ahia, non sono molto brava con i diari di viaggio, li comincio sempre e non li finisco mai.
Ho scritto un post sul mio blog, ve lo copio/incollo qui sotto: è sempre dedicato a Boipeba, forse perchè mi è entrata talmente tanto nel cuore che continuo a domendarmi perchè non ci sono rimasta
La sabbia chiara e morbida della pista che sto percorrendo da quasi un'ora ormai, si insinua nelle mie nuove Havaianas bruciandomi i piedi e costringendomi a saltellare in maniera scomposta e giullaresca nelle ombre proiettate dalle alte e slanciate palme, mentre le fronde sono lievemente agitate dalla brezza dell'oceano. Ci sono diversi modi per arrivare alla spiaggia di Morerè, dalla parte opposta dell'isola, e chiaramente quello che ho scelto io, a piedi lungo l'interno, è sicuramente il peggiore, soprattutto a causa dell'ora di mezzogiorno in cui il sole è proprio verticale sopra la mia testa. La pista di sabbia si snoda lungo un percorso di circa 5 kilometri, in mezzo alla verde vegetazione dell'isola, dal paesino di pescatori dove si trova la mia pousada fino a quella che a detta di tutti sarebbe la spiaggia piu bella dell'isola, tanto bella da non riuscire a fermare l'irrefrenabile desiderio di visitarla il prima possibile, nonostante l'ora non sia la più adatta a questo scopo.
Finalmente ieri sono arrivata sull'isola di Boipeba che dal primo momento è stata la meta piu desiderata di questo viaggio di fine inverno. Le aspettative, altissime, non possono essere deluse da questo piccolo gioiellino che, situato vicino alla piu grande, conosciuta e frequentata isola di Tinharè, riesce a mantenere, a differenza della sorella maggiore, quella caratteristica particolare che ogni volta che intraprendo un nuovo viaggio vado a cercare: l'autenticità. Le pousade per i viaggiatori sono tante, quasi tutte vuote vista la stagione non turistica, qui i mezzi a motore praticamente non esistono, a parte il vecchio e scassato trattore che porta da una parte all'altra dell'isola e le imbarcazioni da pesca che stancamente, finito il loro lavoro, se ne dondolano ancorate al molo sul Rio do Inferno, davanti all'entrata del paese.
La prima sensazione provata appena sbarcata sull'isola è stata quella di trovarmi come davanti ad un enorme cesto di frutta esotica, profumata e colorata. I carretti trainati dagli asinelli vanno su e giù ininterrottamente per la via acciottolata tra le casette colorate, trasportando sacchi di farina, di sabbia, di pesce fresco. I bambini giocano correndo avanti e indietro a piedi nudi inseguiti dai loro cagnolini, di tutte le forme, dimensioni e colori, uno piu buffo dell'altro, mentre accanto alle case le grandi piante di ibisco forniscono una ricca e gustosa cena ai piccoli, iridescenti colibrì.
Il paesino di pescatori nato sulla spiaggia è ridotto a qualche casetta e qualche bella pousada, dei tre o quattro ristoranti sulla spiaggia, uno solo è aperto, si trova proprio in riva al mare, e i tavoli sono coperti da alberi frondosi che forniscono un'ombra salvatrice. Mi siedo e aspetto il ragazzo del bar, faccio a gesti la mia ordinazione su un menù ormai consunto dal tempo e dall'usura. Nella piccola baia formata dall'arco della spiaggia è ancorata qualche vecchia barca, vicino a me una signora, unica altra avventrice del locale, incrocia le gambe abbronzate e si aggiusta il pareo. Dopo qualche minuto arriva la mia cerveja. Bevo un lungo sorso, portandomi la bottiglia ghiacciata alle labbra, il mio sguardo si perde nell'orizzonte, nell'infinità dell'oceano mentre l'unica cosa che riesco a pensare è che se esistesse un posto perfetto in cui passare il resto della propria vita, sarebbe questo.
So che questo non è un classico diario di viaggio, ma piu uno specchio delle emozioni che ho provato...spero comunque che vi faccia venire la voglia di visitare questo posto meraviglioso