo diventare la Transnistria il più grande mercato nero di armi del mondo, sfruttando come volàno iniziale i depositi d'armi abbandonati dell'Armata Rossa: oltre 40 mila tonnellate di materie bellico.
Tutto ruota intorno alla società del presidente, la Sherif, diretta da suo figlio, Vladimir Smirnov. Quest'azienda, con un fatturato annuo di almeno quattro miliardi di dollari (quarantasette volte il Pil ufficiale nazionale), gestisce la produzione e il traffico di ogni sorta di armi, convenzionali e non.
Dalle vecchie fabbriche di Tiraspol, tutte di proprietà della Sherif, escono pistole Makarov, mitragliette Policeman, lanciamine Vasiliok, lanciagranate Gnom e Spg9, lanciarazzi anticarro Rpg7, razzi Bm 21 Grad, missili portatili Duga. E Dio solo sa che fine hanno fatto i razzi Alazan con testata a isotopi radioattivi che fino a qualche anno fa erano piazzati all'aeroporto di Tiraspol o, peggio ancora, le enormi quantità di sostanze chimiche e radioattive un tempo stoccate nei locali magazzini militari dell'Armata Rossa.
Secondo le polizie e i servizi segreti occidentali qui vengono a rifornirsi i gruppi guerriglieri e terroristici di mezzo mondo. Più di una volta l'Interpol ha segnalato la presenza in Transnistria di personaggi sospetti provenienti dai paesi arabi e mediorientali, dai balcani, dall'Africa, venuti qui a fare acquisti. Tra i clienti sono stati annoverati militari coinvolti nel conflitto dell'ex Jugoslavia, golpisti africani, terroristi libanesi e palestinesi, guerriglieri curdi e ceceni, golpisti africani e, ovviamente, al Qaeda.
Povertà e disperazione. Mentre gli affari sporchi del clan di Smirnov prosperavano alla luce del sole senza che nessuno prendesse mai provvedimenti, la popolazione della Transnistria (ottocentomila persone in tutto, un quarto delle quali vive a Tiraspol) sprofondava in una miseria sempre più nera.
In città oggi circolano poche macchine: più che altro si vedono carretti trainati da cavalli e tanta gente a piedi. Negli squallidi e scalcinati condomini-dormitorio di epoca sovietica che caratterizzano la periferia della città non arriva nemmeno l'acqua calda. La gente fa la fame. Chi lavora in una fabbrica d’armi guadagna uno stipendio che, a causa dell'iperinflazione, non vale nulla. Gli altri sopravvivono con espedienti. Chi è fortunato mangia i prodotti della terra portati dai parenti che lavorano in campagna. E magari li vende al mercato. Chi non ha nemmeno questo non ha altra scelta che vendersi mobili, vestiti e beni di famiglia mettendo tutto in bella mostra in uno dei tanti tristi mercatini che ci sono in città. Quando la disperazione tocca il fondo, non rimane che la prostituzione, un mercato sempre più fiorente, o l’oblio autodistruttivo nell'onnipresente vodka, magari della marca che ha lo stesso nome del presidente.